Giuseppe Floriano Bonanno24 settembre 2013
L’arciere di Azincourt di Bernard Cornwell, uscito nel 2008 e pubblicato in Italia da Longanesi nel 2010 con la traduzione di Donatella Cerutti Pini, si inserisce a pieno titolo in quel filone storico-medioevale che ha fatto sognare intere generazioni di lettori, attratte dai valori della cavalleria, dalle grandi battaglie e dall’eroismo di figure tutte d’un pezzo entrate nell’immaginario collettivo per poi essere, spesso, trasferite sul piccolo e grande schermo. Bernard Cornwell si può definire a ragione uno dei grandi maestri britannici del genere. Nato a Londra il 23 febbraio 1944, dopo essersi laureato alla London University ed aver lavorato a lungo presso la BBC, si è dedicato interamente alla narrativa, divenendo uno dei più amati autori di romanzi storici e d’avventura. È famoso per i libri (in totale ventiquattro dei quali soltanto dieci editi in Italia sempre da Longanesi) incentrati sulle avventure di Richard Sharpe, per la trilogia dedicata al Sacro Graal (The Grail Quest) e per la saga in cinque volumi de Il romanzo di Excalibur. Con L’ultimo re, infine, ha dato inizio a una serie in cui il mito e la storia del declino dei regni anglosassoni si fondono in un affresco appassionante. Come ha scritto il Washington Post, «Bernard Cornwell è probabilmente il più grande scrittore di romanzi storico-avventurosi di oggi». Nel 1993 la televisione britannica produsse una serie di film basati sul ciclo di Richard Sharpe, con l’attore Sean Bean nel ruolo del protagonista. Fino al 1997 ne sono stati realizzati ben quattordici, prima di una pausa di alcuni anni. Infatti, i fan del personaggio hanno dovuto attendere il 2006 per vedere il quindicesimo e il 2008 per il sedicesimo.
Quella di Azincourt è sicuramente una delle battaglie più famose e studiate della storia, che vide affrontarsi, in uno scontro disperato e senza quartiere, l’esercito inglese e quello francese. Era il 25 ottobre 1415, festa dei Santi Crispino e Crispiniano, protettori di Soissons, e gli inglesi ottennero una straordinaria vittoria, che assunse dimensioni epiche ancor prima che Shakespeare la immortalasse nel suo Enrico V. Nicholas Hook è un guardiacaccia inglese di umili origini che, per salvarsi da una condanna a morte, si arruola come mercenario in una compagnia di arcieri destinata a partire alla volta della Francia per difendere Soissons, la città in mano al duca di Borgogna. Le informazioni che riporta in patria sulle atrocità dell’assedio, unite alla sua abilità di arciere infallibile e di combattente intrepido, gli fanno guadagnare credito presso re Enrico V, che lo vuole con sé nella campagna diretta alla conquista della corona francese. Nella piana di Azincourt, tra fango e sangue che scorre a fiumi, i francesi, in netta superiorità numerica, verranno sconfitti in una battaglia nella quale Hook avrà un ruolo cruciale. Siamo di fronte ad un romanzo storico nel senso più ampio del termine, un’opera che rappresenta un unicum nella produzione di Cornwell, visto che si tratta di una vicenda costruita su una rigorosa documentazione, capace di far rivivere in tutta la sua realtà una delle battaglie più drammatiche della storia. La ricostruzione degli avvenimenti è certosina ed assolutamente imparziale, raccontata, com’è, dal punto di vista di entrambi gli schieramenti, l’intreccio narrativo è invece originale ed appassionante grazie alla perfetta fusione di avventura, amore e guerra.
Cornwell è noto come uno dei migliori narratori di vicende belliche ed i passi relativi alle battaglie sono infatti uno dei punti forti del romanzo: in essi si passa, senza soluzione di continuità, dalla vue d’ensemble sullo schieramento degli eserciti alle descrizioni più sottili e raccapriccianti dei singoli scontri individuali, riuscendo a trasmettere le orribili sensazioni dei duelli all’arma bianca tra soldati medioevali, coperti da armature che se da una parte proteggevano il corpo, dall’altra spesso ostacolavano i movimenti, come impareranno a loro spese i fanti e i cavalieri francesi, che finiscono per trasformarsi in carne da macello per le lame inglesi. I personaggi che si muovono nel romanzo sono delineati psicologicamente con attenzione e specificità, senza nulla tacere di pregi e difetti, di vizi e virtù, sono dunque persone reali quelle che fuoriescono dalle pagine e non semplici figurine senza peso specifico né vita. Il piano narrativo dell’opera si dipana su due binari: quello oggettivo (basato su una meticolosa ricostruzione storica) che racconta gli eventi della campagna, che, nell’estate del 1415, portò gli inglesi, guidati dal sovrano Enrico V, ad invadere il territorio francese, dopo la conquista e la distruzione di Soissons dell’anno precedente, e quello di fantasia che racconta le vicende dei protagonisti. Tanti sono quindi gli spunti offerti da Cornwell: per gli appassionati di strategia militare non mancano le approfondite analisi del campo di battaglia, dei piani d’attacco e della predisposizione degli schieramenti. Nel contempo assai interessanti sono i passaggi in cui l’autore descrive usi, costumi e, soprattutto, le difficoltà della vita di tutti i giorni nel Medioevo.
Il XV secolo è periodo di grandi conflitti religiosi e di inevitabili persecuzioni, Cornwell ne accenna quando descrive l’esecuzione in piazza a Londra dei Lollardi, e, tra le righe, ogni volta che parla del clero descrivendo i comportamenti dei preti schierati nelle due coalizioni. Quel che però più attrae e fa riflettere è l’apparente bizzarria dell’epoca in cui la storia si svolge, un momento in cui accanto alla “Cavalleria” disciplinata da un ferreo codice morale e comportamentale, con tutta una serie di riti da rispettare, impregnati di cortesia, lealtà e buone maniere, dominano incontrastati la violenza, la brutalità, il sopruso. Sullo sfondo di questi grandi temi si muovono dunque i nostri personaggi: Hook, d’animo semplice, generoso, coraggioso e fatalista; Sir John Cornewaille, campione di tornei, condottiero feroce ma giusto; il Signore di Lanferelle, epigono francese di Sir John e padre padrone di Melisande; Enrico V, sovrano pio, determinato e testardo; Melisande, novizia che evita la morte a Soissons grazie ad Hook di cui si innamora e che finisce per sposare, eroina suo malgrado, esempio di tutte quelle donne a quei tempi costrette a subire un destino imposto dai parenti; Padre Christopher e Padre Martin, rispettivamente la faccia buona e quella cattiva della chiesa dell’epoca, tanto semplice e generoso il primo, quanto prepotente e abietto l’altro. Non mi resta che invitarvi a leggere questo romanzo, sia che amiate l’argomento, sia che vogliate avere un primo approccio con esso, vi assicuro che quando inizierete a sfogliare queste pagine vi ritroverete improvvisamente in un altro mondo e non potrete più abbandonarlo.