Da sempre gli uomini hanno provato, di fronte al fascino del risveglio della natura, una sensazione di stupore e di ottimismo. L’universo animale e vegetale partecipa a questa condizione di rinascita e per celebrarla, da sempre, il cambio di stagione è coinciso con i rituali che gli uomini si sono inventati, per accogliere la fine del loro periodo di incertezza e di stenti. Gli studiosi di storia economica definiscono questa fase di transizione, congiuntura e indicano così il superamento della rigidità dei tempi difficili che seguono o accompagnano il periodo dei raccolti. Chi supera questo momento di difficoltà è fuori dalla congiuntura, chi non lo supera ne può anche soccombere.
Durante la civiltà contadina le difficoltà c’erano sempre, ma nelle annate di carestia o quando i tempi erano più difficili per lo scarso raccolto, la congiuntura aveva un andamento stagionale. Di solito, passato l’inverno, se ne era fuori e tutto un mondo consolidato di detti e proverbi ne sanciva il vittorioso superamento. Era anche la vittoria sulla notte dei tempi invernali lunghi, l’affermazione della primavera con i suoi riti inconsapevoli: il carnevale e il testamento del “nannu”, le luminarie di San Giuseppe, la fine della quaresima e la pasqua di resurrezione che introducevano il risveglio di aprile. Anche astronomicamente giorno e notte si equilibravano e mondo ed universo umano sembravano avere riconquistato la loro organicità cosmica.