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L’ingegnere che provò a tornare…

Creato il 30 settembre 2013 da Fugadeitalenti

Oggi sono felicemente rilocato a New York City. Mia moglie ha trovato un ottimo lavoro, guadagna quanto me (invece che il 30% in meno, come succedeva in Italia), e stiamo riprendendo a costruire un futuro, dopo la pausa italiana. Lavoriamo duramente, come lavorano duramente moltissimi italiani onesti.  Ma la differenza che rilevo è che -per noi- sembra essere possibile avere prospettive e, magari, anche progredire professionalmente“. Cartolina (amara) da New York, quella che spedisce Andrea Cremese, ingegnere 31enne emigrato dall’Italia, rientratovi… e poi nuovamente espatriato.

La storia di Andrea prende il via con una laurea magistrale in Ingegneria Meccanica, ben condita da un Erasmus in Inghilterra. Alla fine degli studi pensa di restare in Italia, ma casualmente invia un curriculum a Londra e viene assunto. L’idea è quella di restare un anno all’estero e poi fare ritorno in patria, con un profilo decisamente rafforzato, per il mercato del lavoro.

Gli anni in in realtà diventeranno successivamente quattro, con esperienze di lavoro che andranno ben al di là dei confini inglesi. I tentativi di ritorno in Italia, con l’avanzare della crisi, si fanno sempre più problematici, così Andrea accetta un lavoro ad Honk Kong. Nell’estate del 2011, però, quando l’avventura nel Sud-Est asiatico è iniziata solo da pochi mesi, Andrea riceve la chiamata di un ex-collega, che sta aprendo l’ufficio italiano di un’azienda internazionale specialista in grattacieli vetrati (settore nel quale Andrea è ormai un esperto). Lui decide che è la chiamata tanto attesa.

Il successivo rientro in Italia durerà lo spazio di un anno scarso: “dopo circa sei mesi in italia mia moglie e io ci rendiamo conto che il nostro futuro non è roseo come pensavamo. Le mie prospettive di lavoro sono molto al di sotto di quello che pensavo (o che mi era stato promesso), anche a causa della crisi. A settembre 2012 rischio addirittura la cassa integrazione. Mia moglie si trova a dover fare un’ora e mezza di treno per andare a lavorare, ed altrettante per tornare“.

Il mercato del lavoro fermo e un tessuto sociale deteriorato, dove la gara sembra tutta incentrata sul “fregare” il prossimo, fanno il resto: Andrea passa il secondo semestre di rientro in Italia a inviare curricula negli Usa, dove trova infine lavoro, ma -soprattutto- ritrova la voglia di scommettere nel futuro.

A livello personale sono molto deluso e disilluso dalla nostra nazione, e l’aspetto perggiore è che non vedo cambiamenti all’orizzonte“, conclude amaramente.

Ospite della puntata è Nicolò Guariento, anche lui ingegnere meccanico, già compagno di studi di Andrea. Il lato paradossale della storia è che fu Andrea, ai tempi dell’università, a spingere Nicolò a guardare all’estero, per esperienze di studio e lavoro. Nicolò, dopo il primo espatrio, in Italia non ha più pensato a tornare. Ci racconta perché.

Nella rubrica “Expats” riapriamo la nostra finestra sulle lettere degli ascoltatori a [email protected] Oggi è il turno di Luca, che ci scrive dalla “periferia” della Cina. Da una di quelle città dell’Estremo Oriente dove essere occidentale (e italiano) è ancora una rarità. Le sue riflessioni sull’Italia e sul “Dna italiano” ci accompagnano nella seconda parte del programma.

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La discussione di settembre: Il Consiglio Europeo di giugno ha varato il pacchetto lavoro per i giovani. L’Italia ha lanciato il proprio piano per l’occupazione giovanile: tempo di restare e investire nella Penisola… o non basta?

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