Da oggi, oltre agli anticorpi che madre natura e l’evoluzione ci ha donato, possiamo contare su uno nuovo di zecca, creato in un laboratorio della Svizzera, dal gruppo di ricerca coordinato dall’italiano Antonio Lanzavecchia. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, apre la strada a un vaccino contro le malattie respiratorie comuni. Il nuovo arrivato e senz’altro versatile, da solo è efficace contro quattro diversi virus all’origine di malattie respiratorie diffuse, dal comune raffreddore all’asma.
Già Davide Corti con lo stesso gruppo di ricerca aveva messo a punto un anticorpo contro l’influenza. Stavolta, ha riferito Lanzavecchia, hanno lavorato su virus che possono provocare infezioni più volte, visto che se hanno colpito una volta, possono tornare a colpire. Grazie a questo anticorpo la strada per arrivare al vaccino è probabilmente aperta.
L’anticorpo, infatti, riconosce una struttura sempre presente, comune ai quattro virus, e vi si lega. Individuata la sezione interessata, bersagliarla con un apposito vaccino porterebbe i virus a presentare una vulnerabilità letale per la loro sopravvivenza. “L’anticorpo MPE8 riconosce, sulla proteina di fusione virale, un sito che è conservato nei diversi virus e che rappresenta quindi, per così dire, il loro tallone di Achille”.
In altre parole, l’anticorpo artificiale dispone di adeguate foto segnaletiche dei virus che gli si intende far evidenziare, il futuro vaccino completerà l’opera colpendoli .
“Speriamo di riuscire a utilizzare questa informazione per sviluppare un nuovo vaccino efficace contro Rsv e Mpv (virus responsabili delle comuni malattie respiratorie)” ha infatti osservato Corti. “Siamo già al lavoro in questa direzione, ma la strada che abbiamo davanti è molto difficile”, ha aggiunto Lanzavecchia. Ad ogni modo, già tra un anno potrebbero essere disponibili i primi dati sugli esperimenti, ma la strada della sperimentazione sull’uomo è ancora molto lontana.
L’anticorpo è stato ottenuto dalla società Humabs BioMed, una sezione distaccata dell’Istituto di Ricerca in Biomedicina (Irb) di Bellinzona, a sua volta affiliato all’Università della Svizzera Italiana. La ricerca, cui hanno partecipato anche ricercatori del Policlinico San Matteo di Pavia dell’università svizzera di Losanna, è stato finanziato in parte dal Fondo Nazionale Svizzero per la ricerca scientifica e dal Consiglio Europeo della Ricerca.
Francesco Bianchi
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