Joan Didion con il marito John e la figlia, Quintana.
Ricordo di aver pensato che il dottore si sbagliava. Per tutto il tempo che passo' in questo RTI Dominque era viva. Non poteva continuare a vivere senza aiuto, ma era viva. Questo era il bianco. Quando avessero spento il respiratore sarebbe passato qualche minuto prima che cessassero le sue funzioni, e allora sarebbe morta. Questo era il nero.
Joan Didion
Credo di cominciare a capire perche' il dolore mi tiene in questo stato di incertezza. Nasce dalla frustrazione di impulsi che erano diventati abituali. Un pensiero dopo l'altro, un sentimento dopo l'altro, un atto dopo l'altro, tutti avevano come oggetto H. Io continuo a incoccare la freccia per la forza dell' abitudine, poi mi ricordo e devo deporre l'arco. Tante strade portano i miei pensieri ad H. Io ne imbocco una. Ma ora e' bloccata dalla sbarra di una intransitabile frontiera. Tante strade una volta. Oggi tanti vicoli ciechi.
C.S. Lewis
Mia madre e mio padre hanno vissuto fusi l'uno nell'altro per ventisette anni. Si conoscevano da trentanove anni. Lei e' stata una di quelle mogli posate dalle mani maritali, stabilmente, su un piedistallo d?oro. Riceveva spesso rose rosse e bigliettini amorosi e quasi sacrali, dove le parole regina e bellezza immutabile ricorrevano instancabilmente.
La donna del negozio dei fiori pianse dirottamente sapendo della morte di quel cliente serio, riservato e un po' timido, che si riforniva di corolle e bigliettini da lei.
Quando papa' e' morto, nel 1989, di cancro fulminante, mia madre pianse per tre anni accovacciata sul divano del soggiorno. Ho l'impressione bizzarra - ma che dovra' pur avere un fondamento di realta', che non si sia mai mossa in quel periodo da quel divano coperto di stoffa ocra.
Una notte mia madre fece un sogno: si trovava nel magnifico cimitero di Lecce, che ha un'entrata ottocentesca con grande e alto colonnato, e una scritta enorme incisa sul marmo, in latino, densa di avvertimenti come quella dell'insegna dantesca.
Vagando per le vie del villaggio spettrale, incontrava mio padre che la stringeva. Lei, ad un tratto, si divincolava dall'abbraccio, cominciava a correre febbrilmente fin fuori dal cancello, ritrovandosi salva a respirare l'aria del fuori, meno impregnata dall'esalazione dei cipressi alti, dritti e severi.
Lascio' poco dopo la tana del divano del soggiorno coperto di stoffa ocra, e riprese a camminare.
Penso che mio padre l'avesse amata cosi' profondamente per quella sua capacita' di soffrire e di amare, ma anche per quel suo sano e incrollabile amore per la Vita.
Scena dal film "La camera verde" di Truffaut
Questo, altro, e a altri ho pensato leggendo il libro di Joan Didion, l'Anno del pensiero magico.
E' la storia dell'anno trascorso dalla scrittrice dopo la morte improvvisa per infarto del marito, mentre gia' erano gravissime le condizioni di salute dell'unica figlia della coppia, Quintana.
Il libro e' in fondo un taccuino privato reso pubblico dipinto con stemperati e pacati colori pastello.
Il contrasto fra lo strazio del messaggio e del racconto con lo stile ampio e sereno, elettroencelofagramma della sua anima intelligente rendono lo scritto importante.
Puo' essere descritto in molti modi.
Per esempio, e' un libro che riflette sugli effetti dannosi e meravigliosi della fusione fra due individui. Nonostante le parti malinconiche e tenerissime vergate sulla figlia Quintana, che morira' poco dopo la stesura del romanzo, il lettore non puo' non avvertire quanto sia piu' forte la liana del contatto/contagio fra Joan e John, foneticamente somiglianti anche nel nome, rispetto al rapporto madre-figlia.
Chi conosce gli scrittori sa che i figli, se pur amati, vengono sempre vissuti come entita' lievemente separate, dotate di autonomia, che interferiscono gioco forza con il tran tran obbligato della scrittura, unico valore e senso della giornata degli scrittori.
I due vivono e scrivono insieme da quarant'anni, nonostante l'avvertimento, forse saggio, delle zie e della madre di lei, in ricchezza e in poverta', ma mai a pranzo.
