(ritorno serale)
L’infinita soglia. Le immagini e il tempo di Antonia Pozzi.
Di Nadia Agustoni
Un libro del 2007, trovato per caso e di cui voglio parlare, curato da Ludovica Pellegatta e Onorina Dino, Antonia Pozzi Nelle immagini l’anima, Ancora editrice 2007 pag. 111 euro 22, interessante sia sotto l’aspetto delle immagini che nella scelta dei testi che le accompagnano, ci consegna in un’antologia fotografica una scelta degli scatti che la poeta realizzò nell’arco della sua breve vita. Complessivamente l’opera fotografica di Pozzi consiste in 2.800 immagini quasi del tutto inedite. Il volume, quindi, colma almeno in parte una lacuna.
Le poche poesie riportate e alcuni commenti dell’autrice, permettono di scorgere quel senso segreto che sembrò guidarla e che forse infine le mancò. Le immagini di Antonia Pozzi sono il tempo che visse e il tempo interiore in cui concentrò la propria forza, ma nel consegnarci questo mondo sembra quasi “volesse trovare una giustificazione al vedere”(1).
Se lo sguardo è sempre altro rispetto a ciò che vede, c’è comunque una tensione nel guardare che nella migliore fotografia diviene soglia: un fermarsi e fermarci a una parete d’ombra. Il passaggio ulteriore può avvenire solo nel prima dello sguardo, in quel mondo che è già in noi e che le immagini ci portano a scoprire. Da lì, il capire o intuire cos’è un’immagine, cosa apre o cosa, nel dimenticato, ci restituisce. E, sia nelle fotografie di montagne o di luoghi di campagna periferici, che in quelle di gente al lavoro in ambiente rurale, Pozzi ci porta a comprendere quanto sia sottile il confine tra ciò che è compiuto e ciò che appare, non come futuro, ma come possibilità che andrebbe colta lì, nell’istante. Il bianco e nero delle immagini rende ancora più reale questo momento. Sì è davanti a qualcosa di concreto, ma quello che lo scatto ha fermato, sembra possa essere “toccato” solo brevemente.
Ludovica Pellegatti parla di “singolare incrinatura… che si crea tra la fine e l’inizio” e citando Rilke indica anche un’affinità elettiva che Antonia Pozzi ebbe certo modo di riconoscere.(2)
Il profilo della vita tracciato da Onorina Dino ci dice il dramma esistenziale che l’autrice visse, mentre Ludovica Pellegatta ne evidenzia la poetica: “ Poesia e fotografia di Antonia Pozzi condividono il bisogno di aderire alla realtà concreta. Lontana dal linguaggio dell’ermetismo, oscuramente evocativo e ricco di analogie, la poesia pozziana s’inscrive nella poetica della <> nella quale gli oggetti mantengono << intatta la loro fisica concretezza e la loro naturale evidenza, pur caricandosi di un forte significato simbolico>>. “ (3)
Questo album fotografico e album di ricordi, incide il tempo di un paese che era anche altro da quello che è ora. L’orgoglio del proprio lavoro traspare dalle posture e dagli sguardi dove non c’è il cedimento alla fatalità, né alla miseria, ma un temperato senso di sé e del proprio fare. Ed è la forza dei volti e la tenerezza di alcuni gesti a raggiungere il lettore forse perché non pensiamo di trovarle lì, dove sono e dove erano. (4)
Antonia Pozzi ci porta a quel margine infinito dove la materia è solo un più di luce e un “incrinatura” suggerisce un’altra profondità. Quello che infine divenne fragilità era forse questo culmine, questo stare sull’orlo di qualcosa che non è futuro, ma passaggio.
Note
1) Ludovica Pellegatta; Nelle immagini l’anima; L’incanto della soglia, pag. 12. Edizioni Ancora 2007.
2) ibidem; pag. 15
3)ibidem; pag. 10
4) John Berger, Sul guardare; Usi della fotografia; pag. 67-68-69; Mondadori 2003
“ Se desideriamo rimettere una foto nel contesto dell’esperienza, dell’esperienza sociale, della memoria sociale, dobbiamo rispettare le leggi della memoria. Dobbiamo collocare la foto stampata in modo che acquisti qualcosa della sorprendente compiutezza di ciò che era ed è. […]
Esiste un certo numero di fotografie che raggiungono da sole questo obiettivo. Ma ogni foto può diventare questo “Ora” se le viene creato un contesto adeguato. In generale migliore è la fotografia, più ampio è il contesto che si può creare. Tale contesto ricolloca la foto nel tempo – non nel tempo originario, perché è impossibile – ma nel tempo narrato. Il tempo narrato diventa tempo storico quando è assunto dalla memoria sociale e dall’azione sociale. E’ necessario che il tempo costruito e narrato rispetti il processo della memoria che spera di stimolare”.
Per ulteriori approfondimenti e maggiori notizie rimando anche al sito ufficiale su Antonia Pozzi.