Magazine Diario personale

L’Expo dei nuovi mostri

Creato il 08 luglio 2013 da Albertocapece

expoAnna Lombroso per il Simplicissimus

Siete caldi? Siete carichi? Siete entusiasti? Siete eccitati? Le radiose visioni di Letta e i vibranti moniti di Napolitano vi hanno galvanizzati? Anche voi volete partecipare della nuova Belle Epoque tramite Expo? Anche voi vi siete convinti le magnifiche sorti e progressive del Paese verranno magicamente promosse dalla pomposa ostensione della prosperità, della creatività, dell’ingegno degli italiani, popolo di navigatori  e di poeti?

Se dovessimo guardare alle grandi esposizioni del passato sorge il dubbio che le Expo siano delle poderose macchine di propaganda si, ma anche di incoraggiamento della sfiga, se le belles epoques sono sfociate irreparabilmente e ineluttabilmente in sanguinose macellerie belliche, se grandioso progresso  e  mirabile modernità hanno prodotto più inique disuguaglianze, se il fascino indiscreto delle grandi borghesie ha aperto la strada a mostruose tirannidi e spietati autoritarismi, se dietro alle facciate sfarzose e alle torri d’acciaio e di cristallo si immortalavano  scellerate miserie.

C’è superstizione e superstizione, quella di chi guarda al passato temendo il presente e quella di chi vi si aggrappa sperando in qualche prodigiosa ripetizione di miracoli economici, auspicando profittevoli investimenti catalizzati tramite festose kermesse e “occasioni straordinarie”. Così con lo slogan “nutrire il pianeta, energia per la vita”, come se non avessimo nutrito a sufficienza il pianeta di veleni, guerre, violenze e sopraffazioni, fumi e dolore, un governo restio a razzolare, sia pure male, predica l’affabulazione visionaria di un outlet muscolare dell’Italia, dell’esibizione illusoria di operose fabbriche che ormai non producono nulla o che vengono traslocate fuori confine, di ingegnosità tecnologica da anni confinata in un frustrato volontarismo, di creatività e cultura d’impresa e artigianale,  dileggiate e emarginate da estrarre ad intermittenze elettorali, di paesaggi inviolati e profittevoli solo nelle gigantografie dei padiglioni espositivi.

Si solo un gesto va riconosciuto a Monti, la rinuncia alle Olimpiadi di Roma, scelta compiuta solo in virtù della inclinazione all’indolenza e alla dimissione da responsabilità e doveri di controllo e vigilanza, per carità, ma che ha risparmiato il paese da spese futili quanto un F35, dall’alimentazione di un humus favorevole all’infiltrazione criminale, dall’edificazione di mostruosità perenni come molte delle attrezzature provvisorie, dalla distrazione di fondi che sarebbero altrimenti meglio destinati.

Va a sapere se il giovin Letta vuole lasciare la sua impronta, la sua piramide, la sua tour lumière in perenne memoria ai posteri di un uomo scialbo sorprendentemente fatto premier. Ma certo che in Italia le vestigia che restano dei grandi eventi sportivi e commerciali, vengono presto sepolte dalla polvere dell’oblio:  stadi in rovina ridotti a paludi, stazioni abbandonate, edifici sventrati dalla trasandata inoperosità. Mentre padiglioni e costruzioni sono state trasportati oltreoceano o riportati in patria, ricostruiti a memoria eterna di estemporanei splendori, o sono diventati parchi e musei a cielo aperto, da noi l’unico insediamento nato per un’Expo che si sia ritagliato un posto nella città, nella storia, nell’immaginario collettivo è l’Eur, costruito in previsione dell’Esposizione Universale del 1942, che non si svolse mai a causa della guerra … appunto!

Mentre invece l’unico cemento – evocativo di certe abitudini inveterate a tutte le latitudini  – destinato a restare è quello della costruzione di un contro-sistema, dell’anti-stato, quelli della criminalità organizzata, di quell’intreccio di interessi opachi che lega politica perversa, pubblica amministrazione sleale, quell’esercizio del malaffare che insinuandosi in tutti gli interstizi dell’economia, della società, delle istituzioni, del tessuto imprenditoriale è diventato il brand vincente, l’azienda di maggio successo,  il business più redditizio del paese. E che trova un terreno particolarmente propizio nella regione ormai più esposta alle infiltrazioni, teatro permeabile di quella combinazione di attività illegali e poteri locali, in camiciola hawaiana o cravatta verde.

A conferma della evidente inadeguatezza a contrastare le oscure presenze, in coincidenza con le fiere dichiarazioni di Letta : “la criminalità, la mafia non pensino che questa sia un’occasione in cui possano avere mano libera. Ci sarà vigilanza doppia, tripla, quadrupla perché quanto sarebbe negativo il ritorno per il Paese e quanto positivo dall’essere duri e inflessibili su questo tema”, rispetto “all’immagine dell’Italia che troppo spesso è associata alle devianze”, si direbbe per lanciare un segnale obliquo ma eloquente, è stato chiuso il presidio dell’antimafia di Malpensa quel  Nucleo Informativo  istituito nel  2000 per raccogliere elementi utili all’attività di prevenzione ed analisi dei fenomeni criminali correlati alla malavita organizzata.

Letta e Napolitano in proverbiale sintonia hanno fatto appello al coraggio degli italiani, alla loro capacità di reazione. Dimostriamoli allora dicendo no con fermezza alle “loro” decisioni che vanno contro alle nostre scelte, ai “loro” interessi con le ali o no, che vanno contro ai nostri, all’incremento dei “loro beni” che vanno contro al bene comune.


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