L'autocritica del Congresso Cgil

Da Brunougolini


È presente nel documento che apre il diciassettesimo Congresso della Cgil (dal sei all’otto maggio) intitolato «Il lavoro decide il futuro» un severo accento autocritico. Laddove si sottolinea come la Cgil negli anni della crisi abbia «sollecitato e promosso iniziative, lotte locali e nazionali, movimenti, per ottenere una diversa politica economica e sociale e per contrastare le tendenze più negative a cui il Paese era ed è sottoposto». Aggiungendo però che: «Ostacoli e resistenze, compresi i nostri limiti e ritardi, hanno impedito il cambiamento. Una sottolineatura importante che fa propria l’antica lezione di Di Vittorio, quando, all’indomani della sconfitta alla Fiat, incitava a non individuare le colpe di tale sconfitta solo nell’operato del «padrone».
E così per superare «la debolezza dell’azione sindacale» è necessaria, leggiamo, «un’analisi profonda dei limiti e delle difficoltà che la nostra azione ha messo in evidenza». Uno dei «ritardi» principali riguarda il rapporto con i giovani, con il mondo dei lavori atipici e precari. Occorre, si scrive, una «contrattazione che superi i dualismi del mercato del lavoro nella condizione lavorativa e nella precarietà». È un riferimento alla «contrattazione inclusiva» (anche se il termine non compare mai) cara a Susanna Camusso, chiudendo l’epoca dei risultati da acquisire solo per chi ha un posto fisso e una solida tessera sindacale. Fatto sta che nel prosieguo del testo, nel capitolo dedicato alla contrattazione, si osserva come nell’azione di contrasto alla precarietà sia «necessario anche riconoscere le vere forme di lavoro autonomo, che richiedono una specifica azione contrattuale volta al riconoscimento dei compensi minimi e dei diritti universali in capo alla persona».
Non manca una riflessione sul capitolo dei rapporti unitari e su come ha operato la Cgil (e la Fiom) a tal proposito. È ammessa la presenza di «opinioni e giudizi diversi sulle scelte operate» ma, ad ogni modo, si parla di «contratti separati, senza alcuna validazione democratica, dei metalmeccanici, del commercio, della sanità privata e nel settore pubblico» nonché «al tentativo di scardinare l’autonomia della contrattazione con l’art. 8 sulla derogabilità, la legge sulle pensioni, la sospensione della rivalutazione delle pensioni, il blocco contrattuale nella pubblica amministrazione e nella scuola, il ridimensionamento del welfare e delle risorse ad esso connesse». Con conseguente «arretramento dell’azione sindacale e un peggioramento nella condizione delle persone». Lo stesso caso Fiat è citato nella sua gravità «in quanto riguarda la libertà e il pluralismo sindacale nei luoghi di lavoro, così come sancito dalla sentenza della Corte Costituzionale». Mentre si indica la positività dell’'accordo (condiviso con Cisl e Uil) del 28 giugno 2011 che «al di là dei diversi giudizi», impegna «tutta l'organizzazione». Non «scindibile dall'accordo del 31 maggio 2013». Quest’ultimo «rappresenta un significativo cambiamento nel sistema di regole e di rappresentanza per la contrattazione e su cui tutta l'organizzazione e` impegnata a garantirne l'esigibilità». Così si può determinare «una prima inversione di tendenza sulla possibilità di far vivere una nuova fase dei rapporti con Cisl e Uil». Anche attraverso un’auspicata legge sulla rappresentanza.
Saranno aspetti da chiarire nel dibattito congressuale, attraverso gli emendamenti in parte già presentati. Non ci saranno tesi contrapposte anche se Giorgio Cremaschi (con altri cinque) ha presentato un suo documento. Landini con la Fiom non lo ha seguito sottoscrivendo appunto il documento unitario insieme a Camusso, Cantone (ma lo Spi ha promosso uno specifico documento), Dettori, Solari, Crogi, Viafora, Stacchini, Piccinini, Nasso, Minelli, Genovesi, Schiavella, Canta, Lattuada, Sorrentino, Di Berardino, Fammoni, Podda, Terzi, Megale, Nicolosi, Durante, Maulucci, Rinaldini, Piccinini, Rocchi e molti altri di diverse «anime».
Il documento conclude con undici indicazioni chiamate «azioni»: Europa, fisco, pensioni, formazione, pubblica amministrazione, politica industriale, politiche attive del lavoro, inclusione sociale, libertà delle donne, contrattazione, democrazia e partecipazione.
Quel ricorso al termine «azioni» consegna un sapore pragmatico a un’organizzazione che sembra voler sottolineare la propria volontà di fare, di ottenere risultati. Senza disperdere, per questo, il proprio orizzonte, la propria idea fondamentale, quella di rimanere «il sindacato dei diritti e della solidarietà».

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :