Dico che il balzo all’indietro ricorda persino l’Ottocento perché nel Novecento in alcuni momenti essenziali il Regno Unito fu più o meno europeo, o comunque non isolato. Dall’impegno nelle guerre mondiali alla scelta di interessarsi e intervenire nella politica continentale. Nel dopoguerra l’intervento pro Israele fu pesante, La partecipazione alle missioni Nato in questi non manca di rilievo: l’Inghilterra ha pagato cara, con la morte di centinaia e centinaia di soldati, la guerra in Afghanistan. Nella finanza, la Borsa di Milano resta alleata con quella di Londra. Lo “splendido isolamento” non tornerà, e forse nulla sarà splendido per nessuno! Nell’Ottocento l’isola guardava dall’alto l’Europa, intervenendo solo per allearsi con i nemici dello Stato più pericoloso e aggressivo, come fu la Francia Napoleone. Ora il conservatorismo si accontenta di alcuni passi indietro, forte della sterlina, di una tradizione, di una potenza economica, di un modo d’essere. L’euro non sta dando garanzie a nessuno, è una gabbia rigida e crudele, fondata su princìpi anacronistici. Manca la politica europea. L’articolo di Tommaso Cinquemani, qui sotto riportato, tratteggia il quadro d’insieme che risulta dalla stampa.
La Gran Bretagna ha sempre più voglia di indipendenza. Il governo di Londra, da sempre geloso della sua autonomia, non solo non ha alcuna intenzione di entrare nell’unione monetaria, e quindi nell’euro, ma le pulsioni perché venga messa sempre più distanza con Bruxelles sono forti. L’esecutivo Cameron sta discutendo una proposta di legge che servirà ad inserire nel programma delle scuole primarie l’insegnamento delle ‘misure britanniche’. Niente più chilometri, litri o chili. I bambini studieranno invece la conversione in miglia, once, pollici e pinte. In Inghilterra infatti, mentre i ragazzi studiano il sistema metrico ‘europeo’, usano nella vita di tutti i giorni quello inglese, gelosamente custodito. Al pub si chiede una pinta e in macchina si conta la distanza in miglia.
Ad incarnare questa voglia di indipendenza ci pensa l’United Kingdom Indipendent Party, il partito indipendentista britannico, che secondo un sondaggio pubblicato dal The Sun raccoglierebbe il 10 per cento dei voti. Una bella cifra se si pensa che nel 2010, alle elezioni, lo stesso partito prese solo il 3,1 per cento. Sempre secondo il sondaggio i laburisti arriverebbero al 43%, mentre i conservatori al 33% e i liberaldemocratici al 10%
Ad intervenire sulla questione ci pensa il Financial Times: “Londra deve adottare una posizione realista, basata sull’interesse nazionale, sulla sua adesione all’Unione europea e tenere un referendum”. E’ quanto scrive in un editoriale il quotidiano finanziario all’indomani del monito lanciato da Washington a Londra sui rischi di un’eventuale uscita dall’Unione. “Questo giornale ha sempre sostenuto l’adesione del Regno Unito all’Ue e continua a credere che sia centrale per l’interesse nazionale”, si legge nell’editoriale.
“Tuttavia”, continua il giornale, “le riforme che l’Ue sta valutando per rafforzare il progetto della moneta unica, quali l’unione bancaria e un bilancio separato per l’eurozona, lo cambieranno profondamente e radicalmente. Questo porterà alla nascita di un nuovo nocciolo dell’eurozona, più strettamente integrato, a cui il Regno Unito potrebbe non voler mai aderire, che alla fine potrebbe risultare dominante su settori dell’Ue ritenuti importanti dal Regno Unito, come quello del mercato unito”.
Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani