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L'attacco alla Libia e la posizione della Cina. Un confronto con i lettori
Creato il 21 marzo 2011 da DomenicolosurdoHo letto l'articolo di Losurdo che condivido in larga parte, mi resta difficile invece capire il modo in cui giustifica l'astensione di Russia e Cina. Mi sembra ridicolo sostenere che si sono astenuti avendo in cambio il non intervento via terra delle forze occidentali, così come non si capisce quali interessi nazionali hanno salvaguardato, sarebbe interessante sapere quali sono visto che Losurdo non ce li racconta ma lo sostiene. Cavalieri Tiziano
Caro Professore,ottimo articolo che in sintesi esprime tutto ciò che pensavo sulla farsa della "rivoluzione" Libica. Tuttavia non mi è chiaro il significato dell'ultimo perido in riferimento alla Cina ed a Mao. In verità sono rimasto molto deluso dalla Cina e dalla politica del compromesso. Un veto avrebbe rappresentato una posizione anti-imperialista netta ed un messaggio chiaro ai popoli in lotta.Cordiali saluti, Matteo
Caro professore, io ritengo che la neutralità sarebbe stata la decisione più saggia, anche per salvare la faccia...non si tratta solo del governo, ma anche delle opposizioni. Ieri Napolitano stringeva la mano a Gheddafi, oggi improvvisamente Gheddafi diventa il nemico dei diritti dell'astratto individuo libico (dei diritti dell'uomo).Piergiorgio, 20 marzo 2011 06:05
DL Cominciamo con una considerazione di carattere generale. Da trent’anni il governo di Pechino si attiene alla politica del «basso profilo» (sul piano dei rapporti internazionali), caldamente raccomandata da Deng Xiaoping. E’ bene subito notare che tale politica viene seguita non solo quando sono in gioco gli interessi dell’Irak o della Libia, ma anche quando sono in gioco gli interessi della stessa Cina. Essa esprime regolarmente la sua protesta e la sua indignazione per la vendita di armi a Taiwan (un comportamento che calpesta tutte norme del diritto internazionale), compie anche qualche gesto dimostrativo, ma finisce col riallacciare con Washington persino i rapporti militari (oltre quelli politici e economici). Si potrebbero fare molti altri esempi, ma uno mi sembra particolarmente clamoroso: questa linea è stata seguita in occasione del bombardamento (nel 1999) dell’ambasciata cinese a Belgrado.La politica del «basso profilo» è opportunista o capitolarda? A me sembra che essa tenga conto saggiamente dei rapporti di forza. I risultati parlano chiaro: nel 1989, dopo piazza Tienanmen, la Repubblica poplare cinese sembrava sull’orlo del crollo, ed era comunque gravemente isolata e stretta in una sorta di cordone sanitario. Oggi la situazione è molto diversa: oltre che sul piano economico, il mutamento nei rapporti di forza comincia (lentamente) a manifestarsi sul piano politico-diplomatico e persino (ancora più lentamente) sul piano militare. D’altro canto, a una politica di «basso profilo» si attiene in qualche modo anche la Russia, che non a caso all’Onu ha votato allo stesso modo della Cina.E veniamo così all’Organizzazione delle Nazioni Unite. Sul ruolo da essa svolto il dibattito a sinistra è di vecchia data. Negli anni ’60 del Novecento, mentre la rivoluzione anticolonialista sembrava avanzare in modo irresistibile, non mancavano le voci che invitavano a costituire un’Onu dei popoli rivoluzionari, piuttosto che dei governi in larga parte borghesi. Ben si comprende che questo progetto non sia mai stato portato avanti: per altisonanti che possano essere, le proclamazioni non modificano i rapporti di forza.Dopo la fine della guerra fredda è invece emerso un progetto diverso e contrapposto, ma disgraziatamente ben più realistico, dato che il crollo dell’Urss e del «campo socialista» aveva realmente modificato i rapporti di forza a vantaggio degli Usa. I circoli più aggressivi dell’imperialismo hanno avanzato la proposta di sostituire l’attuale Onu con una cosiddetta «Alleanza delle democrazie», chiamata a promuovere e a legittimare gli interventi contro le «dittature», avvalendosi del poderoso apparato militare della Nato (che continua ad espandersi e che sempre più pretende di essere non un’alleanza militare ben determinata, bensì il braccio armato della «comunità internazionale» in quanto tale). A questa manovra, la cui estrema pericolosità è immediatamente evidente, la Cina contrappone la linea del rafforzamento dell’Onu e del Consiglio di sicurezza: per qualche tempo ha fatto balenare la proposta di una modifica dello Statuto, in base alla quale, per essere valida, la richiesta di veto dovrebbe essere sottoscritta da almeno due membri del Consiglio di sicurezza. Il tentativo è di affermare realmente nella pratica il principio (contenuto già nello Statuto dell’Onu), in base al quale solo il Consiglio di sicurezza di questa organizzazione può legittimare un intervento militare (non la Nato o il G 7 o la statunitense «nazione eletta» da Dio).Questa linea comporta ovviamente dei prezzi: se il Consiglio di sicurezza fosse regolarmente bloccato dai veti contrapposti, è chiaro che riprenderebbe quota il progetto dell’«Alleanza delle democrazie» con la Nato quale suo braccio armato. In una situazione in cui persino una parte del mondo arabo si è sciaguratamente schierata a favore della «no-fly zone», Cina e Russia hano pensato di limitarsi all’astensione (accompagnata da dichiarazioni di dissenso). Sottolineo: anche la Russia, nonostante che essa non abbia i problemi della Cina, che per i rifornimenti petroliferi dipende in misura non trascurabile dall’Arabia saudita (schierata a favore della «no-fly zone») e che vede le sue linee di comunicazione marittima esposte al pericolo del blocco da parte della flotta Usa.L’atteggiamento assunto dalla Cina (e dalla Russia) è stato comunque un errore o una manifestazione di opportunismo? E un errore o una manifestazione di opportunismo è la politica del «basso profilo» nel suo compesso? Chi ritiene può affermarlo. Ma, come ho spiegato nell’ultimo capoverso del mio intervento, il compito reale di una forza antimperialista è di sviluppare la sua lotta ideologica e politica nella situazione concreta in cui vive, senza attendersi la salvezza da fuori e da lontano (ieri soprattutto da Mosca e oggi soprattutto da Pechino).P. S.Mi sembra qui opportuno un post-scriptum. Chi crede che le mie considerazioni sull’Onu siano dettate dalla contingenza politica e dal «giustificazionismo» nei confronti della Cina, può leggere quello che io ho scritto nell’ultimo paragrafo di un libro pubblicato un anno fa («La non-violenza. Una storia fuori dal mito»).
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