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La prima è il libro Confessioni di un sicario dell’economia di John Perkins. Dove l’autore ci descrive una realtà spaventosa, fin dalle prime pagine.Perkins racconta di aver fatto parte di “un’élite di persone (i sicari dell’economia, ndr) che utilizza le organizzazioni della finanza internazionale ( più avanti, nel libro l’autore cita esplicitamente anche della Banca Mondiale, ndr) per creare condizioni affinché gli altri paesi si sottomettano alla corporatocrazia che domina le nostre grandi aziende, il nostro governo e le nostre banche. Come i loro omologhi della mafia, i sicari dell’economia distribuiscono favori. Questi assumono la forma di prestiti per la costruzione di infrastrutture[…]. Una condizione di questi prestiti è che a costruire tutte le infrastrutture siano gli studi di progettazione e le imprese edili del nostro Paese (gli Stati Uniti, ndr). […]Sebbene il denaro venga consegnato quasi immediatamente alle aziende che fanno parte della corporatocrazia (il creditore), il Paese destinatario è obbligato a restituire l’intero capitale più gli interessi.[…] Proprio come fa la mafia, pretendiamo il risarcimento dovuto. Ciò comprende una o più delle seguenti condizioni: il controllo dei voti alle Nazioni Unite, l’installazione di basi militari o l’accesso di risorse preziose come il petrolio[…]”. La seconda è un post pubblicato da Perkins stesso sul suo blog su Il Fatto Quotidiano. Perkins, commentando la primavera araba, ipotizzava che si trattasse di una serie di movimenti il cui fine ultimo era quello di liberare i Paesi più poveri dal giogo delle banche e delle nazioni più forti economicamente. Ebbene, le intenzioni della Banca Mondiale e del Fondo monetario internazionale confermano una cosa: la corporatocrazia, come la chiama Perkins, vuole assoggettare anche il nuovo leader dell'Egitto. Da parte sua Morsi vuole quei soldi, anche se le sue nuove decisioni rischiano di far saltare tutto. E’ sempre la stessa storia, anche nell'Egitto, quello "libero". Cambiano solo le facce di chi è al potere: ieri c’era Mubarak, oggi c’è Morsi. Mi dispiace signor Perkins. Ma forse, dico forse, non è cambiato niente.
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