di Andrea Baranes
Nell’ultimo mezzo secolo, la finanza in Europa ha più che triplicato il suo peso nell’economia. Nel 1951 rappresentava il 2,3% del PIL europeo mentre nel 2007 era arrivata all’8,2%. Il volume di servizi finanziari prodotti è rimasto relativamente stabile fino all’inizio degli anni ’80, per poi esplodere nel periodo successivo.
Il motivo è semplice, almeno secondo i difensori dell’attuale modello: nel corso degli ultimi decenni la finanza è diventata più efficiente, i nuovi prodotti sono nati per rispondere a specifiche domande dell’economia, il peso accresciuto della finanza rispetto al PIL ha in realtà sostenuto e accompagnato la crescita.
Bene, numeri alla mano, è vero esattamente l’opposto. Il costo dei servizi di intermediazione finanziaria è aumentato negli ultimi decenni. Il costo unitario del singolo servizio è aumentato. La crescita ipertrofica della finanza si sta accompagnando da una sempre maggiore inefficienza. La finanza è arrivata al punto da essere un peso per l’economia.
A confermare queste affermazioni sono alcuni studi pubblicati negli ultimi giorni. Il primo è quello dell’Institut des politiques publiques realizzato su mandato di Finance Watch. Le conclusioni della ricerca non lasciano dubbi: «la finanza è diventata più “costosa” dagli anni ’70, esattamente dal momento in cui la deregolamentazione avrebbe dovuto renderla più produttiva. La crescita dei costi di intermediazione tra il 1970 e il 1990 può essere spiegata dalle condizioni monetarie e macroeconomiche. Ma, al contrario, l’aumento del costo unitario dopo il 1990 coincide con lo sviluppo della finanza moderna che da un ruolo sempre più importante ai mercati».
Dopo trent’anni passati a ripetere il dogma secondo il quale i mercati, se lasciati liberi di agire, sono per definizione efficienti, secondo lo studio sono proprio la deregolamentazione e processi quali le cartolarizzazioni dei crediti ad avere reso la finanza sempre più costosa e inefficiente, di pari passo con la crescita del suo peso rispetto all’economia “reale”.
Questa ricerca segue di pochi giorni quella pubblicata dallo European Systemic Risk Board, un’agenzia europea creata nel 2009 per la vigilanza sul sistema finanziario. Nelle conclusioni del paper intitolato Is Europe Overbanked? si legge che «secondo tutti gli indicatori, il nostro paziente ha un peso abnorme” e soprattutto che “il sistema bancario europeo ha raggiunto una dimensione tale per cui il contributo marginale alla crescita economica è probabilmente nullo o negativo».
Due ricerche che si sommano al rapporto pubblicato a maggio 2014 dalla Commissione europea secondo il quale «i benefici di una agenda di regolamentazione finanziaria, se applicati fino in fondo, sono superiori ai costi” e “molti dei costi delle riforme sono costi privati per gli intermediari finanziari che sorgono nella transizione verso un sistema finanziario più stabile, e sono superati da benefici economici e sociali molto più ampi».
Riassumendo, non solo l’attuale modello finanziario ha provocato la peggiore crisi della storia recente, con impatti devastanti per i cittadini ed è stato salvato con migliaia di miliardi di dollari e di euro di soldi pubblici. Proprio la deregolamentazione e la finanziarizzazione dell’economia hanno peggiorato lo stesso settore finanziario, rendendolo progressivamente sempre più grande, invadente e di pari passo costoso, inefficiente e con un contributo negativo o nullo per l’economia. Dall’altra parte, superare la sbornia neoliberista e tornare a imporre regole serie per il sistema finanziario avrebbe vantaggi per l’insieme dell’economia e della società, e diminuirebbe gli stessi costi dei servizi finanziari.
In ultimo, le proposte da portare avanti sono note e in discussione da anni: tassare le transazioni finanziarie, separare le banche commerciali da quelle di investimento, bloccare i derivati speculativi, chiudere il sistema bancario ombra, contrastare i paradisi fiscali e via discorrendo. Per ognuno di questi ambiti le difficoltà non sono di natura tecnica, ma nella volontà politica di portarle avanti. Sappiamo cosa andrebbe fatto e come procedere. Sappiamo che le ricadute sarebbero positive per l’economia, per l’insieme della società e persino per lo stesso settore finanziario. Cos’altro dobbiamo aspettare?
Fonte: nonconimieisoldi.org
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