Articolo di Mary Lou Emberti
NOTIZIE BIOGRAFICHE E FORMAZIONE CULTURALE
Fig. 1 A demand of the reduction composed of 300 pieces,stampe fotografiche, mixed media 172x50x60 cm,2000
Gwon O-sang nasce in Corea del Sud, nel 1974.
Completa gli studi a Seoul laureandosi in scultura presso l’università d’arte Hongik di Seoul, prendendo la specializzazione nel 2004.
Nello stesso anno, dopo aver partecipato, durante il suo corso di studi, a molte collettive di artisti in Corea e Giappone, esegue la sua prima mostra personale presso la Kukje Gallery, riuscendo ad ottenere un forte successo commerciale. Gwon O-sang fu fondatore, insieme ad altri tre artisti contemporanei, Bae Bien- U (1950-), Lee Yoon-jean (1972-) e Lee Joong-keun, del movimento “REAL REALITY”, alla fine degli anni ’90.
Il “Real Reality” segna la divisione con la cosiddetta First Generation Baby Boomers ed il gruppo 386, ovvero quella generazione di persone nate durante il boom economico sudcoreano dopo la fine della Guerra di Corea (1950-’53) [1] che aveva condizionato profondamente lo sviluppo delle università, degli ambienti intellettuali e artistici.
Gwon O-sang ed il Real Reality fanno parte invece di quella che alcuni chiamano Second Generation Baby Boomers, per metterla a confronto con la precedente, o anche Seo Taiji Generation,[2] i quali esponenti erano nati negli anni ’70 e attivi negli anni ’90 e 2000 in modo diverso dalla generazione precedente.
Scopo delle loro attività culturale infatti, non era più quello di creare motivazioni ideologiche a sostegno di una democrazia nascente, né di manifestare contenuti politici volti a creare una nuova identità culturale fino ad allora poco documentata o assente. La nuova generazione, nata proprio in un momento di sviluppo economico già consolidatosi da un decennio aveva proprio come obiettivo quello di ritrarre la realtà proprio così come si manifestava e aprirsi anche su scala commerciale al consumo di massa. Il Real Reality e la nuova produzione artistica è solo un esempio di questo fenomeno di rinnovamento. Gli anni Novanta sono quelli della globalizzazione, dell’uso diffuso di internet e dell’apertura degli indie space, quelli della diffusione su larga scala del cinema indipendente e dell’apertura novi spazi espositivi, dove tutte le più piccole realtà letterarie, artistiche, musicali sono sintomo di una società in rapido cambiamento, non più stretta a dover rappresentare un’idea di unità in cui tutti si dovevano riconoscere, ma diversificata su vari livelli.
Per lungo tempo Gwon O-sang fu definito “artista bravo, ma poco fortunato”. In realtà con il tempo ha saputo dimostrare di essere un scultore capace, versatile e apprezzato in tutto il mondo.
Dalla sua prima esposizione personale alla Kukje Gallery e dopo aver cominciato a lavorare con la Arario Gallery ha cominciato a collezionare diversi successi anche in Europa e in Italia.
LA PRIMA ESPOSIZIONE: DEODORANT TYPE.
Scultura fotografica. Il concetto di “facciata”. La tecnica scultorea. L’attenzione per le tecniche pubblicitarie.
“L’essenza dei primi lavori era quella di realizzare sculture leggere”. (Geon O-sang)
Il 2001 consacra Gwon O-sang come artista. La sua esposizione intitolata Deodorant type, fu organizzata per la prima volta nell’ Insa Art Space di Seoul. Il nome della mostra, scelto dall’artista, fu volutamente preso in prestito da una campagna pubblicitaria di deodoranti Nivea, allora molto in voga in Corea. Soltanto il nome della mostra fu sufficiente a risvegliare l’interesse del pubblico su di lui. Per quale motivo l’artista avrebbe dovuto scegliere un nome del genere per la sua mostra di sculture?
A questa domanda egli rispose con un altro interrogativo: ‘Quale tipo di narrativa sociale propone un’industria che sponsorizza il deodorante?’
Il parallelismo con l’oggetto pubblicitario così aiutava a chiarire gli intenti di Gwon, e a definire anche uno dei concetti chiave che influenzerà anche le sue mostre successive e l’evoluzione del suo stile scultoreo: l’idea che l’illusione che ci fornisce la superficie condiziona anche il nostro concetto di contenuto. In questo modo, l’individuo percepisce e giudica la realtà in base alle proprie esperienze sensoriali, come si può fare magari sentendo l’odore di un deodorante, ma non può avere la certezza che dietro a quella si celi lo stesso contenuto che in base alle percezioni ci si può aspettare, come un deodorante che è di per se fatto per ‘coprire’ altri odori o per profumare un ambiente.
La sua estetica è stata spesso paragonata ai giardini Potemkin, leggendari villaggi in cartapesta fatti realizzare alla fine del ‘700 (con tanto di figuranti assunti allo scopo) dal principe Gregory Potemkin per impressionare la regina Caterina II di Russia sullo stato di sviluppo ed efficienza dei territori sottratti all’Impero Ottomano.
