La lobby dell’albergo e’ deserta: la prima colazione messicana, tipicamente e anonimamente turistica, la faccio da sola. Cancun e’ terra di divertimento, porto di arrivo e partenze per le spiagge: questa notte moltissimi hanno festeggiato fino all’alba. Se madruga, la noche vieja. Li ho sentiti, nel dormiveglia dell’alba, ticchettare o trascinarsi per il corridoio.
I trasferimenti aerei, necessari e stancanti, ieri ci hanno offerto ansia – ritardo sulla tratta per Madrid – e le mie solite domande che restano senza risposta – perche’ due coppie di veneti di mezza eta’ non sono mai riusciti a tacere per undici ore? Perche’ tante sognano un lavoro da hostess quando significa fare la cameriera tra due strettissimi corridoi, mentre la pelle si prosciuga e gli occhi si infossano?
Il Messico mi ha avvolto con una temperatura ideale e un clima morbido di umidita’ dolce ma questa e’ meta di statunitensi in cerca di mare e il golfino deve rimanere sempre a portata di mano. L’aria condizionata, all’interno dei locali, e’ gelidamente scontata; l’acqua viene servita on the rocks.
E’ bello arrivare in un posto lontano, straniero, ed essere accolti da un volto noto che aspetta, fuori dall’aereoporto. La nostra ospite, messicana, tra i saluti che reintrecciano la conoscenza, naviga sicura tra le larghe strade di una citta’ gia’ avvolta nel buio della tarde e punteggiata di luminarie natalizie. I biglietti per l’autobus di domani, che ci portera’ quasi al confine con il Belize, sono pronti; l’albergo, di una catena internazionale che garantisce economica, standardizzata pulizia, e’ una breve tappa del nostro primo giro: dai prossimi giorni solo piccole strutture messicane, palapas e posadas.
Ceniamo in un ristorante messicano, quieto, che nasconde un cortile alberato e piacevolmente fresco dietro un’apparenza di edificio comune. Non si puo’ essere vegetariani in Messico: la carne sfrigola e si scioglie gia’ sulla forchetta, le tortillas fumano calde e si riempiono di guacamole, la conversazione si snoda allegra, mi esce uno spagnolo inventato e frammentario che si rilassera’ nel corso dei giorni. Que barbaro! – esclama la nostra ospite ammirata dalla mia borsa minimalista e io imparo nuove parole.
Capitoliamo a un’oretta dal capodanno locale: qualche rapida email, un messaggio a casa, la doccia, il sonno, la sveglia all’alba, per questioni di fuso, su una Cancun immobile che sembra un presepe di case bianche e stelline di luci, mentre gli aerei arrivano e partono, la’ verso il mare.
Una seconda tazza di caffe’ forte, i miei compagni di viaggio che sbucano dall’ascensore, la musica, immancabile colonna sonora diffusa ovunque, impestata di quiero, amor, muero e corazon, una giornata di paesaggi costieri che sfileranno dal finestrino del bus: y vamos, verso il Messico piu’ vero.
Buona prima giornata dell’anno!