Era venerdi' pomeriggio per me, stavo riportando le bimbe a casa dall'asilo.
Tra dieci anni me lo ricordero' come oggi mi ricordo dov'ero nel momento delle Torri Gemelle: ferma al semaforo tra Greenbriar e Holocomb, l'auto un po' inclinata perche' la gomma a destra ferma nel solito fosso di asfalto che mai ripareranno. Sbilenca appesa al volante con la destra e col cellulare in mano nella sinistra, avro' sempre questa immagine di me mentre leggo le parole di Anna che annunciano il terrore.
Incredibile, impossibile, atroce.
Vero.
Tornate a casa, le bimbe hanno giocato tra loro e visto cartoni su cartoni, prendendo dal frigo e facendosi pic nic.
Io ero imbambolata tra il telefono e il computer su cui scorrevano le notizie e soprattutto cercavo di contattare le persone che conosco a Parigi.
Un piccolo sollievo sapere che queste persone che conosco stavano bene.
Un enorme dispiacere per le vittime, i loro parenti, i loro amici.
Un enorme dispiacere per me stessa, perche' mi sento ferita e oltraggiata nella mia libera autodeterminazione.
Mi sento come se fossero arrivati i ladri e avessero fracassato tutto cio' che amo in casa mia, mentre io sono qua a migliaia di kilometri di distanza.
Parigi, la Francia, rappresentano per me un luogo non solo geografico ma anche mentale: la summa di tantissime idee, valori, abitudini, consuetudini che ho ereditato, scelto e fatto mie nel corso degli ultimi 36 anni. Quello che io e mio marito definiamo the european way quando parliamo tra noi, perche' per noi l'Europa e' casa, e' radice, e' dove apparteniamo, e' l'acqua nella quale siamo pesci.
Mi sento ancora piu' isolata qua, adesso.
Sabato mattina la newsletter dell HuffPo titolava insieme agli attacchi in Francia che a Baltimora solo questi ultimi 11 mesi, 300 omicidi.
Questi, che sono i nostri piu' equipaggiati alleati d'occidente, s'ammazzano a casa loro a centinaia ogni anno in decine di citta' con la scusa del diritto costituzionalmente garantito a possedere armi. Ben piu' vittime tra loro che vittime per terrorismo.
Vittime di loro stessi.
Sono i nostri alleati ma la loro mentalita' e' per tanti versi assai piu' vicina a quella di chi ha voluto punire, con gli attacchi a luoghi di divertimento, in modo esemplare la nostra mentalita' che include senza vergogna ne' puritanesimo la gioia di vivere declinata in liberta'.
Sembriamo fessi perche' crediamo nella libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali.
Sembriamo fessi perche' da quando e' finita la seconda guerra mondiale ci proviamo davvero a integrare decine e decine di popoli caratterizzati da storie, lingua, mentalita', mezzi economici differenti, pur con tanti errori, ci proviamo, lo facciamo.
Soprattutto noi cittadini, che intanto che i politici fanno decreti e direttive, viaggiamo, ci innamoriamo, ci sposiamo e facciamo bambini multilingue, multinazionali, multicuore.
Europei.
Da migliorare c'e' tanto, ma intanto siamo pur sempre uno dei posti migliori dove vivere su questo pianeta in quanto a diritti umani.
Tutti i morti prima di noi non sono morti invano: il messaggio l'abbiamo capito e implementato anche se ancora ci sono tante realta' brutte, bruttissime, da guarire sul nostro stesso continente.
Ma non sono morti invano.
Noi europei siamo debosciati perche' la sera dopo aver lavorato a casa o in ufficio o altrove usciamo alle nove per andare a cena con i nostri amici o con la nostra famiglia, persino coi bambini nel passeggino e ci mettiamo tranquillamente in mano un bicchiere di vino senza dover far vedere la carta d'identita' a nessuno, ci baciamo in pubblico,e se domenica salteremo la Messa non ci sentiremo in colpa perche' abbiamo lavorato tutta la settimana e abbiamo fatto tardi la sera prima con le persone a cui vogliamo bene, e tutto questo e' rispetto e celebrazione della vita che ci e' concessa. Sfruttiamo i nostri talenti, condividiamo amore con il nostro prossimo. Se poi non ci presentiamo all'appello dal prete, Dio comunque lo sa che ci stiamo rispettando la vita che ci ha concesso.
Si puo' anche dire che siamo troppo flessibili, che pieghiamo le cose a nostro piacimento.
Forse e' cosi', dipende dai punti di vista.
Ma di fatto la maggioranza di noi non pensa sia normale che si possa andare in giro armati ne' si possa fare del male al prossimo in nome di una religione.
Quando ero piccola ricordo di aver pensato qualche volta che sarebbe stato bello che a scuola non ci dessero sempre dei libri cosi' tristi da leggere: da Anna Frank alla Ragazza di Bube, da Se questo e' un uomo a I ventitre' giorni di Alba.
Lager e Resistenza, morti di religione, morti di guerra, tutti morti nostri, sulla nostra terra.
Per tredici anni di istruzione elementare e superiore.
Adesso mi rendo conto che e' anche grazie a tutti quei libri che sistematicamente cosi' tanti di noi europei abbiamo dovuto leggere a scuola, che per cosi' tanti di noi la differenza tra il male e il bene, l'inescusabilita' della violenza, il rispetto per la vita di tutti, aldila' dell'etnia e della religione, e' ovvia.
Non riesco a trovare un filo preciso di tutto questo fervore dentro di me.
Sto scrivendo ad alta voce.
So solo che amo l'Europa come se fosse una persona vera, fisica, da abbracciare in questo momento. Come se fosse il mio babbo.
Mia madre questo sabato ha dipinto meglio di quanto io possa scrivere.
L'arte figurativa e' davvero una grazia per liberare le emozioni.
In questo momento di tragedia collettiva, alcune persone a me vicine stanno vivendo tragedie familiari. Un dolore amplifica l'altro.
Valeria ha perso la cognata, mancata nel deragliamento del Tgv Parigi - Strasburgo
Simona ha perso lo zio, per lo stesso male che ha portato via il mio babbo.
E in tutto questo pero', sorridono Leon, Elenoire, Giordano, Luigi e tantissimi altri bambini.
Ai quali oggi si aggiungono Valerio e Riccardo: benvenuti piccoli, vi auguro di essere amati tantissimo!