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L'aquilone di Giovanni Pascoli

Creato il 04 marzo 2012 da Ivanalessia
L'aquilone di Giovanni PascoliOggi sono in vena di poesie, è una bellissima giornata e mi viene in mente un testo di Giovanni Pascoli, "L'aquilone", una poesia che rievoca un momento dolceamaro della sua fanciullezza, la felicità per l'arrivo della primavera con la nascita delle viole e gli aquiloni in cielo, turbata dalla morte di un suo compagno.
Le immagini di festa sono cotrapposte alla tragedia per questa morte prematura.
"L'aquilone" è una poesia bellissima e molto commovente...
L'aquilone
C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole,anzi d'antico: io vivo altrove, e sentoche sono intorno nate le viole.
Son nate nella selva del conventodei cappuccini, tra le morte foglieche al ceppo delle quercie agita il vento.
Si respira una dolce aria che sciogliele dure zolle, e visita le chiesedi campagna, ch'erbose hanno le soglie:
un'aria d'altro luogo e d'altro mesee d'altra vita: un'aria celestinache regga molte bianche ali sospese...
sì, gli aquiloni! È questa una mattinache non c'è scuola. Siamo usciti a schieratra le siepi di rovo e d'albaspina.
Le siepi erano brulle, irte; ma c'erad'autunno ancora qualche mazzo rossodi bacche, e qualche fior di primavera
bianco; e sui rami nudi il pettirossosaltava, e la lucertola il capinomostrava tra le foglie aspre del fosso.
Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbinoventoso: ognuno manda da una balzala sua cometa per il ciel turchino.
Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza,risale, prende il vento; ecco pian pianotra un lungo dei fanciulli urlo s'inalza.
S'inalza; e ruba il filo dalla mano,come un fiore che fugga su lo steloesile, e vada a rifiorir lontano.
S'inalza; e i piedi trepidi e l'anelopetto del bimbo e l'avida pupillae il viso e il cuore, porta tutto in cielo.
Più su, più su: già come un punto brillalassù lassù... Ma ecco una ventatadi sbieco, ecco uno strillo alto... - Chi strilla?
Sono le voci della cameratamia: le conosco tutte all'improvviso,una dolce, una acuta, una velata...
A uno a uno tutti vi ravviso,o miei compagni! e te, sì, che abbandonisu l'omero il pallor muto del viso.
Sì: dissi sopra te l'orazïoni,e piansi: eppur, felice te che al ventonon vedesti cader che gli aquiloni!
Tu eri tutto bianco, io mi rammento.solo avevi del rosso nei ginocchi,per quel nostro pregar sul pavimento.
Oh! te felice che chiudesti gli occhipersuaso, stringendoti sul cuoreil più caro dei tuoi cari balocchi!
Oh! dolcemente, so ben io, si muorela sua stringendo fanciullezza al petto,come i candidi suoi pètali un fiore
ancora in boccia! O morto giovinetto,anch'io presto verrò sotto le zollelà dove dormi placido e soletto...
Meglio venirci ansante, roseo, molledi sudor, come dopo una giocondacorsa di gara per salire un colle!
Meglio venirci con la testa bionda,che poi che fredda giacque sul guanciale,ti pettinò co' bei capelli a onda
tua madre... adagio, per non farti male.

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