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L’eccezionale normalità

Creato il 18 settembre 2011 da Fabio1983
Vorrei evitare di tornare poi sull’argomento. Lo dico adesso, così qualcuno potrà rimproverarmi, nel caso, di non avere mantenuto la parola: la vicenda legata a Manuela Arcuri è uno specchietto per le allodole. In 24 ore, la Arcuri è passata dallo status di “santa” a quello di “troia”. Premesso che di per sé il cambio repentino di giudizio è una pratica assai discutibile aprioristicamente, quello che c’era da dire sull’inopportunità di santificare l’attrice lo ha scritto, bene, Francesca Pucci come già sottolineato qui. C’è però anche dell’altro, che va molto al di là di qualche commento su Facebook che sentenzia la beatificazione o meno di una persona. E cioè l’esaltazione della normalità, della consuetudine rispetto all’eccezionalità. O per spiegarla in altre parole: l’eccezionalità diventa normalità e viceversa, al punto da indurre il Corriere della Sera – che pure è stato tra i pochi giornali con Fabrizio Roncone a sollevare sin da subito dei dubbi sull’affaire Arcuri – a pubblicare un articolo dall’astruso titolo: La splendida realtà delle ragazze normali
Queste giovani donne, che ossessivamente scrutiamo e commentiamo, rappresentano la maggioranza delle ragazze italiane? O comunque, pur in minoranza, costituiscono un'avanguardia dietro la quale «le altre» vorrebbero mettersi in coda? La «sexeconomics» all'italiana è davvero un'espressione di modernità? La risposta è no. La modernità di tante giovani italiane sta altrove. Sta nelle università dove le studentesse ottengono risultati sempre migliori; sta nei curricula che vengono presentati per un'assunzione dove si sommano esperienze all'estero, volontariato, aggiornamento costante delle proprie abilità; sta nella creatività delle mamme blogger che sanno costruire dal basso nuove comunità, solidali, capaci di compensare in parte i vuoti del welfare; sta nell'ottimismo delle mamme single, che siano di ritorno o di andata; sta nell'energia delle ventenni pronte a partire per una città straniera forti solo di sé; sta in chi si impegna per i diritti delle persone, nelle associazioni, che sono un modo nuovo di fare politica; sta nelle giovani immigrate, le più aperte all'integrazione. Sta nelle storie «normali» di tantissime donne che ogni giorno provano a «tenere insieme» professione, famiglia, se stesse. 

Queste parole sono oltremodo condivisibili proprio perché raccontano la quotidianità delle donne. Né donne “normali”, né eroine: semplicemente donne. Viene perciò spontaneo chiedersi se il megafono mediatico non produca più danni di quanto non faccia un sistema clientelare a dir poco deprimente. Ci si ritrova, insomma, a lambiccarsi, come nell’articolo citato, su cosa sia la normalità e cosa no a causa di un messaggio veicolato in maniera fuorviante nonostante le gentili concessioni di alcune a favore di altri non siano da considerarsi un fenomeno dei giorni nostri. Anzi. Stavolta, se ne sappiamo qualcosa in più, è perché evidentemente l’accortezza non è stata di casa (in un paese che non sia l’Italia le dimissioni del premier coinvolto in simili scenari sarebbero un atto dovuto). Se i giornali si limitassero a dare le notizie, neppure servirebbero riflessioni di questo tipo, dannose tanto quanto le pretestuose polemiche di chi, ad esempio, attribuisce impietosamente alla Arcuri la leadership del Pd per un giorno. Torniamo sulla Terra, male non ci farà.

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