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L'automotive ibrido: ragioni e verita'

Creato il 05 aprile 2011 da Howtobegreen

L’automotive ibrido: ragioni e verità
La tecnologia dell’auto ibrida è ad oggi sostanzialmente l’unica realtà vendibile che utilizza un motore di potenza elettrico come variante "eco" dei veicoli "normali" dotati di motrice endotermica a ciclo otto o diesel.
I risultati delle immatricolazioni lo dimostrano inequivocabilmente.
Da sempre, sono abituato a pensare che se una realtà esiste, sia improbabile l’essere a caso.
Le ragioni che determinano questa situazione e che da tempo impediscono la diffusione della trazione completamente elettrica, continuano e continueranno quantomeno nel medio termine ad essere semplici e del tutto evidenti.
Semplici perchè sostanzialmente riferibili ad una unica problematica tecnologica ed evidenti perchè dimostrate nei fatti dall’appena citata realtà di un mercato che non decolla.
Le principali peculiarità della problematica in discussione sono:
1. Nell’universo che ad oggi ci è dato conoscere nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma.
2. L’energia in particolare è una costante assoluta, come tale può assumere diverse forme trasformandosi con la certezza di rendimenti di fase o parziali e globale di ciclo sempre inferiori all’unità, poichè si addiviene a progressivi stati di maggior disordine che non ci è dato recuperare in termini di lavoro utile.
3. L’energia elettrica (EE), sostanzialmente non esiste in natura salvo che in casi particolari caratterizzati da bassa quantità, alta imprevedibilità e parametri scarsamente e difficilmente sfruttabili. Per sua natura, questo flusso di elettroni c’è ed esiste solo e nello stesso momento in cui viene utilizzato; accumularlo in modo agevole è da sempre l’altra faccia della medaglia che vanifica l’impiego in alcuni settori di questa forma energetica per lo più estremamente ed eccezionalmente fruibile.
Conoscendo queste poche elementari verità che la fisica insegna e disponendo di voglia ed apertura mentale sufficienti, è già possibile individuare razionalmente la maggior parte delle ragioni e delle verità dell’oggetto, salvandosi così dal soccombere per ignoranza a quel che non è, ancorchè frutto di altre ragioni e ben che vada di mezze verità.
Credo sia di tutta evidenza ma è sempre utile sottolinearlo come seppur subdola, sia la strategia della mezza verità a garantire risultati certamente superiori alla falsità e come, in assenza di un credo proprio, la capacità dell’altrui argomentare o dell’argomentare di massa porti sempre e solo al credere nel verosimile più che nel vero.
Entrando nel merito, la semplice ragione del successo degli ibridi sta nell’incapacità tecnica che ancora caratterizza lo status quo del dispositivo che serve per accumulare, stoccare o immagazzinare che dir si voglia, l’EE.
Questo dispositivo risponde al nome di accumulatore elettrico o più volgarmente batteria.
Poichè per far avanzare il veicolo devo spendere lavoro meccanico (energia di tal natura), scartato l’utilizzo di quello fisico prodotto dalla forza muscolare di cui la macchina umana dispone in qualità di motrice, posso scegliere di impiegare quello che deriva dalla trasformazione di EE in energia cinetica ad opera della macchina elettrica di tipo motore o motrice elettrica se così si preferisce nominarla.
In qualsivoglia soluzione, l’importante è capire quale e quanto sia in termini di "nutrimento" il necessario capace di soddisfare il fabbisogno qui in termini di tipologia di movimento richiesta verificando “efficacia” ed “efficienza” dei processi.
Così è, sia che si tratti di garantire l’energia primaria necessaria a mantenere attivo il ciclo umano o dell’animale da tiro, piuttosto che a garantire la combustione dei motori endotermici ovvero quella di un ciclo vapore per la produzione d EE.
Se si pensa che un "banale" KWh di energia corrisponde grosso modo al lavoro che potrebbe essere garantito dalla fatica i dieci uomini e che la potenza di un CV (cavallo vapore simile all’HP anglosassone) assicura la possibilità di spostare di un metro una massa 75 Kg in un solo secondo, ci si comincia a confrontare con il concreto.
Riflettendo sul fatto che la minima potenza installata nelle nostre abitazioni comporterebbe la disponibilità a piacer nostro di 30 schiavi oppure di oltre 4 ben robusti cavalli, sono certo che ognuno di noi voglia e comunque debba "togliersi tanto di cappello" quando parla di energia e potenza.
L’automotive, da tempo si è incamminato sulla strada dell’aumento delle prestazioni e del confort grazie alla grande disponibilità di energia a basso prezzo.
