“Si può imparare qualcosa da un temporale. Quando un acquazzone ci sorprende, cerchiamo di non bagnarci affrettando il passo, ma, anche tentando di ripararci sotto i cornicioni, ci inzuppiamo ugualmente. Se invece, sin dal principio, accettiamo di bagnarci eviteremo ogni incertezza e non per questo ci bagneremo di più. Tale consapevolezza si applica a tutte le cose.” (I, 79)
Pubblicata per la prima volta nel 1906, ma composta due secoli prima, Hagakure è una delle opere più famose della letteratura giapponese, che racchiude l’antica saggezza dei samurai sotto forma di brevi aforismi. Quello riportato qui sopra è, a mio avviso, una perla di inestimabile valore esistenziale, la cui applicabilità è davvero, come sottolinea l’autore, universale.
E’ un lampo che illumina il cammino al buio, è un invito all’accettazione attiva contrapposta all’indugio dell’autocommiserazione.
E’ una professione di impegno, un incoraggiamento a prendere la propria vita nelle proprie mani, senza aver paura di sporcarsele. O, come in questo aforisma, di bagnarsele.
Ma per quanto questo gioiello dell’umana consapevolezza, - che, vale la pena ricordarlo, venne formulato per trasmettere dei precetti marziali – abbia tuttora la capacità di accendere, con poche parole, una lampadina nella mente di chi lo raccolga, è nulla se comparato alla profonda e sintetica saggezza di quel precetto, tramandatomi oralmente nei giorni della mia fanciullezza, che passa ancora di padre in figlio sotto il nome di Teorema di Archimede: "Quando pisci, attento al piede."
Come sempre, less is more.