Nel mio girovagare nel web ho trovato documentazione sviluppata attraverso un progetto denominato Diesis che viene gestito dal Formez per aggiornare i dipendenti della P.A..
Credo sia riservato a loro ma contiene analisi e approfondimenti molto utili a chi si occupa del sociale. Peraltro esiste anche una rete con la presenza della Lombardia e paesi sia di nuova entrata (es . Polonia) che storici come Inghilterra dove si confrontano varie esperienze e modalità di gestione del FSE per avviare microimprese, per dare lavoro agli svantaggiati e anche sul microcredito.
La rete si chiama BFSE è una rete di scambio formativo tra 7 Autorità di gestione del Fondo sociale europeo (FSE). I suoi membri sono la Polonia (leader), Fiandre, Repubblica Ceca, Svezia, Lombardia, Finlandia ,Inghilterra e Gibilterra.
Sito http://www.socialeconomy.pl/ (polacco).
Il documento è piuttosto lungo quindi lo posterò in 2 parti.
1 parte
Caratteristiche e dimensioni dell’economia sociale
L’economia sociale da area marginale e sussidiaria è divenuta negli ultimi anni un “settore” strutturato e in crescita, sia come valori economici sia come dipendenti e presenta grandi potenzialità. Sono circa 235.000 le organizzazioni non profit in Italia con 488.000 lavoratori e circa 4 milioni di volontari. Il volume delle entrate rappresenta circa il 4,3% del PIL (numeri ancora contenuti rispetto al 10% della Spagna) con in forte aumento nell’ultimo decennio .
Nell’economia sociale operano enti privati, quali associazioni e cooperative sociali di tipo A e B, patronati, fondazioni, pro-loco Ong, Onlus, organizzazioni di volontariato e associazione di promozione sociale, che perseguono finalità sociali e sono orientati alla produzione di beni e servizi di utilità sociale. Al loro interno vi sono organizzazione che svolgono prevalentemente funzioni produttive (cooperative e imprese sociali) o erogative (fondazioni) o organizzazioni di volontariato o associazioni di promozione sociale che promuovono tematiche di interesse civile e sociale e influenzano il comportamento dei cittadini rispetto a queste tematiche.
L’incremento delle funzioni produttive sono state facilitate anche da normative nazionali e regionali e al sempre più diffuso orientamento delle amministrazioni locali ad affidare risorse al Terzo settore per erogare servizi sociali e sanitari.
L’incremento del settore è avvenuto soprattutto negli anni precedenti alla crisi, ma è importane sottolineare che il suo dinamismo è dimostrato anche dai dati del periodo 2008-2010, nonostante la caduta dei contributi pubblici, compensati dall’aumento delle donazioni dei privati e dell’autofinanziamento. Le società non profit hanno continuato ad assumere anche quando la recessione ha prodotto impatti negativi sul mercato. Le cooperative sociali in particolare registrano numeri superiori alla media italiana per quanto riguarda l’impiego di donne e immigrati.
Il successo delle imprese sociali è legato dalla capacità di adattarsi alla domanda, ai costi inferiori rispetto al pubblico e al privato, alla maggiore motivazione interna rispetto al raggiungimento degli obiettivi e rappresentano un patrimonio di esperienze e di relazioni che non si deve disperdere, ma che genera esigenze conoscitive, di misurazione e di supporto che solo in parte sono state soddisfatte.
Terzo settore e welfare
Nell’ambito dell’inclusione sociale è necessario riconoscere che il Terzo settore concorre in modo proprio rispetto allo Stato e alle imprese profit al miglioramento della qualità delle vita dei singoli ed delle comunità nelle quali sono inserite le sue imprese, ricoprendo un ruolo strategico nei sistemi locali di welfare in una accezione più ampia di quanto tradizionalmente inteso e quindi non solo servizi socio-assistenziali, sanitari, previdenziali, ma culturali, educativi, ricreativi, ambientali e sportivi.
Nel concetto di welfare che si va affermando si esplica il principio di sussidiarietà orizzontale nell’ambito del quale si riconosce al Terzo settore la capacità di partecipare alla definizione delle scelte strategiche e di programmare gli interventi di pubblica utilità
Le organizzazioni del Terzo settore operano, a supporto delle PA con finalità rivolte all’intera collettività, assumendo un ruolo significativo nella programmazione e organizzazione locale del sistema dei servizi. In Italia il 75% dei servizi sociali dei Comuni sono affidati a imprese sociali.
E’ interessante anche il recente rapporto con il “privato”, dove le imprese sociali assumono un ruolo di supporto alle imprese profit nella gestione del welfare aziendale (asili nido, supporto ai figli e ai genitori anziani dei dipendenti, ecc.) e quindi nell’ esercizio della loro responsabilità sociale, con ricadute importanti sull’intero tessuto socio-economico del territorio.
Le esperienze delle Regioni Italiane sono molto variegate in relazione, ai diversi modelli organizzativi dei servizi pubblici locali, ma ovunque gli interventi socio-assistenziali sono affidati per la maggior parte ad organismi del privato sociale, in alcuni casi con la definizione di modalità di accreditamento specifiche che garantiscano la qualità dei servizi o con la costituzione di appositi Albi. A questi organismi viene garantita una forma di supporto attraverso azioni di sistema per il potenziamento delle reti di collegamento, di assistenza tecnica allo start-up di impresa e all’analisi delle struttura aziendali finalizzata alla modellizzazione delle caratteristiche dell’impresa sociale alla trasformazione di imprese profit in crisi in imprese-non profit, di formazione dei dipendenti e dei volontari, di facilitazione all’accesso al credito e al potenziamento delle risorse, di ricerca sulle caratteristiche del terso settore e sulla valutazione del valore aggiunto dell’impresa sociale.
Tavoli di concertazione e di programmazione con la presenza dei principali soggetti del Terzo Settore sono gli strumenti che favoriscono la partecipazione di questi soggetti alle scelte strategiche regionali per le politiche di inclusione sociale.