Questa realtà è però contro natura e chi frequenta questo sito lo sa e lo crede poiché anzitutto l’energia anzi l’Energia, non è da valutarsi in denaro ma in Joule ed i bilanci Energetici di un qualsivoglia ciclo di trasformazione, non si fanno in moneta come quasi sempre ci vien dato a bere, ma nell’appena citata unità di misura del lavoro.
Specificatamente dunque: come può essere possibile pensare che ad una tale impostazione progettuale dell’auto possa corrispondere una soluzione totalmente elettrica piuttosto che ibrida?
Batterie al piombo acido, agli idruri, agli ioni di litio ed ai polimeri o a quel che si vuole. Nella migliore delle alternative tecnologiche possibili siamo riusciti a ridurre di un terzo circa le masse dell’accumulatore incrementandone attualmente il costo di ca. il 400%.
Il futuro probabilmente e come sempre, migliorerà ancora questa situazione cogliendo il frutto dell’impegno intelligente ma come anticipavo questo è il problema e permane enorme se si pensa a quanto appena detto ed alla realtà che il buon vecchio accumulatore al piombo acido comporta una massa di 27 Kg ca. per la capacità di "contenere" 1 KWh di EE.
Così discorrendo, un’auto potente di 100 KW alle motrici esercita alla potenza massima per un’ora, trasferisce un’energia di ca. 100 KWh percorrendo presumibilmente 200 Km su strada rettilinea sgombra.
Considerato che l’accumulatore elettrico sconta, a meno di "pagare" altri pesanti dazi, anche l’impossibilità di fornire tutta l’energia immagazzinata, i 2.700 Kg di massa teorica richiesti dovrebbero essere moltiplicati probabilmente per un fattore pari a due ottenendo a questo punto un veicolo che in verità mi appare ora anche incapace di raggiungere la performance di velocità ipotizzata.
Per completezza e serietà di informazione, va precisata l’omissione per brevità della valutazione del ciclo di trasformazione energetico in termini di rendimento: ciò impone di aumentare ulteriormente la capacità dell’accumulatore di almeno un altro 25% così stimato per generosità in difetto.
Riflettiamo ancora considerando che il classico economicissimo serbatoio di carburante in materiale plastico di massa trascurabile e capace mediamente di 50 l, assicura autonomie che a parità di potenza alla ruota, superano di un fattore moltiplicativo circa pari a 3 quelle tipiche dell’accumulatore elettrico.
I precedenti calcoli anche se non rigorosi possono considerarsi attendibili qualitativamente e sufficientemente approssimati quantitativamente anche perché confermati dal mercato che propone tipicamente utilitarie a trazione elettrica con prestazioni analoghe alle omologhe a trazione endotermica dichiarate capaci di autonomie pari a ca. 150 Km con riserve energetiche di ca. 25 KWh.
In verità la più realistica autonomia di tali veicoli è da ritenersi vicina ai 100 Km quindi del tutto imparagonabile ai tipici 500/700 Km delle omologhe benzina-diesel.
Considerando un costo alla produzione di ca. 400 €/KWh per l’accumulatore a tecnologia avanzata (oltre 10.000 € per appena 100 Km di autonomia) cui va sommato il costo del BMS (battery system management) e dell’elettronica complementare si capiscono tante altre cose tipo la scelta commerciale di noleggiare piuttosto che vendere le batterie.
L’ibrido dunque esiste a mio avviso per la scelta strategica di ridurre al minimo lo stoccaggio di EE a bordo del veicolo rendendone così possibile la vendita e l’utilizzo che la “buona e vecchia” tecnologia endotermica è capace di assicurare molto meglio.
La necessità elevata a virtù, un gap negativo trasformato in plus: geniale!
Certamente tanta tecnologia non può che essere ammirata e chi se innamorasse per esserne certo deve però ben valutare i seguenti punti.
A. L’EE viene conferita all’accumulatore in tre modi:
• da alimentazione/presa esterna a veicolo fermo
• dal veicolo in movimento (non fermo a motore acceso). In tale fase il motore endotermico consuma per soddisfare il combinato di fabbisogno: trazione richiesta alle ruote per il movimento e trazione richiesta dall’alternatore per la ricarica, diventando incapace di fornire le prestazioni massime alla sola trazione
• dal recupero per conversione dell’energia meccanica cinetica in EE nelle andature di discesa, frenata e rallentamento.
Nel primo caso il rendimento del ciclo energetico è massimo ed elevato pari a ca. il 45% qualora l’EE provenga dal migliore ciclo termoelettrico possibile (tipo misto gas-vapore 0.6x0.8 %).
