di Gloria Gaetano
Dacia Maraini, La seduzione dell’altrove, Rizzoli, Milano, 2010
Salgo per le stradine di Erice, la bella e vivace cittadina fenicia dall’acciottolato un po’ impervio per i miei tacchi. Tra poco assisterò allo spettacolo “Passi affrettati”, di Dacia Maraini e la rivedrò dopo tanti anni, un po’ cambiate entrambe, ma con la stessa energia e volontà combattiva delle vetero-femministe.
All’ingresso compro il libro “La seduzione dell’altrove”. C’è ancora tempo per l’inizio dello spettacolo.
Mi siedo al tavolo di un caffè e comincio a leggere. Le prime pagine sul Giappone e il senso dell’esotico.
“Ho avuto la fortuna di provare cosa fosse il sentimento dell’esotico – scrive Dacia – imparando a considerare le leggi della deformazione dovuta alla lontananza: quel desiderio sognato che amplifica e abbellisce ciò che ci incuriosisce e ci attrae di una civiltà distante e sfuggente. Capivo che era l’innamoramento del diverso.
Certo l’esotismo è provocato da una seduzione subdola e prolungata. Qualcosa che evoca, attraverso un sogno insistito, un luogo che si immagina straordinario e felice. Un luogo che si carezza nella fantasia, con i sensi abbagliati…
Solo leggendo Flaubert ho capito quanto la seduzione dell’altrove possa essere ingannevole e perversa. Il mio viaggiare ha preso altri significati, quelli della conoscenza e dell’esperienza dell’altro, senza addolcimenti e vaghezze.
Ma non si può perdere il fascino dell’altrove, quel sentimento struggente di lontananza e perdizione che ci attrae nei racconti di Conrad, Stevenson, nei quadri di Gauguin, nelle poesie di Baudelaire.
Il viaggio è quindi sempre un’esperienza complessa e densa di emozioni, un sognare e essere trasportati verso arcani traslochi dello spirito. Una cosa è certa, che durante il viaggio si dilata il senso delle proprie esperienze e del modo di concepire il mondo, si avverte un tempo diverso da quello lungo e ripetitivo delle abitudini, si acquista il ritmo dell’inaspettato, delle sorprese inattese che ci proietta all’infinito, ci spinge a ricercare una casa, un traguardo, ci riporta la nostalgia di casa.
Il viaggiatore racconta se stesso, analizza le proprie sensazioni, le riunisce e le raccoglie in appunti, le distende in storie. Per poi ricominciare, ogni volta che il racconto è concluso, ad andare verso nuove mete. La storia infinita del nostro viaggio verso la morte. Perché il viaggio è anche dolore, nel lasciare qualcuno a casa, la paura di incontrare l’ignoto, sopportare fatiche, il freddo, adattarsi a luoghi non sempre confortevoli, lo sforzo di scavare in misteri dentro e fuori di sé.
Non sempre si trovano atmosfere accoglienti, non sempre si avvertono sapori piacevoli. Ma la seduzione del diverso, dell’ignoto, dell’altrove è più forte del dolore del disagio e si va, si procede alla ricerca del sé e dell’altro, verso una nuova seduzione.
Appunto “La seduzione dell’altrove” è un altro libro accattivante di Dacia Maraini, una serie di racconti, di articoli veloci ma che fanno riflettere e pensare, trasportandoci dalla Savana, alle baraccopoli africane, passando per l’Europa, cogliendo la distruzione che l’Oriente sta attuando delle proprie radici, fino ad arrivare ai campus degli Stati Uniti.
“La seduzione dell’altrove” ci mostra una società e la sua cultura attraverso le parole di chi riesce a cogliere l’anima del luogo andando al di là della prima immagine, della prima impressione, come solo i veri scrittori sanno fare, mettendo a confronto costumi e abitudini, modi di vivere e di sentire, di sognare.
Eppure la cultura, la conoscenza, il confronto passano, secondo la Maraini, anche da questo. Dal saper, cioè, ascoltare, persino quando quello che sentiamo non ci piace o ci ferisce.
