Prima di andare negli Stati Uniti e vincere due Oscar, Micheal Curtiz aveva conosciuto il successo in Ungheria. Tra i suoi primi lungometraggi troviamo A Tolonc, presentato al Cinema Ritrovato per la prima volta in Italia. Devo ammettere che questo film mi è piaciuto più delle aspettative e mi ha riportato alla mente alcune delle opere del mio amato Victor Sjöström, questo perché il regista è molto attento all’elemento naturalistico così come a quello dei costumi locali.
Liszka (Lili Berky) scopre alla morte del padre, di essere stata adottata. Il suo vero padre era un uomo violento e la madre (Mari Jászai) è finita in prigione (per averlo ucciso?) ed egli non è in grado di dire se sia ancora viva o meno. Liszka lascia il suo paese natale e va in città in cerca di lavoro. Viene assunta come domestica da Kontráné (Mariska Simon), sposatasi in seconde nozze con un inguaribile farfallone (Gyula Nagy?). Dal suo primo matrimonio la signora ha avuto Miklós (Várkonyi Mihály), un bel ragazzo che si innamora subito, ricambiato, di Liszka.La situazione idilliaca ambia all’improvviso: Il patrigno di Miklós importuna la ragazza proprio quando Kontráné fa il suo ingresso in scena. Per scusarsi l’uomo accusa lei di aver fatto il primo passo. In tutta risposta Kontráné decide di riportare al suo paese natale Liszka per farla giudicare lì (dovrebbe essere un’usanza locale fino agli inizi del ‘900). Chiude così la ragazza in casa e va alla ricerca dello sceriffo locale. Interviene Miklós che sfonda la porta e libera la sua amata con la quale si allontana per parlare della situazione. Proprio in quel momento un vagabondo locale (István Szentgyörgyi?) entra in casa e ruba tutte le cose di valore. Tornata a casa Kontráné accusa la domestica del furto, e lo stesso Miklos è incerto se credere o meno all’accusa. La ragazza viene portata quindi indietro a casa, la segue il vagabondo ansioso di andarsene dal luogo del furto. Qui si è stabilità da tempo la madre, ormai uscita di prigione, che non sogna altro se non di rivedere la figlia. Nei concitati minuti successivi madre e figlia si ricongiungono, ma solo per un attimo: Liszka ha avvelenato il suo vino per uccidersi, sentendosi umiliata dall’accusa, e quando scopre di aver ritrovato la madre sviene. Questa per rifocillarla le fa bere qualche goccio di vino avvelenato e poi lo beve a sua volta, morendo. Liszka riperde i sensi ma non prima di essersi riconciliata con l’amato, sopraggiunto per stare con lei, dopo aver smascherato il vagabondo che, ubriaco, ostenta il suo bottino. Chiarito l’equivoco i due innamorati possono sposarsi e vivere felici e contenti.
Racconto la trama per intero perché questa è probabilmente l’unica recensione che ne parla. Mi scuso per altro per le incertezza sull’attribuzione di due personaggi, ma è difficile comprendere dal catalogo chi sia chi. Le immagini presenti in rete non aiutano affatto. Ovviamente se qualcuno vuole fare correzioni è il benvenuto. A Tolonc è stato presentato per la prima volta lo scorso anno a Budapest e se bene stia girando per il mondo, sono poche le occasioni per vederlo e poche di capire di cosa parla. Lo stesso Maestro Antonio Coppola, da me sentito prima della proiezione, non sapeva cosa aspettarsi dalla visione. Il catalogo del Cinema Ritrovato non aiutava più di tanto. Forse proprio questo alone di mistero ha reso più piacevole la scoperta del film che fino ad oggi credo sia la migliore scoperta del festival per quanto riguarda il cinema muto. I momenti drammatici e quelli comici sono sapientemente alternati, gli attori, quasi tutti affermati a livelllo teatrale, fanno registrare un’ottima interpretazione. Questo unito all’attenzione con la natura e la tradizione locale già citata a inizio articolo. Film davvero molto bello che mi ha fatto maturare la scelta di esplorare il cinema muto ungherese di cui sinceramente conosco davvero poco. Non sia mai che questo sia l’inizio per un futuro progetto tematico.Per ulteriori informazioni leggere l’articolo su cinefilia ritrovata