Di Mario Marrandino. Molti ci sperano, ma sicuramente non negli stessi termini: la marijuana potrà essere coltivata. Attenzione però, perché a coltivarla sarà l’esercito, inaspettatamente, e ovviamente sarà utilizzabile unicamente per scopi terapeutici. Che questo sia un deciso passo avanti per la legalizzazione delle droghe leggere non vi è dubbio, ma siamo ancora ben lontani dal fare dell’Italia una novella Amsterdam. Nel mentre guardiamo la tanto progredita Europa con un cenno di sufficienza e per ora sbandieriamo questa piccola (apprezzabile o meno dai più) conquista.
L’ok è stato dato dal ministro alla Difesa Pinotti e da quello alla Salute Lorenzin, e La Stampa ha parlato approfonditamente della faccenda, sottolineando, nello specifico, che la produzione di marijuana servirà alla creazione di farmaci cannabinoidi: si suppone che già dal 2015, questa tipologia di farmaci sarà disponibile nelle farmacie italiane e, nonostante i profondi timori di conflitti su larga scala politica e pubblica, la questione è andata in porto più liscia del previsto. Lorenzin ha sempre sottolineato che “dal punto di vista farmacologico, non ci sono problemi all’uso terapeutico della cannabis: nessuno mette in dubbio gli effetti benefici, ma va trattato come un farmaco”. È una droga leggera che deve essere utilizzata a mo’ di farmaco, non si parla di canne, spinelli e quant’altro, ma di una produzione specifica, capillare e controllata, effettuata addirittura in una struttura militare. Boom di iscrizioni per l’arma? Chissà!
Bisogna specificare però che, ovviamente, nonostante questa eccezione, come detto precedentemente, siamo ancora ben lontani dalla depenalizzazione e dall’utilizzo della marijuana pura e fine a se stessa. Si parla, infatti, di elaborarla e di usarne i principi base per la produzione di farmaci, non vedremo mai, per ora, né ceppi, né foglie, né gambi, né tanto meno confezioni colorate e già allucinogene di loro in alcun modo. Sfruttando le potenzialità curative e lenitive per scopi terapeutici si potrà lenire il dolore nei pazienti oncologici o affetti da HIV e inoltre potrà essere impiegata nel trattamento di pazienti malati di sclerosi multipla, sla e glaucoma.
La Stampa, nel mentre, si è profondamente attivata in merito alla questione della depenalizzazione, tra pro e contro. A parlare oggi è di Umberto Ambrosoli (Pd), che ha semplicemente lasciato un suo pensiero, intitolato “Depenalizziamo la marijuana“: “Bisogna riconoscere che, a distanza di quasi un decennio dalla Legge 49 del 2006, la politica proibizionista non è riuscita né ad arginare, né a sviluppare un contrasto adeguato: sia nei confronti del consumo, sia nei confronti della produzione che del traffico illecito. (…) Credo, infatti, che un’attivazione di Regioni importanti come la Lombardia o il Piemonte del nuovo presidente Chiamparino, potrebbe favorire l’aggiornamento della nostra legislazione nazionale: si tratta di un fatto etico, ma è anche un fatto, soprattutto in Lombardia, di modernizzazione sociale. Etico nel senso che una norma che non funziona (cioè non raggiunge il fine di tutela della salute e della sicurezza) richiede di essere rivista. Di modernizzazione sociale perché politiche e strumenti che aumentino consapevolezza e conoscenza tra i giovani, stimolino campagne di dissuasione al consumo, garantiscano un maggiore controllo nell’ambito dell’abuso delle sostanze stupefacenti, possono essere forse oramai considerati più efficaci di qualsiasi politica repressiva sia nel superamento della dipendenza, sia nel contrasto alla criminalità organizzata”.