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L’incipit del romanzo che arriverà chissà quando

Da Marcofre

Pubblico ugualmente l’incipit del romanzo che ho deciso di lasciare da parte, almeno per un po’, per concentrarmi sui racconti.
In origine si trattava del capitolo 11; dopo aver sottoposto l’opera al giudizio della casa editrice I Sognatori (che non ha apprezzato, giustamente), e visto che hanno trovato buono proprio questo, mi sono detto: “Beh, allora si ricomincia da lì”.

Buona lettura.


Era Ettore che quando arrivavano i camion con il legname da scaricare, saliva sul muletto elettrico a quattro ruote, e provvedeva.

Circa vent’anni prima, agli inizi della sua avventura lavorativa nella falegnameria Rossi & Figlio, qualcuno, forse il vecchio, forse no, gli aveva proposto:

- Ti piacerebbe imparare a usare il muletto?

Non è una di quelle faccende per cui si smania; ma aveva accettato. Questo comportava il possesso di un patentino, le cui spese per il rinnovo erano sostenute dall’azienda. Il vecchio, capelli bianchi spesso lunghi, tarchiato, un po’ gobbo, sempre sorridente sotto un bel paio di occhi azzurri, di tasca sua ci aggiungeva qualcosa per arrotondare, dicendo invariabilmente:

- Quello che avanza, è per te.

Un altro stile, un altro modo di lavorare. Dopo la sua morte, col figlio, aveva atteso due mesi per ottenere il rimborso della spesa sostenuta nel rinnovo: senza più mancia.

Quindi era salito sul mezzo, diventando anche responsabile dello scarico della merce in entrata; incarico che passava ad altri in occasione di ferie, o permessi.

Col trascorrere degli anni, si era formata con gli autisti, spesso gli stessi, una buona confidenza. Mai amicizia; questo me lo confermò Ettore stesso, qualche tempo dopo. Si trattava di contatti settimanali, che duravano il tempo dello scarico: un’ora, a volte di più, raramente di meno.

Uno di questi aveva l’abitudine, confessata dopo alcuni anni, di girare armato. Con tanto di porto d’armi, e relativa pistola; pure un coltello a serramanico, quello non denunciato.

Con un Paese così pieno di zingari, arabi, rumeni e albanesi, senza dimenticare i meridionali, non capiva perché lo Stato, non permettesse a chiunque di possedere armi, senza tanti permessi, richieste, esami, timbri e autorizzazioni del Prefetto.

Un giorno, mentre Ettore scaricava il legname, quasi a chiudere il discorso su certi fatti criminosi capitati nella cittadina di Varazze, gli aveva chiesto, senza particolari attenzioni:

- La vuoi una pistola?

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