Una durissima lettera aperta del presidente Romano Marinelli riapre ufficialmente il caso L’Aquila Rugby. Eccola:
“Esco dal riserbo mantenuto da inizio stagione perché ritengo doveroso fare chiarezza sulle condizioni, non solo economiche, in cui versa L’Aquila rugby 1936.
Sono cosciente della situazione drammatica che sta vivendo l’economia nazionale e di quella ancora più drammatica della nostra città, ma sono altrettanto convinto che è giunto il momento di fare chiarezza su una situazione che moralmente non è più accettabile.
Tutti abbiamo vissuto sulla nostra pelle la tragedia che ci ha colpiti e tutti stiamo vivendo sulla nostra pelle la durissima recessione che ne è conseguita per la nostra città. Non possiamo nascondere che però siamo in una condizione tale che restare in silenzio non porta alcuna prospettiva concreta per la mia società e per la città in cui viviamo ed operiamo.
Nella mia lunga carriera da imprenditore ho lavorato in diverse città italiane ed in ognuna di esse ho lasciato, in segno di gratitudine per l’opportunità che mi era stata data, un contributo per far vivere società sportive, enti culturali o di estrazione sociale.
E’ vero che nessuna legge obbliga un imprenditore a sacrificare una parte del suo patrimonio e del suo lavoro per cose non inerenti alla sua attività, ma è altrettanto vero che tutte le imprese, comprese le locali, che hanno realizzato milioni e milioni di euro di lavori e puntellamenti in questa città, hanno fatto poco o nulla per fare in modo che le realtà cittadine (sportive culturali e sociali) potessero ricevere una boccata di ossigeno per riprendere il lungo cammino verso un’auspicabile serenità.
Ma non posso stupirmi perché anche chi dovrebbe esserci vicino ci fa vivere di fatto in una realtà virtuale: di certo so che la gestione del Direttore Tordera, tanto affezionato alla nostra città, aveva deliberato, da parte della Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila, un rapporto di sponsorizzazione pluriennale che prevedeva degli step in relazione ai risultati ottenuti sul campo che ad oggi non è stata onorata nonostante la grande visibilità che sta ottenendo grazie a quanto L’Aquila Rugby 1936 sta facendo sia in campo che nel quotidiano. Un’altra certezza che ho e che genera in me il disappunto più grande è legata all’ingiustificato e volontario allontanamento dei miei soci che prima mi hanno chiesto di presiedere questa società per traghettarla verso lidi più sicuri, ricordo e ribadisco che dovevo essere un presidente di breve periodo, per poi disattendere in pieno gli impegni e gli obblighi derivanti dalla carica rivestita e ricoperta volontariamente. Trovo tale atteggiamento assolutamente ingiustificato perché, anche se moralmente non si sentono obbligati, tutti noi, me compreso, lo siamo civilmente perché abbiamo assunto degli obblighi che vanno onorati e rispettati.
Mi chiedo che esempio pensiamo di dare alle nuove generazioni se tutti agissimo in questo modo. Non sono abituato a comportarmi in questo modo con le mie aziende, rispetto e tengo fede agli obblighi assunti e ribadisco con forza che ritengo doveroso, per quello che rappresenta la squadra per questa città, che altrettanto venga fatto in questo caso. Sono qui che attendo da due anni di onorare il mio impegno, già lo sto facendo, ma non voglio e non posso più attendere.
Andare oltre significherebbe far correre difficoltà aggiuntive alle persone che quotidianamente operano a tutti il livelli societari, con grande impegno e dedizione, per garantire davvero un futuro a L’Aquila Rugby 1936.
Questa situazione mi costringe continuamente a chiedere sacrifici supplementari ai giocatori, allo staff tecnico, al consiglio direttivo e a tutte le componenti che con me stanno cercando di far vivere una realtà di cui tutti si riempiono la bocca, non parlo dei nostri tifosi, ma di cui la stragrande maggioranza si disinteressa totalmente. Negli ultimi due anni, questa società è passata da una gestione a dir poco approssimativa ad una gestione attenta, oculata e programmata per un progetto pluriennale che finalmente dia consistenza e stabilità al rugby aquilano.
