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L’Augusto Salvino

Creato il 04 dicembre 2014 da Patuasia

Riprendo l’argomento: Rollandin, perché la parola razzista secondo alcuni illustri scriventi facebookiani è fuori luogo. La frase detta al Congresso unionista dal nostro Presidente della Giunta non è per loro tacciabile di razzismo. Dunque vedo di analizzarla insieme a voi. “Oggi è difficile fare norme e offrire garanzie orientate specificamente ai valdostani. Sfortunatamente le regole europee su temi come la casa o il lavoro mettono sullo stesso piano chi viene da fuori. Bisogna impedire che ci gestisca chi non è valdostano“.

Secondo il Furbacchione che sa benissimo di avere la maggioranza dei valdostani dalla sua parte, l’Europa e lo Stato sanciscono regole che sfortunatamente mettono sullo stesso piano chi viene da fuori con i valdostani. Che tipo di regole sono definite dall’Europa e dallo Stato e per chi? Non certo per gli immigrati clandestini verso i quali è ancora in vigore una legge che li considera illegali e dunque, in quanto tali, non possono certamente entrare nelle graduatorie per una casa popolare o per avere un lavoro che non sia in nero. Chi vi può accedere deve essere residente (se non ricordo male l’Europa ci ha tirato per le orecchie perché in Valle d’Aosta la residenza veniva elargita dopo otto anni di permanenza contro i cinque richiesti). Dunque, qualsiasi persona in regola con la normativa statale ed europea e anche regionale può per diritto entrare nelle graduatorie con le pari opportunità di chi in quel luogo vi è nato. Perché ogni cittadino è uguale di fronte alla legge, lo sancisce la Costituzione italiana che è valida anche per i valdostani. Secondo il giornalista, Stefano Sergi, il razzismo è “altra cosa” e si esplicita se si usano le parole negro o terùn: “ho solo detto che non vedo razzismo in quelle parole, visto il mestiere che faccio sarei stato ben contento di far due pagine su frasi come “fuori i negri e i terùn, ma non mi pare le abbia pronunciate...” (da facebook).

Insomma, il nostro bravo giornalista è ancorato all’idea più tradizionale e storica del termine, quella che vede la discriminazi0ne tra diverse razze o etnie, ma l’odiosa parola nel tempo si è evoluta e ha abbracciato altri tipi di discriminazione. “Quelli che vengono da fuori” presuppongono il loro contrario: “quelli che sono dentro” e sono quindi identificati da Rollandin come una categoria estranea alla collettività valdostana e pertanto non avente gli stessi diritti che, invece, per colpa dell’Europa e dello Stato, hanno. Su facebook si è creata una stucchevole discussione sul senso etimologico del termine, un modo per sviare il succo della frase ed evitare imbarazzi. Forse avrei dovuto usare la parola xenofobia? O etnocentrismo? Sarei stata politicamente più corretta? Mi dite nella sostanza cosa sarebbe cambiato? Nulla! Il succo sarebbe rimasto uguale: chi viene da fuori deve venire dopo di chi sta dentro! Il silenzio delle opposizioni è allarmante. Come mai il buon Donzel, così facile all’enfasi da parrocco di campagna, non trova in questa una occasione per esprimere i suoi lirici sentimenti? E le virtuose associazioni? E l’altro mondo possibile?

 


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