Cos’è che costituisce la maglia della vita mentale?
Cos’è che definisce chi siamo ai nostri occhi e a quelli delle persone che frequentiamo?
Cos’è che rappresenta la nostra essenza personale?
Cos’è che decide come reagiamo agli eventi, le nostre sfumature e i nostri colori, cioè l’arcobaleno della nostra vita?
Che può essere se non l’altro sistema di conoscenza, quello chiamato mente emozionale, impulsiva e potente e che il più delle volte si presenta in modo illogico a tal punto da rimanere sconcertante alla stessa mente razionale?
Ripeto le ultime righe del precedente articolo: il punto è proprio questo, si possiede un sistema emotivo purtroppo che non si è sviluppato adeguatamente per interagire con la realtà d’oggi.
Purtroppo l’evoluzione emotiva si è dimostrata più lenta rispetto allo sviluppo legato alla tecnologia e alla civilizzazione. Le emozioni non si sono adeguate al nuovo ambiente ricco di stimoli diversi da quelli atavici che le hanno prodotte. Il processo dell’evoluzione genetica dell’emozione è un processo lento che oggi il più delle volte si dimostra paradossalmente inadattivo.
L’ambiente non è più quello di una volta, mentre il nostro sistema emotivo lo è. Per cui quest’ultimo si attiva molto facilmente, e quello che è più sconveniente, è che si attiva anche per generalizzazione e per somiglianza a quegli stimoli che l’hanno prodotto.
Infatti, la maggior parte delle paure avvengono di fronte a stimoli che di per se stessi sono neutri, ma che assumono significatività se si sono presentati in contiguità con uno stimolo incondizionato adattivo di paura, essi dunque si condizionano suscitando da quel momento paura o ancor peggio, c’indurranno facilmente dell’ansia fobica.
Per esempio: immaginate di trovarvi ancora oggi con delle paure irrazionali verso alcuni specifici eventi, i quali per altre persone sono invece del tutto normali. Supponiamo che il motivo della vostra fobia possa essere dovuto ad un’educazione patologica, che vi ha costretto a vivere, da piccoli, l’emozione della paura ripetute volte. E questo perché vostro padre vi riprendeva e giudicava con superficialità ogni vostro operare talmente inadeguato ed inopportuno che spesso vi puniva anche con sculacciate, la risposta adattiva che avete provato è stata ovviamente la paura…
Cosa è successo esattamente?
Avete probabilmente vissuto una minaccia al vostro Io fisico, nonché psicologico, la risposta naturale era quindi la paura, ed essendo piccoli e non potendo fare altro, il discorso a riguardo rimane ovviamente molto complesso, ma ciò che a noi interessa per il nostro studio, è semplicemente la generalizzazione della paura a tutto il contesto o a parte di esso.
Di solito in questi casi accade che si sviluppa fobia non solo per l’evento attivante, ma anche per altri elementi che circoscrivono l’evento. Infatti, in questa esperienza, si è creato un legame tra la risposta naturale della paura condizionandola ad uno o più stimoli neutri presenti in quei momenti, oltre naturalmente alla persona di vostro padre: per esempio, a un tipo di atteggiamento, a un tipo di espressione facciale, eventualmente anche al luogo dove la misfatta avveniva ecc.
Il punto è che tali condizionamenti, in altre parole i primari schemi cognitivi, rappresentando la conoscenza iniziale, vi si ripropongono con estrema facilità nell’età adulta poiché vissuti con forte intensità e/o per ripetute volte. Infatti, oggi sentite ansia di fronte a stimoli neutri che hanno una qualche relazione o somiglianza con lo stimolo primordiale, per esempio:
- una stanza che ricordi in qualche modo quella originaria;
- altre persone che vi fanno tornare in mente quella di vostro padre;
- un atteggiamento particolarmente rievocativo ecc., ecc.
Un esempio esaustivo anche se banale è la fobia dei cani: se avete vissuto una situazione spiacevole con un cane quando eravate piccoli è facilmente possibile che tale realtà si ribalti permanendo nell’età adulta, attraverso l’induzione di una fobia generalizzata a tutti i cani.
Con simili esperienze, quindi, vi potreste trovare a riprovare ansia appena costatate la presenza di uno stimolo simile a quello originario che vi aveva indotto la reazione di paura.
Il condizionamento produce schemi di risposta emotiva di adattamento che vengono riattivati, come già detto, per contiguità a stimoli incondizionati simili a quelli originari.
Ora risulta naturale una domanda:
- perché ci troviamo a vivere tali emozioni il più delle volte con spiacevolezza, inopportunità ed esagerazione?
Il perché ve lo svelo subito, riguarda proprio il fatto che utilizziamo un apparato emotivo ancestrale per fronteggiare dilemmi postmoderni.
Per spiegare meglio tale concetto, uso le emozioni più spiacevoli, quelle che gestiscono l’emergenza dovuta a situazioni di lotta o di fuga.
Nel caso delle emozioni di paura, e di collera, che sono reazioni condizionate di ansia. Qualsiasi stimolo neutrale, come nell’esempio precedente, che colpisca un individuo all’incirca nel momento in cui sia evocata una reazione innata di paura (una di quelle di cui ho parlato precedentemente, vale a dire quelle utili a gestire in tempo reale le emergenze della vita) acquista il potere di evocarla.
Se la paura insorta nella situazione originaria è molto intensa, o se il condizionamento si è ripetuto per un buon numero di volte, la paura condizionata si stabilizzerà instaurando nella persona una paura nevrotica (dico nevrotica perché non più consona al contesto attuale, e che produce immobilizzazione e mancanza d’energia). In tal situazioni la risposta di paura ha una forte probabilità che possa estendersi, costituendo la reazione più veloce di fronte a stimoli che si avvicinano per caratteristiche allo stimolo condizionato.
Di fronte a questa realtà appare dunque chiaro, che la loro facile insorgenza di fronte ad una moltitudine di situazioni emotivamente stimolanti, rappresenta un grosso inconveniente.
L’incremento del battito cardiaco o della sudorazione per esempio, avviene anche per stimoli emotivi modesti e profondamente differenti con la minaccia e l’aggressione tipiche risposte d’adattamento. Ne consegue che queste reazioni condizionate si attivano, anche con variazioni dell’ambiente che ci impegnano anche se solo leggermente, cioè situazioni dove la nostra capacità previsionale è ridotta al minimo o erronea o addirittura mancante (per es. un incontro con una persona che abbiamo giudicato importante o che non conosciamo affatto; un ambiente di cui non possediamo nessuna conoscenza; in concomitanza di un semplice esame ecc., ecc.).
La subitaneità, la mancanza del controllo razionale e volontario, fanno sicché, queste risposte adattive, siano purtroppo il più delle volte inopportune e malaccorte.
Questa rapidità è essenziale osservandola dal punto di vista adattivo, perché consente di reagire subitaneamente evitando di perdere tempo in inutili elaborazioni razionali, ma diventa ripeto, superflua o addirittura fastidiosa nei casi ove ciò non serve più.