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L'indiana d' Ainea e le sei bisacce ♦

Creato il 16 gennaio 2015 da Vsgaudio @vuessegaudio

L'indiana d' Ainea e le sei bisacce ♦

Il Giardino dell’Arancia di Mia Nonna dello Zen

Il gaudio del mio oggetto “a”  e l’indiana d'Ainea La terra trasfonde vibrazioni continue dentro la galassia e questo sei tu.E se la gente scopre che sai suonare il violino, ecco, sei costretto a suonare il violino, per tutta la vita. Se scopre che sai  fare il poeta, che cosa pensi che ti facciano fare su questo  pianeta intero, il vento o ti mandano al mercato a vendere manzi e porci oppure ti mandano a ballare al Crazy Horse, invece che farti stare sulla tua terraa coltivare le nostre sei bisacce, farne tutto un campo di trifoglio maturo cosicché quando il vento tira giù le arance è questo che mi disse Mia Nonna dello Zen non si spaccano perché soffice l’erba le accoglie?Gli astronomi parlarono a un certo punto di un pianeta che poteva essere una canzone o forse una poesia, non certo perché il cantante possa cantare poesie o poemi infiniti, intanto che è nella confraternita del diritto d’autore che vien giù dalle tremila radio che c’erano sì e no durante la guerra  e adesso infiniti apparecchi suonano e io sento i violini quando vanno alcuni singer a cantarcela alla BBC Two con un misto di fagotti, corni e ottavini, come posso allora coltivare le nostre sei bisacce con le cornacchie e i pettirossi che volano nella mia mente e ti ricordi quando andavamo nel Giardino dell’Arancia di Mia Nonna dello Zen  che subito uno storpio si girava a guardarci
ed era sordo e muto e mi faceva segno se poi andando per i nostri campi infiniti che musica stavamo a suonare, e allora  ho pensato una volta che se un uomo, fosse anche un poeta che mai pubblicherà da Einaudi o da Mondadori o da Guanda per via dei motivi politici della besa
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che attengono all’articolo 22 della Costituzione della Repubblica che ha fatto il diritto d’autore per chi canta e strimpella la chitarra durante la guerra quando la repubblica era un regno anche dell’Albania della besa e già arrivavano, finito il tempo della macchia, coi loro asini e sarmenti a farsi padroni delle nostre sei bisacce, questo ho pensato: quell’uomo viaggiando veloce come la luce ci mette  sei milioni di anni luce per arrivare su Quelm e lì, come testimonia Woody Allen, la temperatura è di 1300 gradi, i  bagni sono vietati e gli alberghi, anche il Miramare che era pieno di spazzatura come le cabine sul terrazzo della torre a sei piani che fece l’ombrone che ci tenne prigionieri per via della besa, e lì la gravità è inesistente un po’ come qui dove è risaputo che per organizzare un concerto in piazza ci volle per lustri molta accortezza, invece che a mettere il palco verso il mare ad est che l’occhio dello spettatore guardava in discesa e quindi uno dietro l’altro tutti vedevano l’impiegato di stato che cantava e prendeva il diritto d’autore mettevano il palco sul punto più alto della piazza e sì che il cantante di stato lo si vedeva ancora più in cielo ma era ad ovest e su Quelm non c’è ossigeno sufficiente e noi non cantavamo più, e il cantante era raro che avesse un secondo lavoro, fosse anche Vecchioni, ti ricordi quella volta quando, tornando dal Giardino dell’Arancia dove fin tanto che c’eravamo a darci il gaudio non c’era la pressione cosmica che, appunto, tornando, quel giorno c’era l’ombrone sul palco che non suonava la chitarra e dissero alcuni di questi benestanti che quell’ ombrone parlava bene e sapeva a mala pena profferire il suo nome nella sequenza cognome e nome, e ah , che cognome ha questo, mai sentito a quel tempo, è della famosa razza, dicemmo, e allora aumentarono le tariffe postali, l’intera razza degli ombroni occupò le nostre sei bisacce che non potei più coltivare, e non andammo più nel Giardino di Mia Nonna e girandomi non vidi più lo storpio che a gesti mi chiedeva se poi “una volta là è il gaudio che raccogliete nel Giardino dell’Arancia di Mia Nonna dello Zen?”.Non ho ereditato da mio padre le sei bisaccené tu dal tuo e poi non contenti, ti ricordi?,volevamo possedere anche il territorio da dovescendevano gli ombroni e più in su anche quelloche si fecero fare un documentario per fingersidimenticati e intanto calavano a frotte al maree prendevano di notte e di giorno tutto ciò cheavevamo nelle sei bisacce, e mi sono dannato con asciae aratro, falce e forbice, e prendemmo quanti ciucci 
ci sarebbero voluti per farsi venire lo "spinno da trotto
come alle famose cento ombrone e li mettemmonel Giardino dell’Arancia e lavorando duro, trangugiandocaffè di cicoria anche quando non stavo più a Milano e non fumavosigari Red Eagle, buttammo giù la prigione di mio nonnoche lo stato ci aveva dato e facemmo venire quelle del Crazy Horsee guardandole ballare una sera, che incanto, mi venneil male di mio nonno, la satiriasi, e non smettevo più
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di menarmelo e andavo nel Giardino e là ricordandoil gaudio che fu e mangiando nespole e mele che non se le mangiavano nemmeno i porci , questo dissequello che avevano messo a farmi da padre, da cui nienteho ereditato e tu niente hai ereditato dal tuo e dalla tuaschiatta, che, poi, se vai a vedere, un po’ ombroni saremmoanche noi e fu per questo che prendemmo tutto il loroterritorio, manca per manca, timpa e timpone, 
masserie e valli, tacche e manconi, e edificammotorri a sei piani e sulle torri dove stavano camerieri euomini dello stato e mercenari della scuola e mercanti e venditoriall’ingrosso  che seguivano le orme e l’insegnamento del

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 L’elongazione dell’Ascendente in connessione con MartePlutone
e i punti arabi “f” e “Heimlich” di Marisa G. Aino  sull’Ebertin a 90° 

più grande grossista di granone per le  galline e fagioli che fu fatto giudice di pace e riscuoteva le tasse poi quando chiuse il magazzino affiliandosi con usurai della besa e usurpatori del nome e del gaudio, e dov’ero se non nel Giardino che fua ricordare le ragazze del Crazy Horse e mia moglie, che cosa vedevo, arance, un campo di trifoglio maturo, nespole, ulivi, fichi d’India, c’era vento là sotto la cibbia? e mi son messo a combattere la Battaglia dei Gesuiti e suonavo il violino e il gaudio si sentiva il fruscìo della seta delle ballerine del bragallo ch’era l’incanto e la meraviglia del passaggio al meridiano del mio oggetto “a”, che, a conti fatti, e per fatturato e disseminazione, eri sempre tu, l’altra indiana, quella del bagliore ainico,che  Didone sai dove se la metteva?!
da:La mia storia naturale quando ero un indiano dei Pa-Rrotë© 2011
leggi anche Il cognome di Ανείας £ onUh Magazine

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