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L'Argentina VS Italia. Non c'è partita.

Da Samuelesiani

L'Argentina diventa il primo paese del Sudamerica a legalizzare le unioni omosessuali con il matrimonio. Il governo di un paese di forte tradizione cattolica non si è fatto spaventare dalle urla dei vescovi che si stracciavano le vesti, né di quei poveri pazzi con cartelli davanti alle porte del Parlamento che compieva, a maggioranza, una rivoluzione storica. Da noi, e qui sta la differenza, poche settimane fa a Roma si è visto il movimento LGBT sbranarsi e lacerarsi già solo nell'organizzazione del Pride. Non è la chiesa ad ostacolare le unioni gay. Siamo noi stessi, così tanto desiderosi di mostrarci normalizzati, in giacca e cravatta. Pronti subito a cedere le armi per una carezza, un sorriso della Carfagna o della Iervolino, scesa nel corteo di Napoli. E tra questi mi ci metto anch'io. Scrive Omoios, in un post che vi invito a leggere integralmente: A Mosca, dove i Gay Pride sono addirittura vietati, alla fine di ogni caparbia manifestazione (qualche centinaio di persone accerchiate dalla polizia) si contano gli arresti . Sarebbe opportuno chiedersi allora perchè, in Italia, ci si senta più prossimi a Madrid che a Mosca, più inclini al festeggiamento che alla rivendicazione. La conta dei diritti, al contrario, ci posizionerebbe dritto all'ombra del Cremlino. Chissà, forse ci siamo convinti che le nostre disco patinate, i nostri Pride, le nostre saune, le proposte turistiche ad hoc e tutto il resto ci abbiamo regalato la parità, se non addirittura una corsia preferenziale, una gabbia d'oro. Un immaginario in cui sembra proprio mancare solo Kylie Minogue. Invece il punto è un altro, ed è un punto grosso, grave, a volte addirittura cruento. L'anno prossimo a Roma farà tappa l'Europride: da ogni Paese i militanti giungeranno nella Capitale d'Italia per celebrare l'orgoglio gay. Che in Italia è anni luce da Kylie Minogue. Vediamo di non dimenticarcelo, quel giorno.

 


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