Ad arrivare dal mare, come un tempo le popolazioni saracene provenienti dai Balcani, che hanno costretto a fortificare la regione con le sue splendide rocche ed i suoi castelli, il monte s'ammanta di foschia e nebbia, d'autunno e d'inverno, con vento di ponente e con scirocco.
Il vento di nordest è il più frequente ed il più violento: il mare s'increspa e agita e vien grosso con la gelida bora, quando l'escursione di marea può anche superare il metro d'altezza.
Barriere di vento dunque, risucchio e correnti (che qua, presso il gomito costiero d'Ancona e del Conero) devono piegare, costringono a tenere il largo.
Ma quando i venti si placano, con cielo terso, il Conero mostra allora i fianchi ricoperti di fitta vegetazione.
Torna ad essere (con il picco del monte San Vicino, il paese di Paterno d'Ancona arroccato su una collina, il faro sul colle dei cappuccini) punto cospicuo per i naviganti: maestoso, rassicurante, ospitale.
Invita all'ancoraggio, all'approdo, alla salita lungo le sue pendici, su per la strada stupendamente panoramica che, passando per Fonte d'Olio, raggiunge l'eremo benedettino, poi camaldolese, di San Pietro, risalente all' XI secolo.
E chiama ancor più su, ai 572 metri di altitudine della vetta, sufficienti (con tempo chiaro) a guardar la costa dalmata di là, oltre l'adriatico, e l'arco immenso dell'Appennino di qua, oltre la valle dell'Aspio, e le fughe senza fine di oliveti e vigneti.
Sotto, Santa Maria di Porto Novo mostra la chiesetta romanica della stessa epoca di San Pietro, la settecentesca torre di guardia, il fortino napoleonico dell'inizio dell'Ottocento, mentre Numana presenta i due nuclei di cui il paese si compone: verde e a picco sul mare Numana Alta; allungata sulla spiaggia e vicina al porticciolo Numana Bassa, echeggiante note di fisarmoniche dalla cui fabbricazione questo centro ha tratto fama.
E celebrando l'incontro, Porto Novo e Numana, delle due culture di cui questa zona si nutre anche a tavola.
La marittima e la terragna, entrambe festose e opulente: brodetto di pesce (qua senza zafferano, che s'usa solo da Porto Recanati in giù), baccalà, stoccafisso all'anconetana e poi vincisgrassi, coniglio in potacchio, agnello disossato, spuntature di budella di vitello di latte, trippe, porchetta.
Rosso Conero e dintorni
Non soltanto dai terreni del rilievo calcareo del Conero (una cui parte cade sotto il comune di Ancona) ma anche da quelli di Camerano, Sirolo, Numana e da rilevanti scampoli di terra a vigneto di Osimo, Castelfidardo e della stessa Ancona, vengono i vitigni (in prevalenza Montepulciano) che danno luogo al Rosso Conero.
I suoi produttori fanno in maggior parte capo all'Associazione produttori dei Castelli di Jesi, Matelica, Rosso Conero e Lacrima di Morra d'Alba (Assovip), che rappresenta l'80% della produzione di tali denominazioni d'origine.
Sia chiaro: in questi territori di vini antichi, ma dove ci si avvale anche di tecniche moderne e, per esempio, della coltivazione biologica (che d'antico e moderno è suprema sintesi), un forte Verdicchio vien bevuto, secondo tradizione, anche su piatti di carne.
Ma il Rosso Conero, specie se superiore, invecchiato un paio d'anni, rivela i suoi migliori caratteri proprio sugli arrosti e sulle robuste specialità in genere del magnifico entroterra marchigiano.