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ovvero… a proposito di codice deontologico di giornalisti e giornaliste,di responsabilità etiche e morali e di manipolazione dell’opinione pubblica . Accade, infatti, che gli organi di informazione agiscano sulla coscienza collettiva, a volte in maniera dolosa e con una specifica responsabilità, intesa come “consapevolezza delle conseguenze dei propri comportamenti e modo di agire che ne derivamezzi di informazione,” (G.Vingelli)
Ricevo e inoltro, ringraziando di cuore Serena per molti motivi, trai quali il consenso a pubblicare la sua mail :
“” mi chiamo Serena, ho 34 anni e sto conseguendo un dottorato in anglistica a Londra. Mi occupo principalmente di studi di genere e postcolonialismo.
Volevo segnalarvi il seguente articolo tratto da “Il Fatto Quotidiano” di ieri e raccontarvi la mia esperienza: Femminicidio, ma siamo sicuri che esista? (scritto da Marcello Adriano Mazzola, il 24-10-2012).
Ho cercato di commentare l’articolo per ben due volte con l’intervento che vi incollo qui sotto:
<< Quest’articolo è di una banalità e pressapochismo sconcertanti che richiamano la banalità e il pressapochismo presenti in una buona parte dell’informazione di massa italiana, atteggiamenti contro i quali l’intervento si scaglia ricadendovi in maniera plateale. Andiamo con ordine:
1. banale generalizzazione sugli -ismi che equipara maschilismo e femminismo. Il femminismo, caro avvocato, non è affatto sinonimo di misandria, ma è piuttosto equiparabile alle correnti di pensiero presenti nei movimenti per l’emancipazione dei lavoratori. Inoltre, la generalizzazione sul termine è evidente quando si tiene presente che il suffisso -ismo è presente anche nei sostantivi che si riferiscono a movimenti come il modernISMO, il surrealISMO, il postcolonialISMO. Inoltre, è importante ricordare che se le donne hanno ottenuto i diritti che hanno attualmente è anche e soprattutto grazie al femminismo. Questa è una realtà storica con cui l’Italia deve fare i conti dato che fa evidentemente fatica ad accettarla e riconoscerla;
2. monopolizzazione di dati. La stampa italiana monopolizza continuamente cifre di statistiche che non si sa da chi siano state finanziate e con quali fini. La statistica è un’altra delle scienze che pretende un’oggettività che non è da dare per scontata in una società in cui esistono precisi interessi economici nel finanziare alcune ricerche piuttosto che altre. Inoltre, un grave limite nel presentare cifre e numeri come odierni surrogati della parola biblica è astrarre e generalizzare dal contesto imponendosi come dato bruto nei confronti di ogni opinione diversa;
3. perché vede, caro avvocato, non importa che le donne uccise siano 100 o 1000 o 10000. Quello che importa davvero è che le dinamiche con cui questi delitti avvengono sembrano confermare che non si tratti semplicemente di delitti “passionali” (sempre che qualcosa del genere esista), ma piuttosto di un pensiero diffuso in una parte (non tutta, fortunatamente) della popolazione maschile per cui la donna può essere limitata ed eliminata con la forza nel momento in cui la sua presenza e la sua esistenza vengono sentite come difficili da gestire e controllare. O semplicemente concepire.
In conclusione, il limite più grande del Suo intervento che finisce per avvicinarsi pericolosamente alla mediocrità della stampa italiana contro la quale Lei si scaglia, è la precisa volontà (che non è disinteressata, purtroppo) di supportare la propria opinione senza dare un contesto e riconoscere una storia all’evento di cui si parla che è il motivo per cui in Italia si può parlare di tutto e, tristemente, quasi sempre a sproposito. >>
Questo mio commento è stato rimosso per ben due volte e, fino a poco fa, non mi è stato più possibile intervenire alla discussione perché i miei commenti, seppure assolutamente non ingiuriosi, venivano prontamente segnalati a un moderatore che non li pubblicava. Alcune risposte che ho dato a un certo Escobar sono state pubblicate, fondamentalmente dopo l’invio di una mail alla redazione del quotidiano per denunciare l’ennesimo episodio di censura nei miei confronti.
Di seguito trovate il testo della mail che ho inviato alla redazione del quotidiano da cui potrete capire meglio il contesto in cui i miei commenti sono stati eliminati:
Cara redazione de “Il Fatto Quotidiano,”
voglio segnalarvi un grave caso di censura che è stato attuato nei miei confronti nel blog dell’Avvocato Mazzola a partire da ieri e che continua tutt’oggi. Ieri ho commentato l’articolo dell’Avvocato Mazzola che certo avrete presente, ma che vi segnalo al seguente link:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/24/femminicidio-ma-siamo-sicuri/390514/#.UIe9gdOCMVY.facebook
Ecco il commento censurato:
[qui avevo copiato il testo del mio commento che avete letto poco sopra]
Questo mio commento è stato prontamente rimosso per ben due volte e non mi è più possibile intervenire nella discussione in alcun modo. Inoltre, mi è stato richiesto di identificarmi tramite un account e non ho alcun problema a postare un commento con il mio nome e cognome, ma la discussione è stata fondamentalmente monopolizzata da account che si firmano con nickname e che rispondono in maniera ossessiva a ogni commento che osi contrapporsi alle idee espresse nell’articolo. Questi interventi ripetono da più di 24 ore le stesse cose, che il femminicidio non esiste e così via, e hanno evidentemente il potere di segnalare qualsiasi intervento intelligente che possa mettere in discussione il loro punto di vista. [...]
Beh, ho pensato di segnalarvi l’articolo e quello che succede nell’area commenti. Anche se non sono una sostenitrice de “Il Fatto Quotidiano,” non credevo che il livello della discussione fosse questo e che fossero pronti a censurare qualsiasi commento che articolasse una visione diversa da quella dell’autore.
A presto,
Serena “”