L’arte della politica

Creato il 05 marzo 2013 da Cataruz

di Carlo Santi per Reset-Italia.net -

Un tempo lontano la politica era considerata un’arte: la gestione della società per il bene comune di tutti. Ai tempi dell’antica Roma poteva ricoprire la carica di Senatore solamente la gente nobile, perché non sarebbe stata pagata e, per questo, solo i ricchi potevano permettersi il lusso di “dedicare” tanto tempo al bene comune. A quel tempo la politica non doveva essere considerata un lavoro, ma un servizio svolto a favore del popolo.

Sappiamo tutti che la politica è anche corruzione, disonestà e malaffare, però è anche l’arte del compromesso. Non tutte le idee possono essere condivise, per cui si governa ricercando la maggior convergenza possibile, e questa la si può creare solo compromettendo la propria posizione forte rispetto alle altre che, magari, risultano minoritarie.

Da queste poche parole si comprende che la democrazia, quella vera, non è fatta da chi comanda o chi ha di più oppure detiene le idee maggioritarie, bensì da chi tiene conto, pur nella sua forza e potere, anche delle opinioni altrui e, quindi, ne fa sintesi.

Abbiamo riscontri epici come, ad esempio, la Chiesa. Seppur colma di corruzione e malaffare, essa esiste da due millenni, e vive tuttora. Un altro esempio potrebbe essere Silvio Berlusconi, anch’egli vive da secoli indipendentemente da tutto e da tutti, ma evito di approfondire oltre.

Noto oggi che questa straordinaria arte della politica è ormai andata perduta, di ciò rimane solo corruzione, disonestà e malaffare mentre il bene comune di tutti è tralasciato verso altri interessi, molto più lucrativi e, a volte, addirittura lascivi.

Eppure la confusione di oggi richiederebbe che l’arte della politica, come in un tempo andato, fosse rispolverata. Solo così potremmo salvarci dall’indifferenza dettata dall’ignoranza e dalla globalità suicida di una società ormai malata.

Anche i giornali e i giornalisti sono corrotti e dediti al malaffare, infatti, basta dire una parola che viene immediatamente “tagliata e cucita” affinché buon pro faccia al loro padrone editoriale.

Ma sono i partiti che più hanno la responsabilità del disuso dell’arte, essi hanno abusato della politica fino a un punto tale che se ne sono perse le tracce, anche minimali. Non vedo politica oggi, solo giochi pericolosi di potere, di inimicizie, di rancori, di alleanze strane e inconsulte. Oggi sono il denaro e l’economia che determinano ogni politica.

«In democrazia nessun fatto di vita si sottrae alla politica» asseriva Gandhi.

Ed è assolutamente vero, per questo la politica deve andare oltre il fattore del potere, del denaro, della corruzione e del malaffare e iniziare a interessarsi della gente e del bene comune.

Per carità, mai e poi mai sarei illuso che sia solo il bene comune a prevalere nella politica, ma qualche interesse collettivo si dovrebbe pur fare, magari fra una corruzione e un malaffare, fra un gioco di potere e l’altro. Almeno, così, un bene potrebbe anche passare dopo cento mali.

Ora, per effetto dell’esito delle elezioni, in Italia c’è caos: al Senato non c’è maggioranza.

L’arte della politica qui non c’entra, e nemmeno il porcellum, tanto invocato come male unico. Se i risultati percentuali fossero gli stessi in Francia, Germania, Inghilterra, non si avrebbe la maggioranza nemmeno alla Camera. Quindi, non è il porcellum il problema, almeno non è tutto lì il problema.

Forse, ma dico forse, il problema sta nel sapere amministrare l’arte della politica. Prendendo atto di una situazione così difficile e complicata, oggi più che mai si deve usare l’arte del compromesso, confrontando l’idea maggiore con quella minore e, in seguito, fare sintesi. Forse Bersani non è l’uomo adatto a fare questo, ma nemmeno Grillo. Lasciamo fuori, almeno oggi, sia Berlusconi sia Monti, i due sono indifendibili.