La guerra è presente in maniera forte e trasversale lungo l’intero arco del libro, con le sue bombe, le sue folli conseguenze e le sue tristezze. Accanto ad essa, le decine di tentativi che le associazioni umanitarie, i pacifisti, le donne, le organizzazioni internazionali e gli intellettuali fanno nel mondo per arginarne la violenza. Si scopre dai resoconti della Maraini che sono tante, attive, caparbie: eppure non bastano. Lo sguardo acuto di Dacia Maraini trascorre dal reportage al racconto di sé attraverso istantanee di potenza evocativa sui paesi che la scrittrice ha visitato. E particolarmente coinvolgenti ci sembrano le sue impressioni sul Giappone:
“Caro Giappone, con i tuoi odori di peschi in fiore, di dolci di soia, di pesce fritto e di sakè caldo che mi si sono stampati nella memoria olfattiva, mi sei stato madre e padre, e hai lasciato tracce incancellabili sul mio destino. Ho ancora negli occhi le bombe che si disegnavano sul cielo terso, in una mattina nitida, nel campo di concentramento per antifascisti (…). Ho ancora nelle mani il ricordo delle foglie di gelso che allineavo sui vassoi di legno, per nutrire i bachi da seta, quando riuscivo a sgattaiolare fra i fili spinati del campo, per andare a lavorare dai contadini, ricevendo in cambio una patata, un uovo, un bicchiere di latte.”
In tutte le pagine si ripercorre dall’infanzia la vita della scrittrice, fatta di luoghi, persone e culture, forse ancora lontane per alcuni di noi, e per questo esotiche. Ma l’esotico talvolta viene da noi e, se non siamo pronti a percepire l’altro e l’altrove come ricchezza, non riusciremo mai a viaggiare godendo delle suggestioni e dei piaceri dell’incontro “con l’umano diverso”.
Ricordiamo che Dacia Maraini è autrice di romanzi, racconti, opere teatrali, poesie, narrazioni autobiografiche e saggi, tradotti in venti paesi. Nel 1990 ha vinto il Premio Campiello con “La lunga vita di Marianna Ucrìa” e nel 1999 il Premio Strega con “Buio”. Va avvertita soprattutto la sua natura di scrittrice multipla, di confine, da sempre attenta agli intrecci tra la scrittura narrativa e il teatro, in particolar modo legati ai temi femminili. E rileviamo altresì che lo stile di Dacia è il metodo di scavo. Andare in profondità per capire cosa c’è nella nostra memoria, cosa c’è nella nostra coscienza.
Femminista e ribelle ha la vocazione per la scrittura, la narrazione e la conoscenza. Chi ha letto i suoi libri sa quanto la sua storia familiare cosmopolita e l’amore verso suo padre abbiano influenzato i suoi temi letterari.
Attraverso le pagine del suo ultimo libro lasciamoci trasportare nei luoghi che la Maraini ha attraversato, assaporando il fascino dei paesi da noi non sempre conosciuti, ma esplorandoli con lo spirito critico di chi vede anche le condizioni di vita delle popolazioni, la sofferenza, le guerre, le malattie. Potremo vivere anche il suo itinerario con persone a lei care, come Pasolini, il marito Moravia e la Callas.
La bellezza del viaggio sta nella sua circolarità. Un cerchio che si apre con la partenza, che procede nel percorso e che si chiude con l’arrivo, dentro cui il nucleo centrale è rappresentato dalla meta, dal raggiungimento dello scopo, la ricongiunzione, la riconquista di se stessi. Ma chi parte e torna, gira, naviga, vola e percorre, sa bene che il viaggio non consiste solo nell’approdo al porto finale, ma piuttosto nel percorso di conoscenza. Infatti le pagine del libro ci invitano a vedere e a restare, a muoverci e a ritornare. Ogni volta l’appuntamento è una sorpresa, perché il mondo è sempre un altrove, una scoperta di noi stessi attraverso gli altri. Senza mai perdere l’attrazione, il fascino, la magia di incontrare i posti, a volte a noi ignoti, che andiamo visitando e scoprendo in questo libro.
Ecco, s’è fatta l’ora di entrare per un evento, spettacolo e presentazione del libro, che certamente sarà coinvolgente e impegnativo.