Sparare sui morti è dannatamente facile. Ancor più, in Italia, è facile sparare sugli indagati, perché ormai “indagato” è sinonimo di colpevole e dunque di persona irrimediabilmente macchiata dell’infamia di essere considerato un delinquente. Fosse così semplice la questione, vivremmo in un mondo dove tutto o è bianco o è nero. La verità è che non è così. L’indagine — e lo ripeto — di per sé non è altro che un’attività di investigazione che potrebbe ben sfociare sia nella direzione dell’archiviazione sia nella direzione del processo. E solo all’esito di quest’ultimo si potrà semmai parlare di colpa o innocenza. Non prima.
Questo ragionamento se vale(va) per Berlusconi, vale anche per Vendola. Per quanto il Governatore della Puglia mi stia sul gozzo, è così. La coerenza giuridica ed etica non può mutare a seconda di chi sia indagato e del suo colore politico. Così, dunque, è per Vendola e così dunque è per la Lega e i suoi esponenti coinvolti nelle indagini sull’utilizzo allegro dei fondi del partito.
Anche in questo caso, comunque, non mi voglio occupare della questione in modo approfondito. Il post ha solo una finalità: analizzare brevemente l’atteggiamento tenuto da Nichi Vendola quando ha scoperto di essere indagato. Stupore, meraviglia, sgomento e quello strano senso di “come è possibile che sia toccato a me? Io? Nichi Vendola? Uomo di sinistra, comunista, vengo indagato?” Quasi a dire: “Mica sono di destra? Mica sono Berlusconi o un uomo di Berlusconi?” Per avere conferma di questa linea genetica di pensiero è sufficiente leggere quanto egli realmente dice a proposito dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari:
Mi accusa una persona che è animata da forte risentimento nei miei confronti, avendola io licenziata al momento del suo coinvolgimento nelle inchieste sulla malasanità. La dottoressa Cosentino — ha chiosato — è comprensibilmente animata da rancore nei miei confronti, tanto animata da rancore che ha fatto causa recentemente alla Regione chiedendo un risarcimento di tre milioni di euro…
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Mi chiedo: che differenza c’è, in termini qualitativi, tra questa “giustificazione” e quella che avrebbe usato il Berlusca circa il rapporto di parentela (o presunto tale) tra la marocchina Ruby e l’ex presidente egiziano Mubarak? Perché, in altre parole, dovremmo credere alle parole di Nichi Vendola (il rancore contro di lui) e non credere alla convinzione di Silvio che Ruby fosse nipote di Mubarak? O ancora, che Ruby fosse maggiorenne?
Insomma, o si parte dal presupposto che tutti dicono la verità e sono innocenti fino a sentenza di condanna definitiva, oppure niente, aboliamo il principio costituzionale e acclariamo la regola opposta: in Italia si è colpevoli fino a sentenza di assoluzione (e nemmeno questa, a volte, basta). Conseguentemente, quanto gli indagati affermano nelle dichiarazioni sono tutte fregnacce utili a difendersi dal giudizio negativo dell’opinione pubblica.
Capitolo dimissioni. Al di là della presunta innocenza del Governatore della Puglia, mi domando: Nichi si dimetterà? Rassegnerà le dimissioni in coerenza con la sua etica politica? Perché, sapete, la sinistra tutta durante il Governo Berlusconi era solita chiedere le dimissioni del Premier a ogni piè sospinto, a maggior ragione le richiedeva quando il Premier in un modo o nell’altro incappava nelle maglie della giustizia. Ma oggi chiederà a Vendola di dimettersi? E Vendola lo farà spontaneamente?
Dubito sia dell’una ipotesi che dell’altra. Penati docet. In Italia abbiamo sempre assistito a due dimensioni morali ed etiche: una di sinistra per la sinistra e l’altra di sinistra per la destra. Secondo queste due dimensioni morali ed etiche, i politici di sinistra quando vengono indagati o sono compagni che sbagliano (personalizzazione del comportamento illegale) oppure è solo un errore o un qui pro quo tra giustizia e sinistra che non si sono capite, ovvero come nel caso di Nichi Vendola, una vendetta di una persona livorosa nei confronti dell’immacolato presidente pugliese. In ogni caso vale il principio di innocenza e le dimissioni non esistono. Quando invece a essere indagati sono gli esponenti del centrodestra (PDL o Lega), allora è perché la classe politica che la rappresenta è tutta corrotta (generalizzazione d’area del comportamento illegale) e i magistrati non solo sono infallibili, ma sono dei supereroi del popolo che combattono la mafia, la corruzione e l’illegalità. Il principio è quello della colpevolezza con o senza sentenza definitiva.
Su Facebook ho letto una battuta davvero simpatica che esprime pienamente il concetto anzidetto in poche parole: non è che a sinistra si è disonesti. Diciamo che si è “diversamente onesti”.
Fonte: Liberoquotidiano, Il Fatto Quotidiano
di Martino © 2012 Il Jester