Sono un giocatore di scacchi, e qui siamo di fronte a uno scacco al re di Grillo su Bersani. Entrambi sono della partita, nel senso che l’ipotesi che uno voti l’altro, uno perde e l’altro vince. Grillo, se votasse la fiducia a Bersani, perderebbe il suo elettorato e credibilità, viceversa, succederebbe lo stesso seBersani votasse Grillo. Chi propone una o l’altra ipotesi è ignorante, cieco, sordo e pure malato mentalmente. Pensare che questa cosa l’ha proposta proprio Bersani, mi inquieta non poco. Non è possibile che i due soggetti si votino, come lo deve dire Grillo: in turco? È un’ipotesi da scartare a priori, a meno che non si voglia far scrivere qualcosa sui giornali per mesi e mesi, allora tutto è fattibile. Ma la gestione della politica e del bene comune è tutt’altra cosa di un articolo sui giornali. A maggior ragione, anche Bersani, all’epoca delle primarie, era su tutti i giornali, poi però…

Governo a termine, di specietecnico, del Presidente, di scopo e altre ipotesi fantasiose sono tutte fandonie bibliche dei giornali, e anche di qualche personaggio che ha un sacco di problemi d’intendimento.

Fatto sta che ora Grillo vuole fare scacco matto. L’ha detto più volte: «Arrendetevi, siete circondati!»

Era una battuta da comico?

Ditemelo voi se era proprio una battuta. A me non pare. Se Bersani muove il pezzo BerlusconiGrillofa scacco matto. Se invece si allea e vota la fiducia a Grillo, quest’ultimo fa scacco matto ancora meglio.

scacco matto sia, oppure… c’è una contromossa che potrebbe, non dico far vincere qualcuno, ma almeno togliersi dallo scacco al re. Poi sono sempre dolori, ma intanto…

Bersani dovrebbe capire che la partita è persa, ogni pezzo che andrà a muovere rischia di subire o unoscacco al re o, peggio, un bel scacco matto.

E, visto che parliamo di Re, me ne viene in mente uno bello e pronto: Re Giorgio Napolitano.

Il Capo dello Stato non ha ancora pronunciato nulla, lui sì che conosce l’arte della politica, Monti è creatura sua, però non pensava che avesse così tanta sete di potere da proporsi in competizione elettorale, oggi gli sarebbe stato utilissimo. Invece, Monti è sfuggito al controllo di Re Giorgio e si è castrato da solo, oggi è ancora più improponibile persino di Berlusconi, ed è tutto dire.

Se fossi Napolitano chiamerei Dario Fo, lo nominerei Senatore a vita, almeno lui ha le caratteristiche migliori di quelle esternate da MontiDario Fo è un Premio Nobel, un eminente personaggio che ha dato e continua a dare lustro alla cultura italiana, nessuno potrebbe dire nulla di fronte alla sua nomina. E piace al M5S di Grillo, in più è un ex simpatizzante della sinistra, quella vera, e qualche sostenitore, anche del PD, ce l’ha ancora.

Quindi, Napolitano dovrebbe affidare l’incarico a Dario Fo di formare un governo che si basi su tre punti:

  1. Nuova legge elettorale
  2. Abolizione e regolamentazione del finanziamento ai partiti
  3. Dimezzamento dei parlamentari e dei loro emolumenti.

Il Capo dello Stato dovrebbe dimettersi subito dopo la fiducia a Dario Fo per dare modo al Parlamento di eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Il nuovo Capo dello Stato garantirà, dall’alto della sua carica istituzionale che, votate queste tre leggi, scioglierà le Camere.

Poi tutti nuovamente al voto a giugno 2013.

Nel frattempo l’Italia… s’è desta.

Se così non fosse, Grillo è certo che farà scacco matto.

Se, invece, andasse proprio così, ho paura che Grillo farà sempre scacco matto.

«Arrendetevi, siete circondati!»

No, non era una battuta!

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