Magazine Cinema

L’intervista a Uberto Pasolini, regista di Still Life

Creato il 13 dicembre 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

13 dicembre 2013 • Interviste, Vetrina Cinema

E’ adesso al cinema, in 60 copie, il film Still Life, la storia di un funzionario comunale londinese che rintraccia parenti e conoscenti di coloro che sono morti in solitudine. Un film che parla della morte, sì, ma che vuole raccontare di chi invece crede ancora nella vita, in cui si può dare un’altra possibilità anche a persone dimenticate. Il secondo lungometraggio di Uberto Pasolini, regista, sceneggiatore e produttore conosciuto per il campione d’incassi del ’97 Full Monty di Peter Cattaneo, ha convinto la giuria della rassegna Orizzonti di Venezia 70 che gli ha assegnato il premio per il miglior film.

A Pasolini, nipote del maestro Luchino Visconti, piace definirsi artigiano del cinema e non autore o artista; una sorta di privilegiato – o predestinato – che ha la possibilità di scoprire realtà sconosciute o approfondire determinate situazioni e trasferirle in immagini. Abbiamo incontrato il regista di Still life durante l’anteprima al cinema D’Azeglio di Parma.

Com’è nata l’idea del film?
Ho letto un’intervista ad un impiegato comunale che si occupa di organizzare il funerale di persone che muoiono senza lasciare nessuno dietro di sé. Rimasi colpito dal pensiero di tante tombe solitarie e funerali deserti, da qui mi sono messo a riflettere sulla solitudine, sui rapporti tra le persone e sul rapporto di vicinato che ormai non esiste più. Ho incontrato di persona il funzionario intervistato, l’ho seguito nel suo lavoro e con lui ho preso parte a molti funerali e cerimonie di cremazione di persone che si sono spente in solitudine. Unita a sensazioni e riflessioni personali, questa storia mi ha toccato nel profondo e mi ha dato la possibilità di scoprire una realtà che non conoscevo. Pensare che ci sono tante vite dimenticate è davvero triste e molte delle situazioni del film, come le fotografie dei defunti conservate nell’album di John May, sono veritiere.

Uberto Pasolini e Eddie Marsan sul set di Still life

Uberto Pasolini e Eddie Marsan sul set di Still life

Quando ha capito che Eddie Marsan era il volto giusto per il protagonista della sua storia?
Ho scritto la sceneggiatura per lui. Avevo lavorato con Eddie circa 12 anni fa nel film I vestiti nuovi dell’imperatore in cui aveva 3 scene e 6 battute. Nonostante il poco materiale è riuscito a dare un grande spessore alla sua figura. Marsan ha una grande umanità legata ad un talento e una tecnica magnifici; si è lasciato guidare dalla sceneggiatura e quando eravamo sul set abbiamo lavorato sul dettaglio e sulle sfumature. Eddie in Still life riesce a comunicare emotivamente “scomparendo” – l’attore ha svolto un grandissimo lavoro di sottrazione n.d.r.. Inoltre Eddie ha una grandissima generosità nei confronti della storia e della scena, non pensa mai a mettersi in mostra ma solo a migliorare il risultato del film. Io che lavoro nel cinema da 30 anni posso dire che questa generosità verso il materiale e verso la troupe è una vera rarità.

Qual è la sua idea di regia e come costruisce il film?
Per mio gusto preferisco i toni sotto le righe, più controllati. Al cinema ogni storia ci dà la sua grammatica e ci chiede di essere raccontata in un certo modo. Still Life aveva bisogno di un volume basso, sia nei movimenti di macchina, sia nella saturazione della fotografia e nell’uso della colonna sonora, elementi che si riscaldano gradualmente nell’avanzare del film. Il cambiamento del protagonista viene accompagnato non solo a livello narrativo, ma anche visivo.

Da produttore invece come fa a scegliere le storie a cui dare fiducia?
Ho prodotto sia film tratti da romanzi come Bel Amì, di cui ho scritto la sceneggiatura che non ha avuto una buona realizzazione sullo schermo, sia storie che prendono spunto dalla realtà. Io punto su film che mi interessa fare e non che si possono fare. In questo senso sono un produttore atipico, ma grazie ai ricavi di Full monty ho l’opportunità di approcciarmi al cinema come strumento di scoperta della vita. Sono sempre in cerca di mondi alieni, realtà sociali e geografiche diverse che stimolino la mia curiosità. Poi Still life, con la sua tematica della solitudine, è diventato anche un modo per interrogare me stesso e capire che rapporto ho io con i miei familiari e conoscenti. L’ho sentito molto anche a livello personale e infatti durante le riprese mi sono spesso commosso.

Uberto Pasolini premiato a Venezia 70 nella rassegna Orizzonti

Uberto Pasolini premiato a Venezia 70 nella rassegna Orizzonti

Per molti cineasti italiani è difficile emergere con le proprie opere. Alcuni vanno a girare all’estero cercando isole felici ma poi non riescono ad essere distribuiti nonostante i premi vinti in giro…

Fare cinema e trovare finanziamenti è difficile ovunque ed è sempre stato così. Credo che gli autori italiani non debbano andare fuori dal proprio paese e lasciare le proprie radici. Se io fossi interessato ad una storia russa vorrei che fosse un russo a raccontarmela. Gli italiani devono fare cinema in Italia ma soprattutto raccontare storie italiane.

Nuovi progetti in cantiere?
Da regista per adesso non ho idee imminenti. Ho due storie che vorrei produrre: una è una versione degli ultimi 13 libri dell’Odissea, cui penso da 10 anni, ma vorrei anche produrre una commedia leggera, almeno per cambiare l’intensità emotiva, perché Still life mi ha provato molto.

Di Federica De Masi per Oggialcinema.net

Bel AmiEddie MarsanFull MontyStill lifeUberto Pasolini


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :