Se il tempo sia ciclico o lineare è questione che ha appassionato molto i filosofi nel corso dei secoli. Per i greci, ad esempio, non c’era dubbio: l’estate e l’inverno, la pioggia ed il sole, la vita e la morte cadenzavano con tutta evidenza un ritmo che si ripeteva sempre uguale, facendo ogni volta ritorno al punto da cui era partito. Ma per i pensatori cristiani ed, in seguito, i filosofi dell’età moderna le cose sono alquanto cambiate. Per loro, infatti, il tempo è una linea retta in cui il presente è il trampolino di lancio che separa il passato dal futuro, e cioè il già visto dal mai visto. Naturalmente qualcuno ha cercato di venir fuori da questa dualità. C’è stato Vico, per esempio, che ha immaginato lo scorrere del tempo come un cammino caratterizzato dai “corsi e ricorsi storici” dando il “la” ad Hegel per dire che “l’andare avanti è un tornare indietro fondante”. Ma, insomma, tutto sommato possiamo dire che ancora oggi ci troviamo nella stessa condizione di Sant’Agostino, che se diceva di sapere cos’è il tempo a condizione di non doverlo spiegare a nessuno.
E certo, non è mia intenzione mettermi qui a risolvere la questione. Anche perché, sì, mi sono appena laureato, ma dubito che mi basti il titolo di “dottore magistrale in filologia moderna” per rispondere a quesiti sui quali nemmeno Aristotele ha potuto dare una parola definitiva. Dirò piuttosto agli amici del BarFrankie che mi fa piacere potergli comunicare che, finalmente, sono un disoccupato senza più la scusa di dover studiare. E mi fa piacere perché in questi mesi – che sono stati faticosissimi, vi assicuro – questo luogo di ritrovo virtuale mi ha dato modo di condividere passioni ed interessi, restituendomi un po’ di quell’entusiasmo che le prospettive di “sistemazione” futura tolgono a me e a quasi tutti i miei coetanei. Non è, dunque, per un fatto di vanagloria che vi rendo partecipi di questo momento della mia vita (anche perché c’è ben poco di che essere vanagloriosi), ma perché le bevande offerteci da Frankie, in questi mesi, mi hanno dato modo di pensare che le passioni, gli interessi e l’impegno, talvolta, possono avere un senso. Grazie a tutti. Ma non dimentico nemmeno che questo è un blog sportivo, e che dunque parlarvi della mia laurea prescindendo dal mondo dell’agonismo sarebbe davvero un esercizio di vanità personale. E, dunque, ve ne parlerò facendo riferimento a Francesco Totti. Del quale, giustamente, si sta molto parlando, negli ultimi tempi.
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Il tempo, dicevamo. Circolare? Lineare? “Corsi e ricorsi”? Non sappiamo. Quel che sappiamo (o, almeno, quel che ci pare più evidente) è che il tempo si muove secondo dinamiche dominate dalla logica della continuità e della discontinuità. Cioè: alcune cose reggono meglio al suo esame. Altre cose, invece, deperiscono prima e spariscono più rapidamente. La corruzione in Italia, ad esempio, regge davvero bene all’esame del tempo. Viceversa i Peppino Impastato, i Giovanni Falcone e i Paolo Borsellino sono stati portati via come un ingombro. E ci pensiamo a “Pubblico giornale” o a Zdenek Zeman? Pure con loro il tempo è stato davvero severissimo, mentre si è mostrato decisamente più clemente con altre iniziative ed altri personaggi. Ma talvolta la continuità del tempo non lascia a galla solo ciò che farebbe bene a spazzare via. Talvolta rimane anche Francesco Totti, che in un certo senso pare averlo fermato, il tempo. Esordì in Serie A il 28 marzo del 1993 – vent’anni meno dieci giorni prima della mia laurea, avvenuta il 18 di questo mese – ed ancora oggi calca i campi da gioco della massima serie italiana. E non lo fa come il vecchio leone in via di esaurimento, ma al contrario come il veterano che, quasi per un prodigio, mostra di avere le virtù di un giovane sommate all’esperienza maturata negli anni.
Non credo, infatti, che se Carlo Mazzone dicesse ancora oggi quel che disse nel 1995 (“Questo ragazzo è un talento purissimo”) qualcuno potrebbe dire che le cose sono cambiate. E nemmeno penso che possano suscitare polemiche – una volta tanto – le parole spese oggi da Zeman su di lui, secondo le quali “Totti è semplicemente il calcio, un simbolo che diventa leggenda”. Certo: questo non vuol dire che la sua straordinaria carriera ed il suo eterno presente possano sostituire le molte altre cose che il tempo ci ha tolto. Però è un pur piccolo segnale del fatto che, forse, la continuità non è assicurata solo dal permanere di ciò che dovrebbe volatilizzarsi, ma talvolta anche dalla perdurante vitalità di ciò che è sperabile rimanga in piedi.