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L'idea di Nazione

Creato il 22 febbraio 2012 da Upilmagazine @UpilMagazine

CONVEGNO NAZIONALE DI STUDI
"LETTERATURA, FILOSOFIA E IDENTITÀ NAZIONALE"
A CENTOCINQUANT'ANNI DALL'UNITÀ D'ITALIA

Quando c'incontrammo a Torino (lui, Sigismondo Castromediano, usciva dal Parlamento) il suo volto, sotto la capigliatura candidissima, era segnato, più che dalla vecchiezza, da un fiero disgusto. "Torno a casa" mi disse "nulla più mi trattiene quassù".
(A. Banti, Noi credevamo, Mondadori, Milano 1967, p. 170)


L'obiettivo che ci si è proposti dando il taglio indicato nel titolo ad un Convegno di studi sui centocinquant'anni dell'Unità d'Italia, è quello di delineare, nell'arco di tempo che copre l'età moderna, come sia stata anticipata culturalmente e interpretata poi politicamente l'idea dell'Italia e quale sia stata la valenza della discussione che ha animato il nostro Risorgimento. È sembrato, infatti, opportuno cercare di ricostruire il paradigma culturale (letterario e filosofico-ideologico) di una elaborazione ricca e, per molti aspetti, intellettualmente assai stimolante.
Il Risorgimento, nelle molteplici forme del suo andamento culturale e politico, aveva assegnato al tema della nazionalità un posto naturalmente centrale e fondante di tutto il suo processo, cercando di dare concretezza politica e storica a un pensiero civile italiano, espressione di un'idea dell'Italia attraverso i secoli e ispiratore di una soluzione politica da questa legittimata. L'idea dell'Italia, cioè, quale cifra della struttura, tanto spirituale quanto storica, della nazione italiana. E non un'idea totalmente risolta nella semplice aspirazione di un popolo che ci si sforza di rappresentare nella sua individualità storica, ansioso di conquistare il proprio destino senza affrontare il nodo rappresentato dai concetti di popolo e di nazione.
Il pensiero del Risorgimento italiano fu tutto attraversato da un forte senso della nazionalità in quanto "sentimento", mentre mancò il "principio" rapportabile al fattore che motivasse la nazione. Solo Cattaneo - notava Piero Gobetti - con "il suo rigorismo morale dall'opposizione inesorabile contro i demagogismi unitari e le illusioni patriottiche", comprese il principio della nazionalità come un problema di libertà, di autonomia e di modernità.
L'"identità melliflua" - come l'ha definita Giorgio Rumi - che ne risultava da questa incubazione largamente "sentimentale" non dava al nuovo Stato unitario quanto ci si aspettava; a unità ormai realizzata, Francesco De Sanctis, nel denunziare l'uso dell'apparato burocratico sottoprefettizio cui nel Meridione si ricorreva per pilotare il risultato elettorale, scriveva: "Non basta decretare libertà, perché libertà vi sia. Libertà presuppone un complesso d'idee, di costumi e di abitudini che non sopraggiunge d'un tratto, ma per lento svolgimento della vita sociale. [...] La libertà s'impara con la libertà". Rimaneva, cioè, raggiunta l'unità, da capire che cosa fosse realmente l'Italia e fissare il Paese ad una identità certa.
La "conquista regia" non aveva legato le varie popolazioni della penisola. "La cucitura del Mezzogiorno - ha scritto Walter Barberis - all'ordito unitario tracciato dai Savoia fu un bagno di sangue". I plebisciti, infatti, sancivano sotto la ragione ipocrita della legittimazione un'omologazione violenta alla quale il Sud si ribellò. Lo Stato unitario continuò invece a considerare il Mezzogiorno come un "problema", la sua arretratezza come un retaggio del Regno borbonico e non come una realtà che sicuramente risentiva in maniera profonda di una storia peculiare. Con cui, però, non si volle fare i conti in modo serio. Il Mezzogiorno esprimeva le ragioni di una diversa identità; certo italiana, ma di un'Italia che non era quella del Piemonte. L'unità consegnava questa prima al Regno e poi alla Repubblica. L'"identità melliflua" si è, con gli anni, canonizzata e stabilizzata nella propria irrisolutezza, sfociando in una tensione antinomica.
"Un'identità italiana frutto di una vicenda millenaria, ricca di prestiti e contaminazioni, resa possibile dall'esistenza di un unico terreno storico; un'identità nazionale che oltrepassa di poco il secolo, percepita tuttora come fragile e che non ha saputo comporre e tradurre nelle forme della modernità un'idea unitaria del paese": è questo il paradosso sul quale si interrogava qualche tempo fa Ernesto Galli della Loggia ed è un paradosso che non cessa di inquietare e di porre interrogativi.
Ricostruire il percorso risorgimentale nella relazione fondante tra la rappresentazione (l'"idea") del Paese come emerge da un ricco e sfaccettato ambito letterario-ideologico e la soluzione del suo problema storico: in questo confronto, tra luci e ombre, consiste la cifra specifica che caratterizza l'intenzione sottesa al Convegno, che avrà varie tappe (Lecce, Galatina, Carmiano, ecc.), a cominciare da Vernole, sabato 19 marzo.

Comune di Vernole
Convegno Nazionale di Studi
A centocinquant'anni dall'Unità d'Italia
Sabato 19 marzo 2011, ore 16,30 - Castello di Acaya

Indirizzo di saluto del Sindaco di Vernole, dott. Mario Mangione

1
Introduzione generale al Convegno
Radici e identità culturali del Risorgimento
prof. P. Pellegrino

2
Eccedenza e identità: la letteratura e l'altro (F. De Sanctis) - prof. C.A. Augieri

3
Sigismondo Castromediano: dalle Memorie al romanzo di Anna Banti, Noi credevamo
prof. A.L. Giannone

4
L'influenza delle tradizioni artistiche nel Risorgimento (F. Hayez, G. Toma e G. Verdi)
dott. G. Fronzi

5
L'idea dell'Italia: filosofia e identità nazionale
prof. P. Pellegrino

6
Dallo stato-nazione alla costellazione sovranazionale: l'identità europea
Il contributo di Carlo Cattaneo
prof. A. Quarta

7
L'identità nazionale oggi: il ruolo dei media
C. Elia


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