L’oro fu uno dei primi metalli ad essere utilizzato per le doti di indistruttibilità e malleabilità.
I monili creati venivano ottenuti tramite fusione e realizzati mediante varie tecniche, come il cesello, lo stampo, a sbalzo, a filigrana, etc.
L’estrema rarità dei metalli preziosi ha comportato nel tempo un riutilizzo degli oggetti realizzati nei tempi remoti, che venivano fusi per nuove creazioni.
Le poche testimonianze sopravvissute fino a noi interessano per lo più esemplari rinvenuti nei corredi funebri, come le opere di oreficeria provenienti dalla Mesopotamia e dall’ AnticoEgitto. Diverso il discorso per l’antica Grecia, per la quale non ci sono arrivati moltissimi esemplari anche per la difficoltà di reperire la materia prima, almeno fino all’età ellenistica, durante la quale l’espansione verso Oriente favorì l’arrivo di grandi quantità d’oro e la realizzazione di molti e vari oggetti artistici.
Ben rappresentata anche l’oreficeria etrusca, della quale meritano menzione gli oggetti realizzati con il metodo della granulazione, e quella romana, soprattutto di età imperiale.
Nel Medioevo vi fu una fiorente produzione di oggetti artistici d’oro, i cui maggiori esemplari furono prodotti dall’oreficeria bizantina e barbarica.
Nel basso medioevo si diffusero nuovi metodi di castonature e di smaltatura. Agli smalti champlevé si sostituirono nel Trecento icloisonné, nella cui produzione fu maestra la scuola senese.
Nel Rinascimento si fece più stretto il legame tra arti figurative ed oreficeria e molti pittori e scultori dell’epoca furono anche valenti orafi, come Donatello e Benvenuto Cellini.
Nell’ Ottocento anche appartenenti alla media borghesia iniziarono a sfoggiare prodotti orafi, soprattutto grazie alla nuova tecnica della placcatura, che consentiva di ricoprire d’oro oggetti fatti di metalli più poveri.