Magazine Cultura

L’architettura di una storia

Da Marcofre

architettura di una storia

Quando si sente parlare di architettura di una storia, in realtà si corre un duplice rischio. Il primo: quello di proporre un metodo di lavoro che alla fine “gela”, ingabbia la storia in una delle tante formule e strategie vincenti, che spesso si trovano in giro sul Web.
Il secondo: ritenere che sia una camicia di forza che intrappola la nostra “ispirazione”. In realtà sono entrambi sbagliati, e per questa ragione troverai qui di seguito solo delle riflessioni. Anche banali, probabilmente.

Ogni lavoro è serio

Davvero, anche scrivere è un lavoro serio. Che poi i risultati siano deludenti è un altro paio di maniche. Quando perciò, senza alcuna indicazione da parte del tuo medico di famiglia, decidi di scrivere, sai che dovrai farlo seriamente.
Vale a dire: la parola è un mezzo limitato, che richiede una cura e un’attenzione del tutto particolari. Perciò è necessario parlare di “architettura di una storia” proprio per fissarsi nel cranio l’impegno che andrai ad assumerti. Nessuno te lo ha chiesto e probabilmente pochi noteranno negli anni a venire, i tuoi lavori. Non è una ragione valida per perdere ogni contatto con la realtà e fuggire in mondi fantastici.
D’accordo, mi dirai: che cosa diavolo vuol dire “architettura di una storia”?
Buona domanda, sul serio.

Che cos’è l’architettura di una storia?

Col termine “architettura” ci si riferisce al modo, alla struttura in cui le parti di una storia sono concepite e poi realizzate. È una faccenda, come puoi immaginare, che agli inizi si ignora: perché si è inesperti. Perché il “sacro fuoco” ci possiede, e crediamo che scrivere sia riempire pagine e pagine. Che riflettere, studiare come ottenere una certa scena sia svilire la scrittura.
Dopo qualche tempo, ci si rende invece conto che diventa necessario “pensarci su”. Organizzare il materiale, esporlo in una prima stesura molto acerba, metterlo a punto, fare in modo che il mondo che si costruisce funzioni, proceda, accompagnando il lettore sino al finale.
Si potrebbe pensare che sia qualcosa da fare con una storia lunga (il romanzo), che con una breve (il racconto). Non è così: se non altro perché anche un racconto sfodera (più o meno), un inizio, una fine e nel mezzo… nel mezzo quello che ci deve stare!
Ricordiamoci che il primo materiale per costruire questa “architettura” è la parola scritta. Sembra una banalità solo per chi non si è mai davvero messo a scrivere. Il racconto orale può contare su mimica, tono della voce, gesti… La parola scritta non ha niente del genere, è più limitata. Una buona conoscenza di questo materiale da costruzione, una sua frequentazione che abbia come obiettivo la scoperta delle sue qualità e limiti è fondamentale. Ecco perché occorre leggere parecchio: è l’unico modo che hai a disposizione per maneggiare con la dovuta perizia la parola. Il tuo materiale da costruzione.

Da lettore a scrittore


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog