L’arguto paladino della libertà auricolare in salsa piddina ha posta un video in cui si vede una coppia di rom cantare e suonare ”Mamma son tanto felice perché ritorno da te”. Un’indecenza che lui commenta così: “No, guardate questo… ecco dove siamo arrivati a Roma… nemmeno nello Schifistan si vede una cosa del genere”. Piccolo particolare: il video è stato postato da un collettivo xenofobo del quartiere Esquilino che da anni denuncia “ondata cinese e immigrazione”.
Ovviamente la reazione dei suoi contatti non si è fatta attendere, ben divisa tra chi lo sbeffeggiava per essersi accorto ora di un fenomeno che va avanti da tanti anni e che riguarda moltissime città europee e chi tentava di fargli capire che forse i problemi del trasporto pubblico sono altri.
Ma l’aspirante sceriffo acustico non accetta le critiche e spiega che suonare in metro è un grande gesto di maleducazione in quanto “sei costretto ad ascoltare e ad interrompere quello che stavi facendo. Naturalmente dopo aver pagato il biglietto”. Già, che cosa grave essere interrotti da chi pur di ricevere qualche moneta decide di usare le capacità che ha.
In genere sorvolo sui post dei politici perché sono noiosissimi, ma questo mi ha molto incuriosito. Inizialmente perché la goffa denuncia dimostra che il signore in questione non ha mai avuto a che fare realmente con i mezzi di trasporto pubblico (e infatti qualcuno ha commentato: “Gianlu’, se vede proprio che viaggi in auto blu”).
Poi però guardando il video mi sono concentrato su un’altra questione. Io quel suonatore di violino lo conosco. Dopo averlo visto tante volte sulla metropolitana, l’ho conosciuto qualche mese fa nella stazione di San Paolo. Stavo girando dei video per un’inchiesta sugli artisti di strada romani. Mi ha raccontato di come con la crisi sempre meno persone gli lascino un’offerta. Con lui c’erano sudamericani, africani, serbi e bulgari.
E vedendo il video degli xenofobi postato da Santilli ho pensato a una scena che in quell’occasione mi aveva toccato profondamente. Alcuni controllori dell’Atac, l’azienda che gestisce i trasposti pubblici romani, avevano fermato un musicista colombiano mentre suonava in metropolitana. Ero pronto a filmare il momento della multa. Ma con mia grande sorpresa uno dei controllori ha preso la chitarra del musicista e ha iniziato a strimpellarla, chiedendo a quest’ultimo di accompagnarlo con la voce in una versione molto delicata di “Quizas, quizas, quizas”. Finita la performance, a cui stavano assistendo anche molti passeggeri evidentemente divertiti, il controllore ha restituito la chitarra e ci ha salutati con un “alla prossima”.
Ecco, caro Santilli, l’ennesima conferma, e purtroppo non ne sentivamo il bisogno, che i partiti e i loro rappresentanti sono lontani anni luce dalla vita reale. Che è fatta di difficoltà, di sofferenze e anche di musicisti rom non proprio intonati. Il cui tentativo di arrivare a fine giornata impegnandosi in qualcosa va premiato e non deriso su Facebook.
Ah, caro Santilli, un’ultima cosa: se prendesse la metropolitana, si accorgerebbe che alcune volte ci sono dei bimbi costretti ad andare su e giù per i vagoni con un bicchiere del Mac a chiedere spiccioli. Cosa ben più grave di qualche nota sbagliata e amplificata.
Da Frontierenews