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L’approccio cognitivista alla memoria. 2 parte

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Matteo Radavelli
novembre 26, 2010Posted in: psicologiaL’approccio cognitivista alla memoria. 2 parte

La memoria dichiarativa e procedurale Tulving (1972)

Tulving (1972) ha proposto un interessante distinzione all’interno della memoria a lungo termine tra due tipi di conoscenze che in esse sarebbero depositate: una di tipo episodico e l’altra di tipo semantico. Entrambe farebbero parte delle  più generali conoscenze di tipo dichiarativo o proposizionale, dal momento che consentono di definire gli eventi sotto forma di proposizione. Più precisamente, una conoscenza episodica esprime esperienze vissute, ricordi della propria esistenza, eventi cui si è semplicemente assistito o partecipato attivamente. Tale conoscenza (o memoria episodica) secondo Tulving, è autoconsapevole, connotativa, denotativa, contraddistinta da chiari riferimenti spazio temporali e spesso autoreferente. Quella semantica invece è più rigida e cristallizzata, è simbolica, impersonale descrittiva, extra-referente, consapevole, denotativa, indipendente da riferimenti spazio-temporali e soprattutto esprime le nostre conoscenze del mondo. I due sistemi di memoria, in virtù di tutte le differenze elencate risultano essere indipendenti l’uno dall’altro.

Contrapposta alla memoria dichiarativa è quella procedurale. Così come il termine stesso indica questa riguarda tutte le conoscenze che possediamo sullo svolgimento di una particolare attività, senza essere necessariamente consapevoli di come e quando le abbiamo apprese. Ad esempio siamo in grado di pigiare sui tasti di una macchina da scrivere senza necessariamente dover guardare la tastiera o, risolviamo dei problemi matematici senza più ricordare le regole che a essi soggiacciono. In sostanza, siamo in grado di svolgere automaticamente moltissime attività pratiche che, però presuppongono che via stato un apprendimento.

La memoria di lavoro Baddeley e Hitch (1974)

Nel 1974 Baddeley e Hitch analizzarono il concetto di memoria a breve termine, al quale sostituirono quello di Working Memory. Gli autori definirono la memoria di lavoro come un sistema per il mantenimento temporaneo e per la manipolazione dell’informazione durante l’esecuzione di differenti compiti cognitivi, come la comprensione, l’apprendimento e il ragionamento. Il modello appena definito è costituito da tre differenti componenti: phonological loop, visual-sketchpad e esecutivo centrale.

Il taccuino visuo-spaziale permette sia la ritenzione temporanea delle caratteristiche visuo-spaziali delle informazioni in entrata.

Il loop fonologico, è a sua volta composto da due differenti elementi: un magazzino fonologico e un processo di reiterazione articolatoria.

L’ultima componente del modello, l’esecutivo centrale, è un sistema di controllo simile ai sistemi attenzionali più che a quelli di memoria. Baddeley lo interpretò inizialmente come caratterizzato da tutte quelle funzioni non espressamente assegnate agli altri due sottosistemi, tra cui: coordinazione dei servosistemi, coordinazione dell’esecuzione contemporanea di compiti diversi e responsabile dell’attenzione selettiva e dell’inibizione.

Norman e Shallice (1986) proposero un modello chiamato Sistema Attentivo Supervisore (SAS), coincidente con le funzioni svolte dall’esecutivo centrale, deputato ad intervenire quando il controllo dei comportamenti routinari non è più sufficiente ed in grado di interrompere volontariamente una o più attività, in modo da consentire una risposta flessibile a situazioni nuove.

nel panorama italiano, il modello dei “continua” di Cornoldi e Vecchi (2003) che, partendo da una serie di critiche al modello di Baddeley, sostiene una continuità tra codici di elaborazione e livello d’attività richiesta nello svolgimento di compiti cognitivi: la natura dei vari compiti determina l’attivazione di specifiche strutture della memoria di lavoro lungo un continuum centrale-periferico che rispecchia la quantità di integrazione/coordinamento necessaria allo svolgimento del compito.

I PUNTI DEBOLI DEL COGNITIVISMO:

-   si era data troppa fiducia all’intelligenza artificiale

-   è difficile confrontare modelli dell’interno guardando solo all’esterno

-   in via teorica è vero che uno stesso programma può girare su qualsiasi computer ma i meccanismi concreti non sono così versatili come i computer astratti. In altre parole l’hardware del cervello è specializzato a fare certe cose piuttosto che altre

-   il funzionalismo cognitivo si concentra sulle funzioni piuttosto che sui meccanismi cerebrali che le realizzano. Questo fa si che ci siano conoscenze a metà, che si ipotizzino funzioni che quel meccanismo non può compiere, ed infine per riparare un meccanismo dobbiamo sapere com’è fatto non cosa fa (es. patologie)

-   l’enfasi su cognizione e elaborazione di informazioni hanno fatto si che si trascurassero quei comportamenti che non sono descrivibili in questi termini come emozioni e motivazioni (fame, sete, sonno…).

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Matteo: ciao, sono laureato in Psicologia Clinica e Neuropsicologia. Attualmente vivo e lavoro a Milano. Puoi vedere il mio profilo completo nella pagina "chi siamo" o contattarmi personalmente: Email: [email protected] Sito personale: www.psicologomonzaebrianza.it

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