Ho sempre detto che prima vivevo in maniera distaccata lo sport, ma da quando sono entrato all’interno delle tematiche che giornalmente affronta questa società, mi sono reso conto che la nostra città e la sua squadra di rugby hanno un legame inscindibile che li vede darsi forza vicendevolmente in una sorta di tacito e mutuo sostegno.
Personalmente ritengo che le soddisfazioni e le conquiste ottenute dai nostri ragazzi dentro e fuori dal campo siano di grande valore sociale e morale ed un esempio per tanti. A questo punto del mio mandato mi sorge spontanea una domanda:
Chi e vuole far MORIRE L’Aquila rugby 1936? Soprattutto perchè?
Parto interpellando i nostri amministratori, sempre pronti ed in prima linea quando c’è da avere visibiltà, ma ancora più pronti a toglierci velocemente quanto ci siamo duramente conquistati in tanti anni di sacrifici e di duro lavoro. Ci tengo a far presente che il campo di Acquasanta è da sempre stato del rugby (non per nulla è sempre stato menzionato come stadio del rugby) e ritengo che lo scambio imposto dall’attuale amministrazione debba essere accompagnato da un’idonea soluzione che ci consenta di poter svolgere l’attività di cui una squadra di rugby ha bisogno.
E’ ragionevole pensare, visto che lo stadio di Acquasanta è provvisto di due campi, che sul campo principale non è possibile effettuare sia allenamenti che partite, perché il regolamento federale tra le altre cose impone di avere un campo inerbato, quindi concederci il solo stadio Fattori risolverebbe problemi ad altri ma non a noi. Faccio presente, ma è noto a tutti, che la mancanza di strutture ed il disinteresse da parte di chi ci nega anche un piccolo allenamento allo stadio, ci costringe a vivere alla giornata.
Di fatto è chiaro che, senza strutture e senza l’impegno concreto e reale da parte di chi è tenuto ad adempiere agli “impegni “ presi, L’Aquila rugby 1936 è arrivata al capolinea. Questo accadrà anche perché i soci non hanno mantenuto gli obblighi presi con i contratti di sponsorizzazione sottoscritti, mai onorati ed oramai impagati da troppo tempo. Alla luce di tutto ciò come si può pensare che una società debba continuare ad andare avanti?
Di parole abbiamo abbondantemente riempito le cronache ora ritengo rispettoso verso tutti che si passi ai fatti. In troppi e sottolineo in troppi, si sono fatti pubblicità con iniziative volte a far credere che stessero aiutando la società, ma nella realtà hanno solo aumentato la loro visibilità.
A voi cari colleghi imprenditori che dinanzi al sindaco Cialente ed al Presidente Del Corvo avete promesso un vostro concreto impegno voglio solo ricordare che promettere, anzi impegnarsi, per fare arrivare una somma e poi versare un quarto della stessa a mio modesto avviso è indice di disinteresse e di una disattenta e poco congrua valutazione delle problematiche derivanti da mancati impegni. Spero che questo mia missiva abbia fatto un minimo chiarezza su una situazione davvero insostenibile.
A tutti voi che siete alla finestra senza far nulla in attesa che questa società scompaia mi sento di dire che io sarò ricordato forse come il presidente che ha sancito la fine di una gloriosa storia ma voi, a tutti i livelli e se vi è rimasto un briciolo di dignità, dovreste provare un pizzico di pudore per ciò che di semplice potevate fare e che nella realtà non avete avuto la volontà di portare avanti.
A voi tifosi, a voi giocatori, a tutti i protagonisti di questa lunga storia giunga il mio grazie per avermi consentito di vivere con voi una storia per cui ho lottato fino in fondo perché avesse un futuro.
Solo con voi mi sento di scusarmi, non per l’impegno profuso, per non esserci finora riuscito. Mi avete insegnato che la partita non è persa sino a che non è l’arbitro a decretarne la fine per cui attendo ancora per un attimo il famoso sostegno rugbistico nella consapevolezza che un ulteriore ritardo consegnerebbe irrimediabilmente la palla “all’avversario”.