-Di Fatima Ismaeil
Non che la carta costituzionale sia un testo inalterabile, immutabile, indifferente ai cambiamenti, alle evoluzioni di una società; ma, essendo questa la tavola dei valori e l’insieme delle regole del gioco fondamentali (il sistema di limiti giudici essenziali), necessita perlomeno di essere maneggiata con i guanti, i guanti della consapevolezza e della responsabilità politica e sociale.
La notizia che determinate parti politiche abbiano annunciato così bellamente di volere, attraverso revisioni costituzionali, stravolgere l’intero ordinamento costituzionale italiano, ponendo in atto una transizione che ci vedrebbe passare da un repubblica parlamentare a una repubblica semipresidenziale, ci ha turbato parecchio, non soltanto per via della gigantesca, colossale mole dell’ opera di rinnovamento giudico, non soltanto per via del tradimento della visione globale di Stato fornitaci dai padri costituenti del ’48, quanto per la palese inadeguatezza della nostra classe politica attuale nel porsi come protagonista e ideatrice di questa epocale trasformazione.
La notizia, poi, che al senato sia passata la proposta del centrodestra (votanti pro: Pdl, Lega, Comitato Nazionale, astenuti: Fli, contrari: Udc; assenti per protesta: Pd e Idv) e si sia dato quindi il via al semipresidenzialismo e all’ elezione diretta del Capo dello Stato, che nel giro di mezz’ora siano stati riscritti ben 11 articoli della Costituzione (in particolare art. 83, 84, 87, 88, 92), ci ha invece letteralmente sconvolti.
Non si tratta di essere nostalgici, vittime di fissismo ideologico e politico; non poniamo un veto al cambiamento, alla riflessione verso un’ apertura al semipresidenzialismo. Che il nostro ordinamento, così come costituito, tenda a relegare il potere esecutivo all’ immobilismo, a forme di paralisi, e che si pongano, così, forti problemi di governabilità, è oggettivamente un dato di fatto. Lo sconcerto deriva più che altro dall’ inquietante leggerezza, superficialità, con cui la questione viene trattata dalla classe politica; strumentalizzata, banalizzata e snaturata dai fini propagandistici e dalla squallida, patetica nonché sterile rivalsa senza fine delle parti politiche, risulta privata di un reale superiore interesse di carattere nazionale.
Tornando nel merito della questione giuridica, la norma passata al senato prevede, quindi, i seguenti mutamenti costituzionali: eletto a suffragio universale e diretto, il Presidente della Repubblica, età minima quarant’anni, sarà il Capo dello Stato, garante della Carta costituzionale nonché del rispetto dei trattati internazionali ed europei; il suo incarico durerà 5 anni, con la possibilità di una sola rielezione, non sarà più a capo del CSM, guidato, invece, dal presidente della Cassazione; salvo delega al primo ministro, presiederà il Consiglio dei Ministri.
Una specifica riflessione andrebbe poi fatta riguardo all’estinzione, nei fatti, di una reale figura super partes, baluardo dell’imparzialità necessaria al coordinamento efficiente degli equilibri tra gli organi costituzionali nonché alla salvaguardia del supremo interesse dell’unità e dell’integrità nazionale.