La carta è stata scoperta in Cina nel I secolo d.C. e rappresenta la base materiale del libro, quasi un non-oggetto nella sua polisemantica significatività, che si compone di anima e materia.
Cos’è uno spirito senza una base su cui appoggiarsi e rendersi visibile? Vacuità. Verba volant scripta manent. La parola ha una forza che corrode e lenisce, afferra e costruisce, ma ha anche bisogno di essere fissata contro il memoricidio che spazza via il volatile e transeunte spirito. Per esorcizzare la paura dell’oblio, prima dell’invenzione della stampa, gli amanuensi miniavano e ricopiavano i testi dell’antichità, incidendo sulla carta lettere e miniature dai colori sgargianti. Alcuni professionisti della copiatura, in particolar modo monaci benedettini esperti, avevano l’abitudine di “correggere il testo”, adattandolo alle esigenze di Santa Madre Chiesa. Dopo aver finito il processo di scrittura, il testo veniva ricontrollato, poi si univano le pagine, si cucivano e si rilegavano con copertine di diversi materiali, oro, ferro battuto, pergamena, carta. Successivamente nacquero i caratteri mobili ed il primo libro stampato, l’incunabolo, alla metà del XV secolo.
Anche oggi il libro moderno ha pagine su cui si leggono le parole che nutrono la mente. È cambiato il processo di lavorazione della carta, la sua qualità, che è peggiorata. Infatti anticamente la carta veniva lavorata con gli stracci di canapa, lino e cotone e dopo la cosiddetta “collatura” acquisiva una resistenza maggiore rispetto a quella odierna. Per questo ancora oggi è possibile reperire testi antichi in buono stato.
La differenza tra un libro antico ed uno moderno si sente al tatto e alla vista.
Le pagine hanno un loro odore particolare, la carta consiste e sussiste, diventa oggetto di culto per collezionisti bibliofili. Il piacere fisico di sfogliare un libro, correre col dito sulla superficie delle pagine, ammirare la bellezza eterogenea o austera della copertina o di eventuali illustrazioni, sono sensazioni che il lettore conosce bene. Ma il tempo passa, tutto cambia. Le tecnologie si evolvono. Così un giorno qualunque nasce l’e-book, il libro virtuale, che si legge su un supporto informatico. Un arricchimento o un depauperamento culturale? Molti asseriscono che l’e-book rappresenta il libro ideale del futuro. Ma è davvero così?
E a questo punto mi viene da pensare ai bastoncini di pesce.
Vi chiederete dov’è il nesso. Che rapporto mai può esservi tra un particolare tipo di cibo e i libri?
Risposta. Un testo di Albertina Oliverio e Anna Oliviero Ferraris, A piedi nudi nel verde, Giunti editori. Le autrici sostengono con forza che viviamo nel grigiore, isolati davanti a televisori e monitor, in città inquinate, in cui il verde scarseggia, fra traffico e mal’aria. La natura viene percepita come estraneità radicale, al punto che alcuni bambini pensano che esista il “pesce bastoncino”, dato che abitualmente mangiano i bastoncini di pesce surgelati e non hanno mai visto dei pesci nel loro habitat naturale. Il cibo viene “antropomorfizzato”, ossia gli si fa assumere una forma che non urta la presunta sensibilità di noi “uomini civilizzati”. Niente lische, spine e teste, ma bastoncini pre-fritti, gioia del colesterolo, con tanta panatura e un cuore di pesce che sa di gomma.
La perdita del rapporto fisico con l’oggetto porta l’uomo verso una non-verità di tipo preconfezionato. L’allontanamento da un mondo concreto verso il virtuale, conduce inesorabilmente verso una conoscenza parziale, iper-tecnologica, artefatta. Leggere un libro su un monitor comporta la negazione del piacere tattile che le generazioni future forse non conosceranno, concependo il libro soltanto come lettura su un computer.
Il libro virtuale risolve d’altra parte gli eventuali problemi di spazio che comporterebbe la conservazione e l’immagazzinamento di libri di carta. In nome della comodità perdiamo il rapporto dinamico con l’oggetto. Ne vale davvero la pena? Il problema vero è che l’eccessiva “tecnologizzazione” conduce verso la negazione della sfera sensibile, porta l’uomo a scontrarsi con quella vacuità che fin dagli inizi del pensiero ha cercato di esorcizzare con la fissazione della parola sulla carta. Sostituire il fruscio delle pagine con il monitor di un pc a mio parere diventa controproducente. Si dice “il piacere della lettura”. Ma il gusto all’introiezione di parole che contengono idee edificanti mondi, non può e non deve essere disgiunto dal piacere sensibile del toccare il libro.
L’e-book è una sottomissione alle regole del tempo, esattamente come il “pesce bastoncino”. Non c’è tempo per cuocere il pesce fresco. Non c’è tempo per sfogliare un libro e poi cercare un posto dove metterlo accanto ad altri. Bisogna viaggiare, un pc e un libro pesano, ma se il libro sta dentro il pc si fa meno fatica.
La schiavitù imposta dal tempo e dal risparmio di energie è disumanizzante.
E per l’autore del libro dove sta la soddisfazione del lavoro finito? In fondo anche lo scrittore è un artigiano e l’e-book lo riduce ad operaio da catena di montaggio, un alienato da libro fantasma che esiste ma non si può toccare.
Media: Scegli un punteggio12345 Il tuo voto: Nessuno Media: 5 (1 vote)