Oggi è l’undici di settembre. Undici come gli anni che ci separano dall’attentato terroristico al World Trade Center di New York in cui persero la vita tanti, troppi, innocenti in nome di un odio ingiustificato e folle: quello dell’uomo contro il suo simile.
Ogni volta che celebriamo l’anniversario di un evento così triste la mente sembra prendersi gioco di noi nel farci ricordare cosa stavamo facendo quando è stata data la notizia, dove eravamo e con chi. Io ero a Milano in vacanza con la mia famiglia, era il giorno della partenza per tornare in Sicilia e proprio mentre papà innestava la prima per affrontare il lungo viaggio, l’amico che ci ospitava ci ha bloccati perchè c’era un’edizione speciale del telegiornale. Così abbiamo saputo quello che era successo. Era l’11 Settembre 2001 e ricorderò sempre quel viaggio in macchina attraverso l’Italia con la radio costantemente sintonizzata sui notiziari per sapere quello che stava accadendo a migliaia di chilometri da noi, al di la di un oceano sconfinato, ad un paese che ritenevamo intoccabile, potentissimo.
Recentemente mi è capitato di parlarne con un ragazzino di dieci anni. Lui quel giorno non era nemmeno nato, non conosceva nulla perchè i suoi genitori non avevano voluto o potuto informarlo: vaglielo a spiegare a un bambino quale follia spinge un uomo a dirottare un aereo pieno di passeggeri contro un grattacielo. Prova a fargli capire com’è possibile che si possa anche solo pensare una cosa del genere. Spiegagli, o almeno prova a farlo, i motivi di tanto odio. Io ci ho provato, forse sbagliando, e credo di avergli fatto capire solo una cosa: dopo quel terribile 11 settembre il mondo non è più stato bello come ce lo immaginavamo. Forse non lo era mai stato ma ci illudevamo che finché nessuno fosse arrivato a svegliarci dal sogno allora era lecito viverlo quel sogno.
Ci hanno svegliato nel modo più brusco. Ci ha svegliato uno sconosciuto capo ribelle. Si è scoperto poi che aveva ben due lauree e un cervello mica tanto così guasto. Si è scoperto che odiava a morte l’Occidente per il suo benessere costruito, a suo dire, sulle spalle del suo popolo; odiava più di tutto e tutti, e si compiaceva nel farlo, gli americani e gli USA. Tanto da dirottare tre voli di linea: due sul centro commerciale e finanziario più grosso d’America, l’altro sul Pentagono. Cominciò così il tramonto della bellezza del nostro mondo, il sorgere della paura razziale (che già c’era ma facevamo finta di non vederla) specie nei confronti degli arabi. Avevano, e hanno, il petrolio, i soldi e le armi ma non c’è ne importava finchè non hanno ceduto alla chiamata del terrorismo snaturando quelli che erano i precetti di Maometto e del Corano; hanno gettato fango sulla loro gente credendo di riscattarne l’onore contro il nemico ma li hanno condannati, in verità, ad una emarginazione ancor più aspra a livello culturale, intellettuale e fisico.
La foto che ho scelto per questo post non è casuale. In circostanze come queste la norma vuole che vengano documentati per mezzo foto anche i più cruenti particolari, immagini di disastri, edifici crollati e anche, perchè no di cadaveri, sarebbero rientrate benissimo in questa categoria per soddisfare il più meschino bisogno di violenza e sensazionalismo. Invece ho deciso di mettere una foto in cui si vedono le gru all’opera per ricostruire il complesso del World Trade Center, perché secondo me il modo migliore per uscire da tragedie come quella di cui ho parlato in questo post è di guardare avanti, vedere nuove costruzioni dove ci sono solo macerie, nuove opportunità dove ci sono problemi, un mondo tutto nuovo in cui gli uomini non si uccideranno a vicenda per dei rancori vecchi di decenni. Questo mio forse è solo un sogno ma poiché sognare non è mai costato nulla perché non farlo?
A volte anche i sogni più impossibili si realizzano. Basta avere pazienza e fiducia.
Questo post sospende e conclude la coda di pubblicazione odierna di Post Scriptum. Lo staff di questo sito invita chiunque vuole aggiungere il proprio ricordo a intervenire nella sezione commenti di questo post.
Tutto lo staff vuole, infine, rivolgere un saluto particolare a tutti i familiari delle vittime.