Il ragazzo sta diventando uomo. Quante volte lo si sente dire, magari anche a sproposito. Nel caso di Andre Drummond, invece, non potrebbe esistere una definizione più calzante. L’evoluzione e la maturazione del ragazzo di Mount Vernon (cittadina vicina al Bronx che ha dato i natali anche a Denzel Washington), sono sotto gli occhi di tutti. Un processo di crescita così repentino quanto strabiliante, che sta stupendo sera dopo sera tutti gli addetti ai lavori. Sbarcato nella NBA con la nona chiamata del Draft 2012 a soli 19 anni, Drummond, dopo un solo anno a UConn era visto con scetticismo dagli esperti, che lo avevano più o meno classificato come il solito “lungagnone” con gran fisico e poca tecnica. L’anno da rookie del centro di Detroit è comunque buono, i 7.9 punti di media e i 7.6 rimbalzi con i quali chiude l’annata sono un buon bottino per un diamante grezzo come lui e gli valgono l’inclusione nel secondo quintetto dei rookies.
L’anno nuovo inizia col botto. Maurice Cheeks lo schiera regolarmente in quintetto (l’anno precedente solo 10 partenze in 60 partite) e Drummond ripaga l’allenatore con 21 doppie-doppie nelle 30 partite fino a qui disputate e nelle quali Andre è sempre partito titolare. Le medie si alzano notevolmente rispetto all’anno da rookie passando da 7.9 a 13.2 ppg, da 7.6 a 12.5 rpg (doppia-doppia di media) tirando con il 62.2% dal campo.
Questa la sua “facile” mappa di tiro:
Durante questi due mesi, inoltre, Drummond ha fornito prestazioni davvero importanti come i 16 punti e 16 rimbalzi tirando un irreale 88.9% dal campo nella sconfitta a Portland e, soprattutto, i 31 punti, 19 rimbalzi e 6 rubate con l’80% dal campo nella vittoria dei suoi Pistons contro Philadelphia. Per capire la portata di questi numeri, dal 1974 ad oggi solo Charles Barkley era riuscito a chiudere una partita con più di 30 punti, 18 rimbalzi e 5 rubate tirando l’80% dal campo.
Il salto di qualità dell’ex Connecticut è stato davvero impressionante, e in molti sostengono che dietro all’esplosione del centro dei Pistons vi sia Rasheed Wallace, che nella sua nuova veste di assistente allenatore ha preso sotto la propria ala protettiva l’ex Huskie. Drummond non è perfetto, ci mancherebbe, e il desolante 37.1% in carriera ai tiri liberi è lì a dimostrarlo. Proprio la lunetta è il vero punto debole del centro di Detroit, che più di una volta è stato vittima del famigerato fallo intenzionale in questo primo scorcio di stagione. Il fatto poi, che Detroit abbia un sistema atipico per la NBA di oggi, ovvero quello di cercare il post mentre tutti cercano di aprire il campo con conclusioni dall’arco, favorisce senza dubbio un uomo d’area come Drummond e i suoi compagni di reparto Monroe e Josh Smith. I Pistons sono infatti penultimi nella percentuale di tiro da tre davanti ai soli Bobcats, e il perché di un così scarso impiego del nostro Datome proprio non si capisce. Questa però è un’altra storia.
La storia che abbiamo raccontato oggi è invece quella di un ventenne che sta piano piano scalando i vertici della Lega, che appare regolarmente negli highlights giornalieri grazie alle sue poderose schiacciate e che ha il futuro tutto dalla sua parte. Ancora qualche piccolo accorgimento e il ragazzo Andre lascerà definitivamente spazio all’uomo Drummond.