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L’ascesa e il declino del dollaro dietro la crisi (2/2)

Creato il 07 dicembre 2011 da Elvio Ciccardini @articolando

E’ facile pensare ad una nazione che impone al mondo la propria moneta quando la sua economia le permette di essere creditrice di altri paesi. E’ più diffile pensarlo quando questa nazione è debitrice. Come lo sono oggi gli USA…

Fino al 1982 i deficitdegli Stati Uniti erano dovuti a movimenti di capitale. Gli Stati Uniti compravano a debito le imprese del resto del mondo, lucravano alti saggi di profitto e capital gains sugli investimenti e pagavano modesti interessi sui Treasury Bills e sui Treasury Bonds. La bilancia dei pagamenti correnti non manifestava squilibri. Principali finanziatori degli Stati Uniti, in questa fase, erano l’Europa ed il Giappone.

A partire dal 1982, però, il deficit ha investito la bilancia delle merci e dei servizi (current account), ed è peggiorato fino a raggiungere ratios del 5-7% sul pil, poco sensibile alle variazioni di cambio del dollaro. La spesa militare, in continuo aumento, è stata finanziata con indebitamento verso l’estero senza un corrispondente aumento delle aliquote fiscali, che sono state invece diminuite per le classi di reddito più alte. Il Governo ha evitato così di chiedere al Congresso, ed al popolo americano, di sostenere il costo delle guerre. Il “deficit senza lacrime”, contro il quale si scagliarono inutilmente De Gaulle e Rueff, ha consentito di finanziare i cannoni senza rinunciare al burro.

L’Europa si è messa in salvo con la creazione dell’euro, un processo durato trenta anni. Principali finanziatori degli Stati Uniti, in questa seconda fase, sono diventati i Paesi asiatici esportatori di prodotti industriali (forte sfruttamento di manodopera a basso costo, senza contributi sociali, senza limiti ambientali, con stretto controllo statale del cambio) ed i Paesi esportatori di petrolio. I proventi delle esportazioni di questi Paesi, depositati presso le banche americane e reinvestiti principalmente in titoli del Tesoro USA, hanno fatto degli Stati Uniti il primo debitore mondiale e l’accumularsi dei deficit ha reso insostenibile il debito con l’estero.

Sarebbe davvero sorprendente che il Governo americano e le troppe Autorità fra le quali la responsabilità del controllo sul sistema finanziario è ripartita, quotidianamente sotto pressione per la necessità di rinnovare i debiti vecchi e di collocarne altri nuovi, si preoccupassero di esercitare controlli rigorosi, di impedire le innovazioni finanziarie più spericolate, di limitare il proliferare di istituzioni finanziarie non sottoposte ai vincoli Fed e di porre, in definitiva, un limite a livelli di leverage protesi verso l’infinito. Come illustrato da Minsky, in un sistema capitalistico come il nostro (quello vero, non quello dei libri di testo dei Chicago boys), l’instabilità è intrinseca perché le fasi di finanza fisiologica (hedge financing) generano una crescita dei profitti, quindi un aumento di valore dei capital assets che induce a speculare sul loro prezzo attraverso forme di finanza speculativa (speculative financing) che possono poi condurre alla necessità di ricorrere a nuovo indebitamento per finanziare anche solo gli interessi sull’indebitamento precedente (Ponzi financing).

Questa è la via della bancarotta. Si tratta di una spiegazione diversa da quella dell’attesa irrazionale di un continuo rialzo delle Borse, come in Galbraith [10]o in Shiller [11], perché Minsky mette in risalto il carattere endogeno dell’instabilità: anche se tutti gli operatori si comportano razionalmente, la somma dei loro comportamenti razionali non è sostenibile dall’economia nel suo insieme. Col Governo degli Stati Uniti impegnato a collocare debiti e le Autorità di controllo disposte a lasciar correre, la bancarotta non ha più misteri [12]. L’ideologia fondamentalista del mercato, la deregulation, le privatizzazioni/esproprio di beni pubblici e di monopoli naturali, tutto l’armamentario di Chicago recitato da Reagan e dai suoi successori non avevano altra funzione che quella d’una cortina fumogena, per coprire gli Stati Uniti mentre adottavano in realtà la politica del debitore: quella secondo cui i debiti non si pagano.

Questa non è una crisi come tutte le altre, solo più grave, ma l’ultima convulsione del ruolo internazionale del dollaro. Non si può progettare la ripresa dell’economia mondiale ed impedire la ricaduta nel protezionismo e nella guerra senza riforme radicali:

- la creazione di una world currency unit, con funzioni analoghe a quelle svolte dall’european currency unit (ecu) nella fase precedente la creazione dell’euro;

- l’affidamento della sovrintendenza economica e finanziaria mondiale al Fmi, trasformato in un vero e proprio Consiglio dei ministri dell’economia dell’Onu (corrispondente all’Ecofin europeo), come già proposto da Delors;

- l’affidamento alla Banca dei regolamenti internazionali della funzione di banca centrale del sistema mondiale (o sistema dei sistemi monetari);

- l’affidamento alla Bce delle funzioni di sorveglianza bancaria e finanziaria nell’Eurozona ed alla Bri delle funzioni corrispondenti a livello mondiale;

- l’istituzione di Authorities indipendenti, a livello europeo e mondiale, per lo svolgimento delle funzioni oggi affidate, in conflitto d’interessi, alle Agenzie di rating;

- l’istituzione di una Compagnia assicurativa pubblica mondiale per la copertura dei rischi globali, o almeno di una Authorithy per la valutazione indipendente dei rischi stessi, come riferimento per il mercato assicurativo;

- l’impegno ad una lotta comune contro i flussi finanziari illeciti, camuffati e segreti, che rendono possibili e remunerativi droga, crimine e terrorismo, anche nei loro paradisi off-shore;

- l’utilizzo della Banca Mondiale per il perseguimento di obiettivi di sviluppo umano e di contrasto alla povertà.

L’autore dell’articolo da cui questo post è stato tratto è Antonio Mosconi e la fonte è Finanza in chiaro.


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