Fig. 2 A demand of proof, stampe fotografiche, 15x16x20 cm, 1998
Fig. 3 A Tenacious Report on Power, stampe fotografiche, 15x5x30 cm,1999
La sua idea era quella di poter creare delle sculture, completamente fatte di assemblaggi di singole stampe fotografiche, vuote all’interno o con scheletri scultorei realizzati con materiali come fil di ferro o carta pressata, e quindi anche molto leggere e facilmente trasportabili, che ritraessero soggetti iperrealisti, come volti, figure umane o oggetti, nella più completa tridimensionalità.
Le prime opere A demand of proof (fig. 2), la serie intitolata A tenacious report on power (fig. 3), realizzate tra il 1998 e il 1999 erano molto delicate, facili a danneggiarsi perché completamente vuote all’interno e di piccole dimensioni. Unbearable Heaviness (fig. 4) è i primo suo, ironico lavoro, in cui fu inserita un’anima di poliuretano per dare solidità e resistenza alla scultura.
Fig. 4 Unbearable Heaviness, stampe fotografiche e interno in poliuretano. 120x100x40 cm, 1999
Con il passare del tempo ed il raffinarsi sia delle tecniche che delle stesse stampe fotografiche, l’artista è riuscito a creare delle opere molto più resistenti e di dimensioni molto più grandi.
Fig. 5 Lavorazione delle sculture, dallo scatto fotografico in studio alla realizzazione dello scheletro scultoreo
I suoi modelli vengono fotografati nei più piccoli particolari in uno studio, tutti con la stessa sorgente di luce. In un secondo momento, un volta sviluppate le pellicole, le stampe vengono unite a formare il corpo scultoreo, che l’artista realizza e personalizza senza più guardare modelli originali. Anche le pose dei soggetti sono più plastiche e mobili. A seguito di questa sviluppata tecnica di realizzazione e alla visibile evoluzione della progettazione, diventa più chiaro ora capire quanto l’artista sia interessato alla realtà che lo circonda, al cosiddetto still-life e che il suo intento sia quello di ritrarla.
Le sue opere riproducono con estrema meticolosità (fin nei più piccoli particolari) scene di vita, espressioni, oggetti riconoscibili in qualsiasi situazione ci troviamo. Anche una valigia (A traveler’s suitcase, fig.6), un furgone (Difference composed of 1800 pieces for Error C-prints, fig.7), una persona scivolata a terra (On the languishment of 340 pieces, fig.8), o sacchi pieni di rifiuti diventano oggetto della sua attenzione.
Fig.7. Difference composed of 1800 pieces for Error C-prints, stampe fotografiche,320x190x140 cm ,2001
Fig. 6 A Traveler’s suitcase, stampe fotografiche, 2000
I titoli stessi sono solo un indizio; l’artista stesso dichiara di non poter dare un nome significativo alle sue opere, ma preferisce dar loro dei titoli ‘anonimi’ , perché queste non sono pensate per una univoca situazione, preferendo cambiare di volta in volta l’effetto delle opere a seconda di come vengono posizionate tra loro nello spazio espositivo.
Fig. 8 On the languishment of 340 pieces, stampe fotografiche, mixed media, 200x65x30, 2000
Interessante inoltre è, nelle sue sculture fotografiche più recenti, la ricerca del ‘duplicato’ (fig.9-10), e delle proporzioni corporee sperimentando rimpicciolimenti o ingrandimenti delle dimensioni delle stampe fotografiche. In questo modo, si possono creare realtà parallele, grottesche o anche ironiche, semplicemente utilizzando copie degli stessi scatti fotografici e posizionandole come a creare una copia tridimensionale.
Nella sua accuratezza nel creare figure a dimensioni naturali di scene comuni della vita di ognuno, lo scultore non risparmia nemmeno una fortissima attenzione per i particolari.
Fig. 9 Action Sampler, stampe fotografiche, mixed media 185x60x50 cm, 2004
Fig.10 A statement of entangled 480 pieces 180x60x50 cm, 2001 NOTE [1] Rinomato esponente di questa generazione di intellettuali fu il gruppo 386 (anni ’90). Il nome 386 si riferiva al primo computer moderno introdotto nel mercato su scala commerciale, il 3:86, segno del cambiamento dei tempi, e ogni singolo numero stava a sintetizzare ed identificare le caratteristiche degli esponenti. Il 3 indicava l’età anagrafica (attuale agli anni ’90), i trent’anni; il numero 8 stava a significare che questi avevano frequentato negli anni ’80 l’università, luogo cruciale per la nascita dei moti di protesta e delle prime lotte per la democratizzazione, e quindi denotava il loro forte impegno intellettuale; il 6 descriveva l’anno di nascita, gli anni ’60. La produzione letteraria ed artistica degli esponenti del 386 sottolinea particolarmente questo fortissimo impegno etico dei suoi esponenti, sia sul piano letterario che artistico, volto al recupero dell’identità culturale della nazione coreana. [2 ] Seo Tai-ji era il cantante di un famoso gruppo rock, molto in voga negli anni Novanta, chiamato “Seo Taiji and Boys”. La seconda generazione si è spesso identificata con questo gruppo musicale perché il cantante della band diventò famoso per aver combinato diverse varietà di stili e generi musicali (punk, ska, heavy metal, hip hop), precedentemente quasi sconosciuti sulla scena musicale coreana.