In tutte le foto che lo ritraggono appare sorridente Mario Cal, il dimissionario vicepresidente del San Raffaele e amico fraterno di don Verzè che stamane si è suicidato nel suo ufficio con una schioppettata. La stampa appone sul coccodrillo di ogni anima perduta il sigillo beffardo di un sorriso, a testimoniare che l’occhio onniveggente dei media non può penetrare il segreto dei cuori. Il volto restituisce all’occhio attento le increspature superficiali di sommovimenti correntizi profondi, ma l’immagine statica di una smorfia facciale non può rappresentare sul piano bidimensionale l’universo complesso dell’anima di cui il volto quadridimensionale è già compressione e crittogramma. Per ottemperare al principio di ragion sufficiente e a quello di causa-effetto l’investigatore della verità chiude la sua indagine con una spiegazione minima, “era preoccupato per la situazione finanziaria”, si conclude una vita con la ragione dei calcoli mentre a rodere le menti degli uomini sono i debiti contratti con Dio, che a noi si mostrano nella forma di quei sogni tramutati in incubi dalla zampa caprina di Mefistofele in calce al nostro patto segreto con lui. Il sogno è una sonda aerostatica lanciata nelle regioni astrali della felicità celeste, per rimanere in quota anche durante la veglia necessita l’insufflazione costante di fortuna o di denaro dentro al pallone altrimenti vuoto della sua consistenza terrena, per questo motivo il principe di questo mondo è in qualche misura creditore di tutti i potenti e li eleva o li abbassa a suo piacimento. Il suicidio è un’oblazione volontaria del corpo per la salvezza dell’anima, cioè dell’onore, per questo per lo stoicismo così come per la gnosi orientale è il compimento della virtù del saggio, ma sotto alla cupola cristiana su cui svetta l’arcangelo Raffaele, medicina di Dio, il corpo è l’àncora dell’umiltà, sola condizione in cui Dio può essere accolto e concepito, ed è l’anima dunque a dover essere oblata al fine di riaverla transustanziata come Spirito Santo. Maria è perciò colei che ha operato nella storia la vera trasvalutazione di tutti i valori, non si può più tornare con Nietzsche e con Seneca oltre Nazaret. Il cordoglio che attanaglia i cuori di tutti coloro che come me hanno vissuto, transitato o anche solo sostato sotto la grande cupola raffaeliana, di cui Mario Cal è stato mano invisibile dell’edificazione accanto a quella visibile di don Verzè, riguarda proprio l’inoltrepassabilità di quel gesto violento che ha segnato un’anima e il suo destino, macchiandone di sangue anche la mirabile opera terrena.
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