Nelle foto, Joan Didion
Non saprei dire quante volte, in una giornata qualsiasi, dovessi dirgli qualcosa.Questo impulso non e' venuto meno con la sua morte. Quella che e' venuta meno, e' la possibilita' di ottenere una risposta.
Scrivono entrambi in casa. Non restano divisi nelle occasioni ufficiali, e se hanno impegni divergenti, John prende l'aereo almeno per cenare insieme. Joan non conserva lettere di John, particolare inusuale in un rapporto fra scrittori, perche' quasi mai si separano; le resta il ricordo di bollette salate di telefonate plurime durante le brevi separazioni.
Gli oggetti rimasti. Ci vorrebbe un commento a parte sull'importanza che da' Joan nel racconto, che e' nota a tutti gli amputati della persona cara, degli oggetti restati, concretizzazione, rimorso e sollievo zoppo dell'assenza dell'amato.
Joan scrive di molte cose. Raffinata e sincera elaborazione faticosa di un lutto intrecciato alla pena per la figlia.
La vita cambia in fretta. La vita cambia in un istante. Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi e' finita.
Tenui ma fondamentali, secondo me, come i dettagli minori di un sogno che il terapista scaltro analizza piu' a fondo del tema principale, i riferimenti intrisi di un fastidioso senso di colpa all'insoddisfazione di John degli ultimi tempi rispetto all'esistenza che conduceva.
La sera in cui mori', o la sera prima, nel taxi fra il Beth Israel e il nostro appartamento, disse varie cose che per la prima volta mi impedirono di attribuire prontamente il suo cattivo umore alla depressione, una fase normale nella vita di tutti gli scrittori.
Tutto quello che aveva fatto, disse, non valeva niente.
(...) disse che il suo pezzo sulla New York Rewiew, una recensione della biografia di Natalie Wood scritta da Gavin Lambert, non valeva niente.
Viene da pensare insieme a Joan di una certa premonizione del riversaggio nelle cascate della fine, dell'anima che sta per migrare e che per questo entra in una percezione piu' ampia, in una diversa Visione.
L'anima che si smaschera, che e' quasi nuda.
Perche' ho perso tempo a scrivere un pezzo su Natalie Wood?
E pochi giorni prima invoca Joan di ricordarsi quanto scrive bene. Sui binari della Scrittura e' imprigionata la forte carica d'amore di queste anima gemelle.
Il carboncino di Joan che ritrae il suo lutto, imprime a fondo il foglio annotando con stupore le proprie reazioni fisiche e psicologiche dopo l'evento luttuoso. Il suo comodino da vedova si riempie di testi sull'argomento, affastellati, sovrapposti a testi medici che chiedono spiegazione ai gravissimi colpi che riceve la figlia nell'alveo delle sue arterie.
Chiede aiuto alle uniche risorse che hanno gli scrittori per sopravvivere: la scrittura e la lettura di scrittori sull'argomento morte e malattia.
Si vede. Si studia. Si guarda mentre non butta via tutte le scarpe di Jonn perche', quando ritornera', ne avra' bisogno.
Per molti anni dopo la morte di Felice, mio padre, chiudevo ancora con cura, per un riflesso simile a questo descritto la porta che divideva il soggiorno dal corridoio e quindi dalla camera da letto dei miei della casa materna perche' lui potesse riposare in silenzio, senza sentire le nostre chiacchiere.
Joan analiticamente ripercorre i momenti e i giorni prima della morte. Cerca riferimenti di presagio, tornando anche a molti anni prima, quando per una festa aveva deciso di riempire la piscina di gardenie e candele galleggianti, ma a lavoro finito, le candele e le gardenie erano state aspirate dal filtro mostrando uno spettacolo di catastrofe.
Ripensa alla tenuita' della scrittura a matita degli ultimi tempi di John, come se il marito fosse gia' in una soglia, fra vita e trapasso, e non nel nero o nel bianco del prima e del dopo l'evento.
E' anche, quindi, questo, un libro sul grigio, sulle sfumature fra la vita e il dopo la vita, sui simboli, sui sogni, sui gesti lasciati a meta', sui pensieri intercettati, sulle intuizioni non ascoltate.
Un libro da leggere e da regalare, in una societa' come quella in cui stiamo vivendo che, come tanti saggisti insegnano da molti decenni, rimuove la morte e il pensiero della morte per spingerci all'euforia del falso benessere, lo stato emotivo del buon acquirente di merce.
Acquistiamo una buona merce, allora. Il libro della Didion.