Diverso ma non di molto il caso che L’EE sia ottenuta per trasformazione da fonte eolica o solare che qui non approfondisco per brevità e perché sostanzialmente inconsistente.
Il secondo caso comporta invece l’ovvia perdita netta di rendimento dovuta alla duplicazione delle trasformazione energetiche: da energia chimica (combustibile) in meccanica cinetica che potrebbe essere direttamente utilizzata per la trazione piuttosto che trasformata in elettrica ad opera della macchina elettrica motrice che diventa in questa fase tipicamente operatrice in qualità di generatore di EE.
La tanto sbandierata fase del recupero energetico infine, presenta la triste verità di garantire apporti energetici decrescenti nell’ordine di tipologia di marcia esposta e praticamente trascurabili perché concretamente stimabili ottimisticamente nell’1%. Si rifletta sul fatto che l’accumulatore carico non consente alcun ulteriore recupero energetico, che il veicolo giustamente è tradizionalmente dotato di freni e nulla si può per recuperare la maggior parte dell’energia inerziale che si trasforma in energia termica (degrada in calore) negli stessi.
B. Risultando la potenza installata sul veicolo combinazione dell’endotermica e dell’elettrica questa sarà massima solo in presenza di accumulatore sufficientemente carico e minore in ogni altro caso alla somma delle due che peraltro la tipologia di progetto solitamente per scelta non consente.
C. Modificare il tradizionale ciclo Otto in ciclo Atkinson o altre pregevoli scelte tecniche e progettuali contribuiscono in misura trascurabile al miglioramento del rendimento che tanta sofisticazione lascia sostanzialmente invariato introducendo peraltro oneri e consumi energetici indiretti molto pesanti anche a livello di costo (elettronica, due motori, accumulatori, controller, BMS…).
Ragioni dell’esistenza, del successo della tecnologia ibrida mi sembrano a questo punto discretamente motivate e condivisibili insieme alle amare verità appena riassunte.
Dove trovare quindi una vera validità per questa tecnologia?
Mi piace immaginare questo affascinante, per molti versi incredibile e certamente complicato esercizio tecnologico, assetato di circolazione cittadina.
Questa viabilità lo vede muoversi con la sola trazione elettrica che in tal caso rappresenta forse la soluzione ottimale come lo è per i trasferimenti brevi, densi di stop and go e caratterizzati da basse prestazioni.
In tal caso l’ibrido in funzione elettrico puro può farla da padrone; un padrone che seppur di appetito ridotto richiede di essere sfamato a sufficienza. E’ da valutare dunque con la massima attenzione di quale autonomia siano capaci le batterie di cui è dotato il veicolo poiché se le verità che a denti stretti e non sempre si dicono diventando difficili da indagare comportano da uno a due chilometri, risulterebbe di certo vanificato ogni pregio anche a livello di impatto ambientale.
Da qualche tempo vedo con piacere apparire seppur tardivamente e poco pubblicizzate e spiegate alcune verità che mi auguro possano togliere sempre più posto alle molte falsità sbandierate e presenti.
In argomento si sta iniziando a fare chiarezza su alcune false convinzioni mettendo a confronto alcuni diffusi modelli in versione “normale” ed "eco" così come dichiarando, seppur furbescamente, valori di inquinamento “dal pozzo alla ruota”.
La tedesca Dekra ad esempio è giunta a pubblicare risultati drammatici peraltro prevedibili e cioè che i risparmi in termini di consumi e quindi anche di riduzione della CO2 delle versioni "eco" sono assolutamente trascurabili (0,3-0,4 L/100 Km) e che di conseguenza, a fronte di prezzi di acquisto elevati, la necessità di ammortamento implica sul piano economico la non oculatezza di questi acquisti.
Verde, ECO, Ambiente per loro stessa natura infatti rispettano le leggi che la regolano e da queste dipendono non già dal chicchericcio soggettivo.
Meccanica e Termodinamica, la Fisica, la Scienza in genere non concede spazio al miracolo e non si può concepire il risparmio se non condizionato alla riduzione della prestazione e all’aumento del rendimento totale delle trasformazioni in gioco.
Sono infatti esclusivamente le forze resistenti, apparenti e passive a determinare il fabbisogno energetico del moto e non altro.
Gli esempi che ribadiscono questi concetti sono infiniti e le soluzioni tecniche per muoversi senza fatica in modo ottimale esistono anche se forse, implicano scelte che in fondo non vogliamo.
Come spesso accade, l’apparire vale più dell’essere.
Un falso che però nulla può contro ciò che è.
Sergio Capraro

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