"Riscoprire la bellezza e l'unicità del patrimonio culturale locale."
Quello che conta sono le presenze! Certo la partecipazione in una manifestazione ne conferma il successo, ma il successo non è tutto. Quello che è realmente importante è ciò che resta in ognuno di noi, ma di questo non ci si preoccupa più. La nostra cultura millenaria, quella che ha disegnato il nostro paesaggio e le nostre città, non appartiene al presente, si colloca in un lontano passato, così distante da non suscitare in noi nessuna meraviglia, figuriamoci il rispetto. Questa è l’orribile piazza Severino Caveri che-abbiamo-pagato perché diventasse, appunto, un centro di ritrovo e di passeggio. Obiettivi mancati. Il degrado implicito nella progettazione ha spinto sia i cittadini sia gli amministratori a maltrattarla ulteriormente. Questo, secondo gli scopi amministrativi e professionali, avrebbe dovuto essere il parco archeologico di quella che fu, in tempi romani, una platea forense. L’intelligenza creativa avrebbe dovuto nobilitare le antiche pietre, renderle visibili al pubblico. Qui il concetto di Restitution non è mai stato applicato, eppure le mura sono quelle romane e il luogo è estremamente importante per la storia della città. Quelle colonne di granito rievocano l’antico colonnato in puddinga…, il cantiere che da moltissimi anni ci vieta di poter fruire della piazza Giovanni XXVIII, a cosa serve? solo a creare disagi? se poi la fine dell’archeologia è questa? In questo parco-che-abbiamo-pagato, le pietre romane colloquiano con putrelle di acciao contemporanee. Anzi direi, considerato il numero di queste ultime, che succede il contrario. La Soprintendenza ai Beni Culturali che dice di questo scempio aggiunto allo scempio? Si è da poco conclusa la settimana della Cultura, occasione che offre ai cittadini di poter conoscere il patrimonio regionale, il criptoportico forense, a due passi da questa scelleratezza, ha registrato un afflusso di presenze superiore (2.865) rispetto al castello di Issogne (1.628) e di poco inferiore a quello di Fénis (3.306), è indubbio il fascino di questa struttura di epoca augustea, un fascino che avrebbe potuto raddoppiare, se ci fosse stata un precisa volontà di Cultura e di Bellezza.