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L’intercontinentale

Da Carlas73

Il 29 aprile scorso, dopo nove anni dal viaggio di nozze che ci aveva portati in un altro meraviglioso paese il Sud Africa, ci siamo imbarcati con nano al seguito per un altro viaggio intercontinentale, Colombia, che stavolta veramente ci avrebbe cambiato la vita. Il viaggio aereo in sé non è risultato catastrofico: da Francoforte sono 11 ore di volo, che tra pasti, film e giochi trascorrono velocemente. L’impatto è stato devastante all’arrivo: il nano si è addormentato sull’aereo con il suo solito orario giornaliero, ma in Colombia era ancora ora di cena e non notte fonda, in un aeroporto pieno di gente, confusione ed una lingua che di primo acchito risulta ostica anche per chi la frequenta solo sui libri.
I primi due giorni sono trascorsi per riprenderci dal fuso orario e dal cambio di altitudine (Bogotà sta a circa 2600 metri sul livello del mare), con sveglia verso le 3 di notte ed il nano che non voleva rimettersi giù neanche per riposare, ma che riusciva piuttosto bene a reggere le giornate che si allungavano fino all’orario serale locale. Successivamente allo spostamento da Bogotà a Manizales su un Fokker 50 che ha circumnavigato il Nevado del Ruiz, poiché non raggiunge un’altitudine sufficiente per sorvolarlo, abbiamo avuto qualche altro giorno di adattamento per lo stravolgimento della vita da 3 a 4. In questa piccola cittadina ci siamo fermati una sola settimana, vivendo in appartamento, e muovendoci a bordo del taxi di fiducia: direi che ci ricorderemo sempre lo spettacolo che ci ha offerto al nostro arrivo dall’aereo con il cielo terso,  il sole e questa cittadina colorata arrampicata sulle montagne, il sali e scendi delle strade che uniscono i diversi quartieri della città, la cura dei piccoli giardinetti che spuntano come funghi ad ogni angolo di strada e che vengono disseminati di giochi per bambini sempre in perfetto ordine ed in buone condizioni, il verde intenso e spettacolare che ti accoglie non appena ti allontani dalla città e ti si allarga la vista sulla vallata della Zona Cafetera, la tristezza che ci hanno fatto i centri commerciali ed i negozietti un po’ spenti e retro dove abbiamo vista esposta in tutta la sua modernità una Palio bianca, le piante di caffè con il loro frutto colorato, la varia flora e fauna che abbiamo avuto l’ardire di andare a conoscere allo Zoo di Pereira di cui rimarrà a me più caro il tigrillo, la cenere del vulcano che ci ha accolto quando dopo un mese siamo tornati per ritirare la sentenza di adozione.

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Ma la vita in questa cittadina è risultata stancante e deprimente, per noi genitori e soprattutto per il nano che ormai a 6 anni, completato il primo anno di scuola primaria, con un clima prepotentemente umido di acquazzoni quotidiani che rendevano impraticabili i giardinetti ed i giochi, allontanato dalla sorella che rifiutava la presenza di un antagonista, si rifugiava nei giochi elettronici e cercava disperatamente l’attenzione ed il gioco con gli adulti. Per questo, dopo una settimana siamo tornati a Bogotà: dove invece di un appartamento godevamo di tutte le comodità di una pensione, dove risiedevano altre famiglie con bambini adottati con cui abbiamo condiviso le lunghe giornate quando non c’era nulla da fare a parte uscire ed andare a passeggio per giardini se il clima lo consentiva o per centri commerciali se le piogge imperversavano, dove l’affetto e l’allegria della signora Maria ci ha fatto superare momenti di smarrimento e depressione, dovuti ai continui malesseri del nano, infettato pesantemente da batteri che solo da poco siamo riusciti a sconfiggere qui in Italia, dove abbiamo cercato anche di fare un po’ i turisti per la città ed i suoi dintorni. Ci rimarranno impresse: la cattedrale di sale con la sua Via Crucis e le sculture varie sotterranee, il museo di Botero con le sue opere d’arte immediatamente riconoscibili e quasi innocue e divertenti, anche qui i parchi fantastici e meravigliosi con giochi per bambini grazie anche al nostro domicilio in una zona ricca della città dove ci hanno addirittura stupito i bimbi su miniquad, la zuppa bogotana,  i colori e la particolarità della flora del Giardino Botanico, Usaquén ed il suo mercatino domenicale con le bancarelle di tè alla coca ed artigianato locale, Monserrate ed il suo sguardo sull’altopiano occupato dalla città nel suo dedalo di strade e palazzi, gli autobus su cui bisogna salire al volo e che non hanno fermate predefinite, i tassisti che guidano nel peggior caos e traffico mai visto, La Candelaria con i suoi palazzi stile coloniale spagnolo, la fattoria Panaca Sabana con le mucche di razza Simmenthal ed i biberon da dare ai cuccioli, la pulizia delle strade nonostante la Colombia sia considerata un paese del Terzo Mondo, le piste ciclabili della domenica e le bancarelle con le pannocchie arrostite con burro e sale.

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Per spezzare la monotonia del periodo trascorso a Bogotà, abbiamo investito tempo e denaro in un viaggio di puro piacere nell’unica isoletta caraibica della Colombia: San Andrés. Giusto cinque giorni che ci hanno consentito di far conoscere il mare alla gnoma, inserire nel profondo i batteri negli intestini del nano, e godere dello spettacolo di un mare con colori e natura mai visti. La piccola isola avrà sempre un posticino nei nostri ricordi per: l’atterraggio dell’aereo a ridosso della costa quasi in acqua, la compatta comunità italiana che sta radicando le proprie abitudini e tradizioni in questo paese così lontano, la forte presenza creola con le sue aspirazioni indipendentistiche verso un modello giamaicano, il nostro capitano Kevin con la capigliatura rasta l’inglese strascicato ed il pancione di chi ha sposato un’italiana, il risotto agli scampi ricoperto di ketchup, la fortissima umidità che appannava le lenti della macchina fotografica e degli occhiali, le iguane blu e verdi di Johnny Cay e Haynes Cay, i pesci i granchietti e paguri dell’Acuario, il carretto e la sua velocità di crociera simile a quella di una bici, la sabbia bianca fatta per lo più di conchiglie sminuzzate.

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Questo è il paese di mia figlia, questo è il paese che abbiamo conosciuto per incontrarla, questi sono i ricordi che le racconteremo quando sarà più grande e vorrà sentire da dove viene.


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