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L’intervista a Simone Scafidi, regista dell’innovativo horror La festa

Creato il 04 novembre 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

4 novembre 2013 • Interviste, Vetrina Cinema

Oggi al Cinema incontra Simone Scafidi il regista dell’innovativo horror 2.0 La festa

In attesa di vedere le immagini de La festa, il “film evento del web”, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Simone Scafidi, regista e sceneggiatore milanese che si è fatto strada nel panorama cinematografico indipendente grazie al controverso film Gli arcangeli. La festa è un progetto particolare, un horror 2.0 come piace definirlo a Scafidi, che prevede un nuovo modo distribuire, gratis, sul web e in modo crossmediale. La festa è una storia di violenza che cerca di raccontare la teen generation italiana attraverso immagini sconcertanti e sperimentali che sarà proiettato dal 31 ottobre su Dailymotion in 10 episodi a cadenza settimanale.

Com’è nato il progetto?
La festa è nato dalla proposta del produttore Franco Bocca Gelsi di Gagarin: mi ha confessato di voler girare un point of view movie come Cloverfield o Paranormal Activity. Così ho scritto il soggetto ed è partita la lavorazione. Nel film c’è la voglia di raccontare la generazione “social” dei diciottenni di oggi che non è più ribelle come negli anni ’70, ma che cerca una guida che detti regole da seguire come in uno show televisivo. Credo sia giusto che i filmakers seguano le volontà dei produttori, ovviamente mediando con le proprie idee.

Simone Scafidi sul set di La festa

Il regista Simone Scafidi sul set de La festa

Sei appassionato di horror?
Amo il cinema dell’orrore soprattutto come spettatore. Per me La festa è stata un’occasione divertente per staccarmi dai temi che di solito tratto, per realizzare un film di genere che rispetti la componente eversiva, ma che non sia fine a sé stesso, inserendo al suo interno una motivazione politica che faccia riflettere, che diventi specchio dell’oggi. Non credo sia un caso che il film sia vietato ai minorenni perché, nonostante non sia eccessivamente esplicito, tocca temi delicati.

In che modo hai sperimentato sul mockumentary horror?
E’ l’aspetto più interessante de La festa. Un film non è fatto solo di trama ma anche di linguaggio e quest’ultimo qui è centrale. La vicenda non si svolge in modo classico, non si tratta del solito filmino in cui le immagini sono cronologiche. Il filmato è montato, ha una colonna sonora, ha dei titoli di testa in cui vengono presentati i ragazzi. Chi ha girato le immagini della serata ha confezionato il film accuratamente. Volevo entrare in questo genere molto attuale in modo differente, mischiando più stili, dal super8 alla videosorveglianza. Credo che La festa lavori sul POV movie portandolo al grado zero, perché svela che ciò che si sta guardando non è nulla di oggettivo ma è soggettivo, non solo nel senso dello sguardo ma anche nella decisione di ciò che si vuole mostrare.

Come hai lavorato con gli attori?
E’ stato un lavoro divertente ma complesso, perché nel nostro paese non essendoci più una tradizione di cinema di genere certe battute, in italiano, risultano irreali. Siamo abituati a trattare altri temi nel nostro cinema e vedere personaggi che impugnano delle pistole, che si trovino in situazioni di pericolo o che debbano scappare da assassini è davvero difficile sia per gli spettatori che per gli attori. L’attrice Barbara Enrichi (Il ciclone) è stata il coach dei ragazzi, con i quali ha costruito i personaggi riadattandoli sulla base della loro sensibilità. Inoltre i ragazzi hanno avuto la possibilità di improvvisare sul set dando sfogo alla loro creatività. Per il personaggio di Lavinia Longhi, che interpreta uno dei villain, abbiamo lavorato cercando di modellarlo su quello delle regine dei reality tv, una figura che detta le regole e costringe i ragazzi a prendere parte a questo gioco dalle conseguenze terribili.

Nel film ci sono anche due camei di attori noti agli appassionati horror: Cinzia Monreale e Karl Zinny ricordati per L’aldilà e Demoni…
E’ stato un omaggio. Cinzia e Karl interpretano personaggi minori che compaiono poco e non parlano mai, sono usati come simulacri di un cinema passato. Mi sono divertito a mostrare quelli che erano stati i protagonisti del cinema italiano degli anni ’80 nei panni dei genitori dei nuovi giovani dell’horror italiano. Mi è sembrato un bel modo per omaggiare il cinema horror di Bava, Fulci e Argento.

La serializzazione in 10 episodi può essere un’arma a doppio taglio?
Si lo è, ma è giusto rischiare, perché dobbiamo sperare che gli spettatori siano attirati e si fidelizzino alla storia. Bisogna cercare di allinearsi agli standard odierni e per questo motivo abbiamo puntato alla suddivisione in episodi.

Perché avete puntato su un modello distributivo diverso?
La festa è stato pensato per il web perché aspiriamo ad arrivare a migliaia di spettatori, cosa che con la distribuzione tradizionale non si potrebbe fare. Abbiamo creato il primo film 2.0. Il fulcro è il film, ma oltre questo c’è tutto un corpus cinematografico che permette di accedere ad altri contenuti: la colonna sonora di alto livello, i character poster di Marco Bolognesi, fino al contest a cui potranno partecipare gli utenti che tenteranno di indovinare chi dei ragazzi riuscirà a salvarsi. La comunicazione del film è tradizionale, abbiamo solo deciso di uscire in una sala alternativa.

Quali difficoltà si incontrano nel fare cinema horror oggi in Italia?
Sarebbe interessante capire quali difficoltà non si incontrano! L’horror è un genere difficile perché non riesce ad accaparrarsi sovvenzioni statali, inoltre per essere venduto all’estero deve essere girato in inglese e ha bisogno di contenuti grandguignoleschi. Essendo la nostra una piccola produzione sapevamo che La festa si sarebbe dovuto far apprezzare per altri elementi. C’è la volontà di fare film horror in Italia e ci sono anche risultati interessanti; è un peccato che i produttori non seguano questa direzione. Abbiamo una tradizione famosa in tutta il mondo, ma qui gli horror si girano in pochissimo tempo e con budget ridotti influendo il risultato finale. Per questo abbiamo puntato sul POV, non per risparmiare in senso limitativo, ma perché ti offre più possibilità. Fare un film alla Fulci e Argento oggi sarebbe impossibile.

Il primo episodio de La Festa di Simone Scafidi:


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