Venerdì mi è capitato sotto gli occhi un elenco cartaceo dei vitalizi erogati dallo Stato agli ex parlamentari.
Non é stato bello leggere che dopo appena 64 giorni di mandato parlamentare, c’é qualcuno (Toni Negri), che percepisce un vitalizio di oltre 3 mila € al mese.
Tra i pensionati ex parlamentari menzionati nell’elenco Toni Negri era il più povero. C’é gente che prende più di 8 mila € al mese (Vittorio Sgarbi) e gente che supera i 20 mila al mese (Prodi e Amato). Questi ultimi godono di altre pensioni che cumulate al vitalizio parlamentare raggiungono cifre iperboliche.
“La ricchezza è un valore” ha detto il premier Monti durante un’intervista televisiva.
Lo diceva già Adam Smith agli albori della nascita della scienza economica.
Da un punto di vista morale forse l’affermazione è discutibile ma dal punto di visto economico credo sia da condividere, soprattutto dopo il fallimento dei sistemi economici socialcomunisti del secolo scorso.
Ma quando questa ricchezza proviene dalle casse di uno Stato indebitato per una cifra superiore alla ricchezza che esso é capace di produrre annualmente, allora la ricchezza assume più i contorni di una vergogna che quelli di un valore socialmente apprezzabile.
Lo stesso Stato che paga pensioni da fame a gente che ha lavorato una vita; lo stesso Stato che vende all’asta, tramite il suo braccio esecutivo che corrisponde al nome di Equitalia s.p.A., la prima casa di contribuenti colpevoli di non essere riusciti a pagare, con quelle pensioni da fame, debiti erariali cresciuti a dismisura a causa di interessi e sovratasse che se applicati da soggetti privati porterebbero a una denuncia penale per pratiche usuraie (per inciso la responsabilità di cotanto agire non è di Equitalia s.p.A. e dei suoi dipendenti, ma dei parlamentari che hanno votato la legge istitutiva di un simile esattore, cinico e spreggiudicato; gli stessi parlamentari che hanno goduto o godranno di quei vitalizzi da nababbo di cui sopra).
Da studente e da insegnante ho sempre creduto nel rispetto e nell’osservanza dell’art. 53 della nostra Costituzione (i tributi si pagano in relazione alla ricchezza goduta).
Ben vengano quindi i controlli e le sanzioni della Guardia di Finanza contro i ricchi travisati da poveri che girano in Ferrari, veleggiano su yatch di lusso e volano su jet privati.
Era ora. Ma speriamo che non sia il solito fuoco di paglia e che lo Stato la smetta finalmente di essere leone con i conigli e coniglio con i ricchi come ha fatto sino a ieri.
E speriamo anche che lo Stato la pianti di vedere nei contribuenti nemici, ladri e disonesti da perseguire e da spremere in maniera cieca e incondizionata, senza l’applicazione, nei procedimenti di riscossione, di quei criteri di umanità e ponderazione che fanno prevalere le condizioni umane sui numeri e senza dei quali l’attività di riscossione dei tributi rischia di divenire un massacro sociale.
Bisogna forse torrnare ai vecchi dazieri per avere uun fisco dal volto umano?